Legalizzazione Cannabis: perché non dobbiamo parlare solo della terapeutica

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2021-09-09

Iacopo Melio intervista per Nextquotidiano Giuseppe Brescia, che da sempre si batte per la legalizzazione della cannabis. E che sottolinea come parlare solo di effetti terapeutici sia fuorviante

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Un piccolo, grande, traguardo in Commissione Giustizia: approvato il testo base del disegno di legge “Perantoni”, che permetterebbe l’auto-coltivazione in casa fino a un massimo di quattro piantine “femmine” di cannabis. Oltre a questo, si propone anche la diminuzione delle sanzioni per i fatti di lieve entità, così come una pena più severa (da sei a dieci anni) per tutto ciò che riguarda traffico, spaccio e detenzione, sempre ai fini di spaccio.

Il voto favorevole è stato quello del M5S, del PD e di Leu, oltre al radicale Riccardo Magi e al deputato di Forza Italia Elio Vito, il quale ha una storia decisamente più radicale e antiproibizionista rispetto al suo gruppo di appartenenza. Inutile dire che ad opporsi, invece, sono stati Lega, FDI, FI (appunto, tranne il dissenso di Vito) e Coraggio Italia, mentre Italia Viva ha preferito non prendere posizione e astenersi.

Prima di lasciare la parola ai Partiti, che dovranno adesso decidere se far scorrere il DDL o metterci mano per eventuali modifiche, è giusto precisare che la coltivazione in casa non riguarderà solo i malati che ne hanno bisogno per fini medici, ma tutti i cittadini. Questo dettaglio, non sempre riportato dai giornali né dagli esponenti politici, è importante per ribadire come la narrazione che mette al centro solo e soltanto la cannabis terapeutica (fondamentale visti i suoi numerosi benefici) sia dannosa proprio per quella legalizzazione che gioverebbe a tutti, Stato compreso, laddove si accettasse l’aspetto ludico e ricreativo. In parole povere, è un po’ come se il termine “terapeutica” fosse costantemente usato per ripulirsi la coscienza appellandosi alla sfera emotiva ed empatica (che, comunque, abbiamo visto non tutti avere dati i voti contrari), per salvaguardare la propria rispettabilità. Tutto ciò, invece, non fa altro che perpetrare l’idea che la cannabis sia una droga, o comunque qualcosa di sporco, da accettare solamente per alcune eccezioni (malati da aiutare che, ad oggi, non ricevono sufficienti quantità di medicina dallo Stato e che, per questo, dovrebbero potersela produrre da soli). Ho dunque deciso di intervistare Giuseppe Brescia (alias “Coffee Break”, account twitter @Blowjoint), uno degli esponenti del movimento spontaneo non organizzato “#SpiniNelFianco”, che da anni si batte soprattutto online in favore di una legalizzazione a 360 gradi. Perché, ricordiamo, legalizzare la cannabis significa prima di tutto sottrarre potere alla criminalità organizzata, tutelare la salute pubblica evitando la ricerca di un prodotto di contrabbando assolutamente non controllato e quindi potenzialmente nocivo, rilanciare l’economia creando nuovi posti di lavoro, eliminare molte delle spese della giustizia (per forze dell’ordine, processi e carceri) che potrebbero essere re-investite, insieme al gettito fiscale che questo mercato porterebbe eliminando quello nero, per una giusta sensibilizzazione e una vera cura e prevenzione all’uso di droghe pesanti (uso che, approvando la cannabis, diminuirebbe drasticamente, come si è potuto constatare nei Paesi dove quest’ultima è legale).

Legalizzazione Cannabis: perché non dobbiamo parlare solo della terapeutica

Grazie per aver accettato di fare chiarezza insieme a Next Quotidiano. Gli “#SpiniNelFianco” sono, come ricorda il nome, un movimento non organizzato che sui social non molla la presa verso politici, partiti e attivisti. Cosa chiedete?

«Siamo semplicemente cittadini messi insieme da un hashtag e dal desiderio di fare corretta informazione sulla Cannabis, allo stesso tempo chiedendo a politica e stampa una maggiore sensibilità verso l’argomento della legalizzazione, che tutti noi inquadriamo come punto d’arrivo della nostra azione.»

Molti, in buona fede, mettono al centro l’uso terapeutico della cannabis, ma voi li correggete perché ritenete che questo possa essere dannoso alla causa, perché?

«Per diverse ragioni: innanzitutto perché, a differenza dell’utilizzo adulto, quello terapeutico è legale dal 2007. In secondo luogo, perché le lacune del sistema sanitario in merito alla Cannabis a uso terapeutico (con la produzione nazionale che soddisfa poco più di un decimo della richiesta) hanno la necessità di essere sistemate in altri contesti normativi, e anzi non devono essere insabbiati in base all’ipotetica approvazione del DDL. Ultimo, ma non ultimo, perché l’eventuale riforma riguarda i consumatori tutti. E, essendo una sola pianta dai molteplici usi, che spesso si sovrappongono fra loro, creare divisioni di questo tipo è opera oziosa. Non penso però, in conclusione, che si possa dire che l’etichetta venga reputata “dannosa”, piuttosto “fuorviante”.»

Non credete che questo sminuisca le proprietà mediche che la cannabis ha, prestando il fianco alle strumentalizzazioni di chi continua a vederla come fonte di sballo?

«Torno a quanto detto in precedenza: gli effetti terapeutici della Cannabis provengono dalla stessa sostanza che genera gli effetti “ricreativi”. Tant’è che tantissimi pazienti, impossibilitati ad accedere alle terapie, devono rivolgersi al mercato nero. Lo stesso di chi consuma a uso “ludico”. Inoltre, evidenzio un aspetto fondamentale: né l’alcol né la nicotina, droghe legittimamente legali, oltreché più dannose della Cannabis, presentano applicazioni terapeutiche. Eppure, non ho mai sentito attaccare il vino in quanto fonte di stordimento. Parliamo di sostanze, il consumo è tutt’altra cosa.»

 Cannabis
foto IPP/zumapress Austria 2/04/2015

Tutto chiaro, però mi chiedo: a livello culturale, non è più semplice, per arrivare alla legalizzazione per ogni utilizzo, “abituare” prima le persone facendole familiarizzare con i benefici terapeutici che questa porta, per poi portarle ad una piena accettazione della sostanza anche per fini ricreativi?

«Penso invece che la questione dovrebbe essere di segno opposto – sempre specificando che, dopo quattordici anni, l’accettazione culturale dell’uso terapeutico dovrebbe essere un fatto assodato: il cambiamento di mentalità è raggiungibile proprio mediante un legale sdoganamento dell’utilizzo adulto. In questo modo, da una parte, si elimina lo stigma che aleggia sui consumatori, membri produttivi della società ad ogni livello e contesto, dall’altra si agevola e favoriscono anche coloro che necessitano della sostanza per problemi di salute. In definitiva, è il momento che scienza e legge prendano il posto dell’ideologia.»

A proposito di ideologia, ha citato alcool e nicotina, due sostanze legalissime per i maggiorenni (e, si sa, consumate anche da minorenni) che comunque creano dipendenza e, di certo, possono portare alla morte per svariati motivi. Di cannabis si muore direttamente come sostengono i proibizionisti?

«Assolutamente no, ogni tossicologo lo ribadisce: la cannabis non è letale per l’organismo, tant’è che il corpo umano ha un sistema endocannabinoide, i cui recettori attivano gli effetti della sostanza promuovendo l’omeostasi.»

Com’è possibile, dunque, che per l’alcool e la nicotina il proibizionismo abbia ceduto, mentre per la cannabis e la canapa no?

«La proibizione ha precise motivazioni industriali: quando la Cannabis venne vietata, nel 1937, alla base del divieto ci furono gli interessi congiunti di diversi magnati, come Hearst e Dupont, che avrebbero visto i loro commerci indebolirsi a causa della duttilità della Cannabis, da cui è possibile ricavare carta e carburante. Non dimentichiamoci anche delle questioni razziali e sociali: il termine stesso “marijuana” venne adottato al fine di gettare un’ombra di stampo razzista, attribuendo ai messicani il consumo della pianta. Storia che venne ripetuta una quarantina di anni dopo, quando Reagan teorizzò la War on Drugs, veicolata dalla Southern Strategy.»

A proposito, chiariamo anche quale sia la differenza tra cannabis e canapa…

«Non c’è alcuna differenza fra Cannabis e canapa, tolto il fatto che il primo è il nome tecnico: si tratta della stessa pianta, a variare sono solo gli utilizzi e i principi attivi contenuti. La cosiddetta “Cannabis light”, che contiene quasi esclusivamente CBD, è Cannabis tanto quanto lo è quella con percentuali di THC maggiori. Una birra analcolica e una birra alcolica sono sempre birra, in sintesi.»

Dunque, diciamolo una volta per tutte: perché la cannabis non è paragonabile alle droghe pesanti come cocaina o eroina? Ma soprattutto, la cannabis è considerabile droga nonostante, da secoli, venga utilizzata in vari ambiti (non ultimo, quello tessile per quanto riguarda la canapa)?

«Perché ha caratteristiche e specificità totalmente diverse, oltre che un grado di dannosità molto minore. Per la seconda domanda, invece, ti rispondo che non è considerabile droga semplicemente perché la Cannabis è una pianta, come la vite. E, infatti, allo stato naturale, non ha alcun effetto stupefacente. Ecco perché la Cannabis è sfruttabile in diversi ambiti. Ciò che noi percepiamo come “droga”, in realtà, è un principio attivo: il THC. Il quale, concludendo, da sostanza stupefacente qual è, deve essere regolamentato, al fine di controllare il prodotto consumato, e di conseguenza ridurre le problematiche.»

Sono circa sette milioni gli italiani che hanno fatto uso di cannabis, perciò voltarsi dall’altra parte evitando di considerare la questione è ormai ipocrita. Cosa rispondete a chi ritiene che l’Italia abbia “altre priorità” rispetto alla legalizzazione?

«Che la questione si sarebbe dovuta risolvere ormai da decenni, e che non facciamo altro che sottolineare che, purtroppo, ancora non è così. Che il lavorare su un’istanza non può, anzi, non deve, escludere l’impegno su tanti altri argomenti che è importante affrontare. Che i luoghi comuni e le lacune culturali non possono più essere un impedimento e che il benaltrismo non è un deterrente. Che è sempre il momento giusto per parlare di diritti.»

I proibizionisti più “razionali”, che non parlano di morte in senso assoluto, tirano comunque fuori potenziali pericoli indiretti, come il mettersi alla guida “sballati” dalla cannabis che, inevitabilmente, altera la percezione di chi la utilizza e dunque i riflessi. In questo caso, per arginare questo ulteriore attacco, troverei personalmente giusto spingere, così come verso la legalizzazione per le Istituzioni, anche ad un uso etico e corretto della sostanza, sicuro per la vita dei consumatori e di chi sta loro intorno. Ma lo si fa davvero abbastanza o si dà troppo per scontato?

«Grazie per la domanda, perché si tratta di un ulteriore aspetto da approfondire. Provo a farlo sinteticamente, collegandomi a quanto accennato in precedenza: c’è una sostanziale differenza fra sostanza e consumo. La prima deve essere legalizzata, il secondo, invece, informato e responsabile. Come del resto accade per l’alcol, mediante regole e giuste limitazioni: se provoco un incidente perché mi sono messo in macchina dopo aver bevuto, la colpa è mia, non della birra che ho consumato. Faccio un altro esempio: il fumo di tabacco, dopo alta pressione sanguigna e alto tasso di zucchero nel sangue, è la terza causa di morte in Italia. Eppure, in base a campagne di prevenzione e sensibilizzazione ben mirate, oggi sappiamo tutto di quali rischi si corrono e, soprattutto, il consumo è in netto calo. In base a quanto detto, stigmatizzare la sostanza in base al consumo, sovrapponendo i due concetti, rappresenta un grande errore. Detto questo, le entrare che lo Stato trarrebbe dalla legalizzazione, attraverso le tasse dei consumatori che acquistano e dei lavoratori della produzione e vendita di cannabis, potrebbero assolutamente servire a migliorare la cultura anche per chi ne fa uso, aumentandone il senso di responsabilità.»

In conclusione, oltre alla legalizzazione senza distinzione di utilizzo, e quindi all’invito a non parlare solo dell’uso medico ma anche di quello ricreativo della cannabis, menzionandoli entrambi allo stesso modo, cosa dovremmo chiedere alla politica?

«Una maggiore sensibilità verso il tema delle sostanze illegali, in particolare la Cannabis, sulle quali in Italia manca ancora un approccio scientifico e imparziale. Basti pensare che la conferenza nazionale sulle droghe, che formalmente dovrebbe avere cadenza triennale, è stata convocata, per Novembre 2021, per la prima volta dal 2009. Dopo anni di disinteresse, è giusto, oltreché necessario, che la politica affronti le tematiche che riguardano i diritti civili. Che sia la legalizzazione della Cannabis, il fine vita, il DDL Zan, tanto per citare alcune delle riforme di cui oggi si ha un gran parlare. Se la società si è spesso mostrata più avanti della politica, sarebbe il momento di appianare questa situazione.»

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