La Banca del Fucino e il caso Torlonia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-27

L’accordo con Igea Banca per il salvataggio dell’istituto di credito a rischio

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La Stampa racconta oggi in un articolo a firma di Fabrizio Goria che la sedicesima sezione civile del Tribunale di Roma, presieduta dal magistrato Giuseppe Di Salvo, ha confermato il buon diritto di Carlo Torlonia, socio della Torlonia partecipazioni spa, di poter visionare la copia, finora negata, dell’accordo quadro tra la Banca del Fucino e Igea Banca. L’accordo prevede un aumento di capitale di 200 milioni di euro per attuare il piano industriale 2019-2020 e mettere in sicurezza la Banca del Fucino:

Fondata nel 1923 da Giovanni Torlonia, esponente dell’omonima famiglia, storici mercanti di tessuti in Piazza di Spagna a Roma e vicina agli ambienti papali, negli ultimi anni ha vissuto periodi complicati. Nonostante la storia aristocratica e l’allure nei salotti romani, la banca di Via Tomacelli è stata attenzionata dalla Banca d’Italia, che ha condotto a più riprese ispezioni di vigilanza. A tal punto che Palazzo Koch trasmise alla Procura di Roma gli atti e a luglio sanzionò il Fucino per 350mila euro. Il tutto per carenze nell’organizzazione, nei controlli e nel processo del credito.

Uno degli azionisti della Torlonia partecipazioni, Carlo Torlonia, ha deciso di agire in giudizio contro la stessa società. Ed è nata una diatriba sulla gestione che riguarda Carlo e gli altri soci, ovvero i figli di Alessandro Torlonia.

Per questo Torlonia si è rivolto ai legali al fine di poter verificare cosa sia successo e far valere il suo diritto societario. Specie perché, dopo l’annuncio dell’intesa tra Igea e Fucino, i soci di Torlonia partecipazioni hanno ricevuto una lettera in cui si richiedeva di versare, entro i primi giorni di aprile e nell’ambito del processo di integrazione, 6,5 milioni di euro. Un atto che non ha convinto Carlo Torlonia.

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