La storia dell’indagine per traffico illecito di rifiuti a Roma

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-19

I dipendenti del centro di raccolta di Mostacciano permettevano di scaricare rifiuti per 50 euro e lasciavano a cittadini di etnia rom la possibilità di entrare nel deposito e portare via quello che volevano

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Tre dipendenti di Ama del centro di raccolta di Mostacciano, alcuni piccoli imprenditori, alcuni appartenenti alla famiglia rom che fa capo a Zajko Sejdovic e un centro di rottami a Cisterna. Sull’asse Roma-Latina nel 2018 si sarebbe svolto, secondo l’ipotesi della DDA di Roma, un traffico illecito di rifiuti che ha portato all’esecuzione di 23 arresti (di cui 13 ai domiciliari), e al sequestro di 25 autocarri, disposti dal gip del Tribunale di Roma, Corrado Cappiello.

Il traffico di rifiuti illeciti AMA

Il punto di partenza della vicenda è il centro di raccolta di Mostacciano: qui, secondo gli inquirenti, gli operatori di Ama (indagati anche per corruzione e peculato) hanno consentito ad alcuni imprenditori di conferire (dietro pagamento di tangenti tra i 30 e i 50 euro) rifiuti speciali (ad esempio residui dell’attività edilizia ma anche metalli) che avrebbero dovuto avere altra destinazione e quindi altri costi (superiori) prima dello smaltimento.

Ma non solo: ad alcuni rom è stato permesso di prelevare di notte rifiuti da potersi rivendere (anche in questo caso in cambio di mazzette), mentre gli stessi dipendenti Ama “infedeli” trattenevano per sé alcuni rifiuti per trarne profitto attraverso la vendita. I ‘terminali’ di questo traffico illecito erano in particolare un centro di rottami privato a Cisterna e un altro a Fiumicino.

L’indagine, scaturita in seguito ai consueti controlli effettuati dalla Polizia Municipale nei centri di raccolta e a un esposto del presidente del comitato di quartiere Mostacciano che segnalava comportamenti anomali nel centro di raccolta, ha permesso di evidenziare che nell’ultimo anno e mezzo Zajko Sedovic avrebbe ottenuto profitti di 52mila euro solo per la rivendita delle batterie scariche, del rame e di altri materiali, in alcuni caso sottratti dal centro di recupero di Mostacciano e in altri estratti a seguito dei cosiddetti ‘roghi tossici’ effettuati a questo scopo.

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