Armando Siri: la pena per bancarotta fraudolenta dell’ideologo della flat tax

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-04-24

Il senatore della Lega ha parlato ieri della sua proposta per il fisco italiano e della condanna ricevuta qualche anno fa per una società svuotata

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Nella puntata di Report dedicata alla flat tax ieri ha parlato anche Armando Siri, il senatore della Lega che è l’alfiere della proposta del partito di Salvini. Siri ha detto la sua sulle coperture della flat tax e parlato anche del patteggiamento per bancarotta fraudolenta che l’ha visto protagonista:

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: Ma guardi io ultimamente sento solo previsioni negative. Se tu non hai un po’ di speranza nel domani, se non hai un po’ di forza nell’intravedere il domani in modo positivo e cosa fai ti arrendi?

PAOLO MONDANI: Sì, ma voglio dire con la speranza ci facciamo poco. Mi dica qualcosa di più…

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: No ma guardi la speranza, l’immaginazione, i sogni e l’ottimismo sono alla base di tutta la crescita evolutiva dell’uomo. Se lei non immagina le cose, le cose non
avvengono.

PAOLO MONDANI: In estremissima sintesi, possiamo dire che il recupero dei 63 miliardi per voi significa recuperare dall’evasione e stralcio delle cartelle esattoriali.

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: Non è evasione, è sommerso, son due cose diverse. Io non mi rivolgo a quello che deve essere ovviamente perseguito, trovato e come dire sanzionato. Mi rivolgo invece a quei migliaia di atteggiamenti che sono forme di difesa fiscale, di difesa verso un fisco aggressivo, fortemente sanzionatorio.

PAOLO MONDANI: L’Espresso dice che lei ha avuto, ha patteggiato una pena di un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta, ha lasciato un debito, la sua società, di un milione di euro, e non ha pagato tasse per 162 mila euro. Me la racconta questa storia?

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: Ma aver patteggiato non significa aver compiuto atti di bancarotta fraudolenta, io non ho mai compiuto atti di bancarotta fraudolenta.

PAOLO MONDANI: Lei ha riconosciuto che c’era il…

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: No, io non ho riconosciuto affatto nulla.

PAOLO MONDANI: Cioè lei a un certo punto ha detto andiamo a patteggiare perché così me ne libero.

ARMANDO SIRI – SENATORE LEGA: No guardi glielo spiego, no, non è che siamo tutti ricchi o siamo tutti Berlusconi che possiamo pagare gli avvocati. Siamo tutti persone normali

Mondani si riferisce a un articolo pubblicato il mese scorso da Giovanni Tizian e Stefano Vergine su L’Espresso, che racconta le vicende in cui è rimasto coinvolto Siri: la condanna è stata comminata tre anni e mezzo fa dal tribunale di Milano in sede di patteggiamento per il fallimento della Mediatalia, società che ha lasciato debiti per oltre 1 milione di euro. Secondo i magistrati che hanno firmato la sentenza, prima del crack Siri e soci hanno svuotato l’azienda trasferendo il patrimonio a un’altra impresa la cui sede legale è stata poco dopo spostata nel Delaware, paradiso fiscale americano. Secondo il racconto della vicenda Mediaitalia, società che produceva contenuti editoriali per media e aziende (editava anche la rivista della Air One di Carlo Toto), aveva debiti per un milione di euro quando Siri e gli altri soci hanno trasferito il suo patrimonio alla Mafea Comunication, gratuitamente.

Meno di un anno dopo Siri decide di chiudere la MediaItalia e nomina come liquidatrice Maria Nancy Marte Miniel, immigrata in Italia da Santo Domingo e oggi ufficialmente titolare di un negozio di parrucche e toupet a Perugia. «Una vera e propria testa di legno», la definiranno i giudici nella sentenza di condanna. Già, perché la donna non ha le competenze per gestire un’azienda né i mezzi per pagare i debiti.

E così a rimanere con il cerino in mano sono i creditori della MediaItalia: fornitori, banche e lo Stato italiano. Lo stesso che adesso Siri vuole rappresentare in qualità di uomo di governo. La sentenza del tribunale di Milano parla chiaro: l’ideologo della flat tax e i suoi soci, Fabrizio Milan e Andrea Iannuzzi, hanno provocato il fallimento della società con operazioni dolose, svuotando l’azienda e omettendo di pagare alle amministrazioni dello Stato 162 mila euro tra tasse e contributi previdenziali.

Altre due società italiane in cui il guru economico di Salvini ha avuto ruoli di spicco (socio di maggioranza e amministratore unico) hanno trasferito la sede legale nella piazza offshore a stelle e strisce. È successo negli stessi anni in cui la MediaItalia andava a picco. Le aziende in questione si chiamano Top Fly Edizioni e Metropolitan Coffee and Food.

Leggi sull’argomento: Dove la flat tax c’è (e non funziona)

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