Economia

Affinità e differenze tra il compagno Tsipras e la Troika

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-07-10

I piani di Juncker e del governo greco a confronto: l’IVA, le pensioni, le isole, l’avanzo primario. In attesa di una mediazione che potrebbe cambiare ancora una volta le carte in tavola. E della ridiscussione del debito

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Ma alla fine il piano di Tsipras è troppo simile al piano Juncker? Ovvero: dopo il referendum che ha vinto, Alexis Tsipras si è piegato alle richieste dei creditori facendo quello che ha detto la Troika? Una risposta definitiva si potrà dare solo se e quando gli accordi verranno firmati, e soppesando precisamente cosa il premier greco riceverà in cambio in termini di impegni per la ridiscussione del debito della Grecia. Alla fine di giugno al premier mancava una contropartita fondamentale: l’apertura sul debito, che ora persino il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk ha esplicitamente richiesto ai leader europei.
 
RIMETTI A TSIPRAS I SUOI DEBITI (E I SUOI PRESTITI)

Un intervento sul debito, finora promesso in un secondo momento ma mai incluso nelle varie offerte dei creditori a parte il tentativo di mediazione di Juncker a referendum proclamato, è fondamentale al governo perché da esso dipenderà la definizione del surplus primario e dunque il margine di manovra sui conti. Se Atene ottenesse un reprofiling del debito, allungando le scadenze, si libererebbe dal cappio che in ogni finanziaria la costringe a destinare tutto il suo avanzo primario al servizio della passività statale. Poi bisognerebbe ricordare che in ballo c’è un prestito di 53,5 miliardi:

Intanto, le precedenti condizioni dei creditori erano legate all’erogazione dell’ultima tranche di aiuti del secondo memorandum, quindi poco più di 7 miliardi: mentre queste proposte sono la contropartita per un piano di tre anni (fino a metà del 2018) e valgono un prestito di 53,5 miliardi. È una differenza notevole e somiglia a ciò che ripeteva Tsipras: basta con questo stillicidio ogni tre mesi di scadenze e prestiti (quindi ricatti), dateci tempo. Per dopo il 2018 – quando sarà finito il prestito da 53,5 miliardi che in questi tre anni permetterebbe ad Atene di rispettare le scadenze senza affanni – la Grecia chiede di ridiscutere con le istituzioni la tempistica delle successive restituzioni, senza però parlare di riduzione dell’entità del debito.

Infine, come analisi di premessa bisogna segnalare che la nuova proposta di Tsakolotos è di certo migliore rispetto a quella di Tsipras e Varoufakis e la cifra di 13 miliardi è declinata su tre anni invece degli otto in due anni del piano Juncker. Ciò detto, andiamo a vedere cosa cambia tra i piani proposti, chi ci ha vinto e chi ci ha perso.
 
L’AVANZO PRIMARIO
Uno dei punti in discussione tra il governo greco e i creditori era l’avanzo primario del paese. L’avanzo primario del bilancio statale è la differenza fra la spesa pubblica e le entrate tributarie esclusi gli interessi da pagare sul debito. Ovvero, è la somma per pagare gli interessi sul debito e per ridurlo. Cosa diceva il memorandum per gli anni 2014-2016 a proposito dell’avanzo primario?

The adjustment path towards the correction of the excessive deficit shall aim to achieve general Government primary surpluses in programme terms of at least EUR 2,750 million (1.5% of GDP) in 2014, EUR 5,650 million (3.0% of GDP) in 2015 and EUR 8,900 million (4.5% of GDP) in 2016. These targets for the primary surpluses imply an overall Government deficit of 2.9% of GDP in 2014, 2.1% of GDP in 2015 and 0.7% of GDP in 2016. (fonte: IMF)

Il memorandum proseguiva immaginando un surplus del 4,5% anche per il 2017 e del 4% nel 2018. La proposta di Tsipras accoglie in toto quella del 26 giugno dei creditori, che però riconosceva alla Grecia un robusto taglio dell’avanzo primario: un saldo tra entrate e uscite al netto degli interessi, all’1 per cento nel 2015 (invece che al 3%), al 2 per cento nel 2016 (invece che al 4%), al 3 per cento nel 2017 e al 3,5 per cento nel 2018. Inutile dire che la richiesta sull’avanzo primario era stata della Grecia. Insomma, mentre c’è chi dice che si “cambia verso” con lo 0,3%, qui è andata così:

L’IVA, LE ISOLE, LE PENSIONI
Nel piano di Tsipras presentato tra il 20 e il 21 giugno i greci avrebbero voluto avere tre aliquote Iva (6,5%, 13% e 23%), ma per venire incontro alla richiesta dei creditori di ridurle a due avrebbero aumentato alcune imposte sugli alimenti e sugli alberghi e avrebbero portato più prodotti alla fascia del 23%. Nel nuovo piano greco l’imposta sale sui ristoranti (e non sugli alberghi, che potranno quindi continuare ad offrire prezzi competitivi nel Mediterraneo per il turismo, che rappresenta il 17% del PIL di tutta la Grecia); l’imposta sul valore aggiunto rimane al 13% per i beni di prima necessità, mentre è al 6% su farmaci, libri e teatri. Tsipras poi ha trovato una mediazione rispetto alla cancellazione delle agevolazioni per le isole chiesta dalla UE: lo sconto verrà eliminato gradualmente a partire da ottobre (così da non dover toccare l’attuale stagione estiva) e con obiettivo finale 2016 per le grandi isole della Grecia, mentre rimarrà invariato per le piccole. Sui ritiri Tsipras propone l’eliminazione delle pensioni anticipate e sull’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2022, tre anni più tardi rispetto alla proposta di Juncker. Tsipras eliminerà anche l’EKAS, il contributo di solidarietà alle pensioni più povere entro il 2019 invece che entro il 2017. Un errore invece è aver accettato di aumentare i contributi sanitari dei pensionati dal 4 al 6%, per le ripercussioni sociali della mossa e la sua scarsa entità. Sulle spese militari la Troika aveva proposto un taglio di 400 milioni di euro in due anni, Tsipras propone 100 quest’anno e duecento l’anno prossimo. Le tasse sulle imprese verranno aumentate dall’attuale 26 al 28 per cento del fatturato, con la diminuzione, su richiesta dei creditori, di un punto percentuale rispetto al 29% che Atene voleva inizialmente. Coincidono le privatizzazioni (da fare entro ottobre quelle dei porti del Pireo e Salonicco) e l’aumento di tasse su armatori, agricoltori, imprese, pubblicità in tv, beni di lusso: Tsipras include addirittura le barche da diporto sopra i 5 metri, mentre alle istituzioni andavano bene 10 metri.   
 
MA ALLORA CHI HA VINTO?
E quindi, chi ha vinto? Le proposte di Tsipras e di Juncker prima della chiusura delle trattative per il referendum non erano poi così lontane (ma la proposta di Atene presentava molte criticità e pericoli per l’economia greca, che nel frattempo sembrano rientrati), ma la differenza che anche l’ultima mediazione di Juncker aveva evidenziato l’offerta di una che nel ridiscussione del debito che nel frattempo è stata esplicitamente ammessa anche dai creditori, che prima era un tabù e invece oggi è sul tavolo, con USA e Francia senza ambiguità dalla parte della Grecia. Al punto che il presidente del consiglio europeo twitta così:

[Alla proposta realistica di Atene deve corrispondere una realistica posizione dei creditori sulla sostenibilità del debito]
 

Come finirà lo vedremo domenica. Ma quel che è certo è che oggi il governo greco è meno isolato di prima. Se dovesse ottenere tanto dal lato del debito, il compromesso sarebbe onorevole. Rimane da capire anche l’argomento che tutti sottovalutano: che tipo di effetto avranno le misure sull’economia greca. Un obiettivo dimenticato anche in altre occasioni.

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