La legge che salva Carige e il rischio liquidazione

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-05-23

Un tesoretto da 700 milioni per favorire la fusione con una banca di piccole dimensioni. I fondi che tornano alla carica. Le voci sulla liquidazione ordinata dei correntisti

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Un emendamento presentato alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, primo firmatario il leghista Alberto Gusmeroli, prevede un bonus fiscale per Carige. Si tratta di norma che potrebbe garantire all’istituto un tesoretto fino a 700 milioni immediatamente utilizzabile, se si trovasse una banca—piccola —con la quale impostare una fusione. E la notizia si va a intrecciare a quella sulla liquidazione diffusa ieri dalla Reuters.

Carige tra liquidazione e salvataggio di Stato

All’agenzia di stampa quattro fonti interne alla BCE, tutte coperte dall’anonimato, dicono che nel caso di fallimento delle trattative con soggetti industriali o finanziari non si procederebbe più con l’ultima opzione, cioè quella della ricapitalizzazione precauzionale da parte del Tesoro, sul modello di quanto già avvenuto per il Monte dei Paschi di Siena, ma si andrebbe dritti verso la liquidazione “ordinata”, che garantisce i correntisti ma cancella dalla scena finanziaria la banca. Un portavoce della Banca Centrale Europea sostiene però che queste siano speculazioni e smentisce tutto.

Intanto, dopo l’addio di Blackrock, si cerca ancora un partner e potrebbe tornare in campo il primo azionista di Carige, la Malacalza Investimenti, titolare del 27,7% del capitale. Ieri ha pubblicato una nota in cui si annunciava il sostegno ai piani di rilancio della banca e poi è arrivata una dichiarazione del presidente Vittorio Malacalza: il maggiore azionista ha lasciato intendere di voler giocare da protagonista la partita.

Il Sole 24 Ore sostiene che ci siano altri fondi interessati al salvataggio: i fondi di private equity Warburg Pincus, Blackstone e Varde. Sul tavolo c’è l’aumento di capitale con lo sconto:

L’asticella dell’aumento di capitale nel 2019 verrebbe mantenuta a quota 630 milioni, meno dei 720 milioni (o secondo le stime più prudenti anche 800 milioni) previsti nel dossier BlackRock. Ma in virtù di un fabbisogno più contenuto nell’orizzonte di piano, di un ritocco al piano industriale, e di una struttura finanziaria più solida, l’operazione sarebbe in grado di offrire ritorni più interessanti per i fondi di private equity.

L’altro fronte a cui si sta lavorando, e che potrebbe rendere più appealing l’operazione, è quello relativo alle modalità dell”exit way”, ovvero all’uscita dei fondi dalla banca, che verrebbe resa più agevole. Punti fermi rimarrebbero invece la cessione della maggior parte del credito deteriorato della banca a Sga e il rimborso dell’obbligazione subordinata Tier 2 da 320 milioni allo schema volontario, che già aveva dato il suo placet all’operazione BlackRock.

L’emendamento che salva Carige

L’emendamento presentato in commissione invece spinge la banca a trovare un partner: spiega oggi il Corriere che prevede in sostanza che la «attività per imposte anticipate» (in termine tecnico «Dta»), cioè quelle determinati da perdite passate, possano essere utilizzate tutte subito, anziché spalmate in dieci anni, in caso di un’aggregazione che dia vita a una banca con «non oltre 30 miliardi» di attività. Insomma lo Stato favorisce le fusioni con una sorta di «sconto» sulle tasse. Il vantaggio sarebbe nel rafforzamento immediato del patrimonio della banca (il «Cet1»).

Il titolo dell’emendamento è «incentivo all’aggregazione tra banche di medie e piccole dimensioni e scissioni bancarie» ed era stato pensato per favorire la nascita di una «Banca del Sud» aggregando la malconcia Popolare di Bari con altri piccoli istituti popolari in difficoltà. Ma dopo che il 9 maggio il fondo Usa BlackRock si è improvvisamente ritirato dalle trattative per entrare a Genova la norma potrebbe tornare utile anche a Carige, le cui Dta valgono fino a 700 milioni, a seconda del partner. Lo confermano più fonti al lavoro sul dossier, anche politiche. Ma come?

La legge dovrebbe comunque passare il vaglio di Bruxelles.

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