80 euro e fake news: chi ha detto che si taglia il bonus del governo Renzi?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-08-09

Il governo corre a smentire l’addio al bonus Renzi accusando, come sempre, i giornali e il PD. Ma chi aveva diffuso la notizia dell’intenzione di agire sugli 80 euro?

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Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono affrettati a smentire le anticipazioni dei giornali sulla manovra che parlavano dell’addio al bonus di 80 euro mentre il deputato M5S Manlio Di Stefano si spinge più in là parlando di “fabbrica di fake news del PD” che “non va mai in vacanza”. Più raffinato nella smentita, il vicepremier precisa: “non so chi se la sia inventata questa cosa insieme all’aumento dell’Iva, ma sia noi che la Lega, ossia tutto il governo, è compatto nella volontà di non aumentare l’Iva e di non toccare o mettere le mani in tasca ai cittadini anche per quanto riguarda quella misura”.

80 euro e fake news: chi ha detto che si taglia il bonus del governo Renzi?

Insomma, sulla questione degli ottanta euro il governo, come sempre, sarebbe vittima di fake news altrui. Ma chi ha detto che si taglia il bonus del governo Renzi? Oggi il Corriere e la Repubblica hanno aperto con la stessa notizia ma nessuno è andato a vedere quale fosse la fonte. Eppure era facile. A dire che c’è bisogno di un riordino profondo delle tax espeditures (ovvero di detrazioni e deduzioni) e di mettere in discussione il bonus Renzi da 80 euro è stato infatti un certo Giovanni Tria, che da notizie non confermate risulterebbe essere il ministro dell’Economia del governo di cui Salvini e Di Maio fanno parte e che Di Stefano appoggia:

Le coperture devono arrivare da un riordino profondo delle tax expenditures, che finora non si è fatto perché è realizzabile solo se accompagnato da una riduzione delle aliquote generali. In un certo senso bisogna applicare una versione adattata dell’«ottimo paretiano», in cui nessuno perde e qualcuno guadagna in un’ottica pluriennale.

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In discussione entra anche il bonus Renzi da 80 euro?
Non c’è dubbio, anche per ragioni di riordino tecnico. Per com’è stato costruito, il bonus da 80 euro crea complicazioni infinite, a partire dai molti contribuenti che l’anno dopo scoprono di aver perso o acquisito il diritto per cambi anche modesti di reddito. Ma proprio per la delicatezza del tema, è importante ribadire che tutto il sistema va rivisto con la garanzia che nessuno perda nel passaggio dal vecchio al nuovo. L’obiettivo è di definire la distribuzione dei benefici e di modulare di conseguenza l’intervento sulle tax expenditures.

Insomma, Tria ha chiaramente spiegato che il governo opererà su detrazioni e deduzioni – come era stato già annunciato – e sul bonus per un’operazione che dovrebbe portare al taglio delle tasse. Che ci riesca è un altro paio di maniche, come si suol dire, ma è certo che le presunte fake news le ha messe in circolazione il ministro Tria. O forse a via XX Settembre sono gli unici a dire la verità o a rendersi conto che è inutile coglionare l’opinione pubblica inventando fake news dove non ci sono.

Cos’è il bonus 80 euro

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 aprile 2014, il ‘decreto Irpef’ prevede che i lavoratori dipendenti con un reddito tra gli 8 e i 24.000 euro all’anno hanno in busta paga (da maggio 2014) un bonus di 80 euro al mese, 640 euro annui. Il bonus Irpef nel 2014 è stato di 640 euro per i redditi fino a 24.000 euro per decrescere fino a zero da 24.000 a 26.000 euro. Restano esclusi gli incapienti. Il bonus è diventato strutturale con la legge di stabilità 2015. L’Inps potrà recuperare i contributi non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all’Erario nella sua qualita’ di sostituto d’imposta. Nel 2017 il governo ha deciso di ampliare la platea dei beneficiari del bonus alzando il tetto di reddito da 24.000 a 24.600 euro e da 26.000 a 26.600 euro, garantendo cosi’ il beneficio degli statali che, per effetto degli aumenti del rinnovo contrattuale di 85 euro mensili, supera la soglia prevista di 26mila euro.

Leggi sull’argomento: Come le parole dei ministri fanno impennare lo spread (e ci costano soldi)

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