Campi Rom, a Roma chiusure rimandate

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-05-12

Una delibera approvata nei giorni scorsi dalla giunta stabilisce «che le azioni finalizzate alla chiusura del villaggio attrezzato di Castel Romano dovranno concludersi inderogabilmente entro il 18 giugno 2022»

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Chiusure rimandate per i campi rom a Roma. L’obiettivo del “piano di indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”, preparato dalla Giunta Raggi, è formalmente slittato. Una delibera approvata nei giorni scorsi dalla giunta stabilisce «che le azioni finalizzate alla chiusura del villaggio attrezzato di Castel Romano dovranno concludersi inderogabilmente entro il 18 giugno 2022». Uno slittamento di un anno rispetto al programma che prevedeva la chiusura entro il 2021 dei campi della Barbuta, della Monachina e, appunto, di Castel Romano, insieme a quello di via Salviati.

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I campi rom a Roma a rischio chiusura (Il Messaggero, 12 maggio 2019)

E se slitta la data di Castel Romano, anche quella delle altre strutture diventa a rischio. Le soluzioni previste dalla Giunta, dai rimpatri incentivati ai ricollocamenti nelle case popolari, fino alla promozione degli accessi ai servizi socio-sanitari del Comune. Spiega il Messaggero:

Proprio quest’ultimo aspetto, ossia le sistemazioni alternative per chi lascia gli insediamenti, sarà esteso a tutti i nomadi censiti nell’ultima rilevazione ufficiale della polizia locale dei seguenti campi: Castel Romano, Candoni, Salviati 1 e 2, Monachina, Lombroso, La Barbuta,Salone e Gordiani. A partire dal bonus casa: un contributo da 800 euro mensili (da pagare al proprietario dell’alloggio) per i nomadi residenti nei campi che trovano un appartamento dai privati dove vivere in affitto.

Ma il meccanismo sembra che non stia funzionando, anche perché per quei pochi contratti che sono stati firmati, il Campidoglio non rispetterebbe con regolarità le scadenze di fine mese. E potrebbero esserci novità a breve, con la riduzione del contributo mensile a 650 euro in cambio dell’allungamento del periodo massimo, da due a tre anni.

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