Attualità
Tutti i punti oscuri nella strage della Norman Atlantic
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2014-12-31
L’incendio sul traghetto sotto la lente della procura: gli errori dell’equipaggio nella procedura di evacuazione, il sistema antincendio che ha fallito e le certificazioni mancanti. Il capitano sentito tutta la notte dagli investigatori a Bari
Tanti punti oscuri ancora da chiarire. Sull’incendio che ha distrutto il traghetto Norman Atlantic adesso è il momento delle indagini. Tre procure dovranno chiarire cosa è successo sulla nave che ha restituito finora undici morti e perché gli allarmi non hanno funzionato, oltre che capire come sia stato possibile l’overbooking e l’imbarco clandestino che porta oggi tanta incertezza nella conta dei morti. Il decreto di sequestro, accompagnato agli avvisi di garanzia per comandante della nave e armatore, evidenzia le carenze che ci sarebbero state al momento di far scattare l’allarme per mettere in salvo i passeggeri. E poi la necessità di verificare il corretto funzionamento dei dispositivi che, almeno secondo quanto testimoniato da chi era a bordo, in parte non hanno funzionato.
NORMAN ATLANTIC, I PUNTI OSCURI
«Per 24 ore nessuno ci ha portato neanche una bottiglia d’acqua. Per fortuna che sono arrivati i militari italiani», racconta uno dei primi naufraghi, un greco originario di Igoumenitsa sbarcato poco fa al porto di Brindisi. «Eravamo – ha aggiunto – intrappolati nel fuoco. Non riuscivano a raggiungerci». Nel porto di Brindisi le operazioni di sbarco stanno intanto procedendo, alcuni naufraghi hanno ricevuto le prime cure a terra in un ospedale da campo allestito nel terminal passeggeri di punta delle terrare. Altri sono stati condotti con dei pullman a bordo dei quali dovrebbero raggiungere un albergo di Brindisi dove saranno ospitati. In molti, fra quelli che si sono fatti intervistare, hanno lamentato che il traghetto Norman Atlantic, era troppo affollato di passeggeri ma soprattutto di mezzi stipati nei garage dove è poi divampato l’incendio. Fra le lamentele anche quelle per la disorganizzazione e il ritardo nei soccorsi. Il Corriere della Sera, in un articolo a firma di Fiorenza Sarzanini, concentra l’attenzione sul May Day:
La scansione degli orari rappresenta la chiave per capire che cosa è accaduto. Un aiuto potrà arrivare da fotografie e filmati archiviati nei telefonini dei passeggeri con la registrazione dell’ora in cui sono stati effettuati. Al momento si sa che l’incendio è divampato nel garage alle 4.30 di domenica, circa dodici ore prima dell’arrivo previsto nel porto di Ancona. Dopo poco il comandante Argilio Giacomazzi ha lanciato il May Day. Numerosi passeggeri già interrogati hanno raccontato di non aver sentito alcuna sirena. Qualcuno ha sostenuto di essere rimasto in cabina addirittura fino alle 5.20 prima di essere svegliato dal trambusto e dal fumo che a quel punto saliva dal garage. E questo avvalora l’ipotesi che l’allarme sia scattato in ritardo, pregiudicando per molti la possibilità di mettersi in salvo.
Poi c’è il problema di mezzi e passeggeri:
Secondo la lista ufficiale a bordo del Norman Atlantic c’erano 128 camion, di cui almeno quattro pieni di olii, 90 auto, 2 autobus e una moto. Ma si tratta appunto di quanto registrato al momento dell’imbarco,è possibile che i mezzi fossero di più. La perizia già disposta dai magistrati dovrà stabilire se il peso del carico fosse adeguato, ma soprattutto se è vero — come raccontato da alcuni passeggeri — che il tetto di alcuni camion sfiorava il soffitto del garage e con il movimento causato dal marein tempesta, lo sfregamento tra le due superfici potrebbe aver causato le scintille all’origine del rogo. Su questo tutte le ipotesi rimangono aperte, compresa quella dell’incendio scatenato involontariamente da uno dei clandestini nascosti proprionella stiva.Nel decreto si parla di «dotazioni di bordo» e nell’elenco sono comprese le scialuppe che non hanno funzionato, impedendo a numerosi passeggeri di mettersi subito in salvo. Ma anche delle verifiche da effettuare sull’impianto antincendio,visto che le fiamme si sono propagate velocemente dal garage fino ai ponti superiori e nel giro di pochissimo tempo il traghetto è diventato rovente e ingovernabile.
Alcuni componenti dell’equipaggio del traghetto Norman Atlantic sono stati ascoltati dagli investigatori durante la navigazione che ha condotto nel porto di Brindisi la nave della Marina militare San Giorgio.
IL TENTATO SCIPPO SOTTO LA LENTE
Il sequestro della nave è stato necessario, scrivono gli investigatori nel decreto, anche per verificare la «effettiva dotazione di bordo e la conformità alle normative». Spiega Giuliano Foschini su Repubblica:
Non solo: ieri gli uomini hanno bussato alla sede della compagnia per sequestrare documenti. Il problema nasce dalle dichiarazioni dei superstiti ma anche dal racconto dei soccorritori. I posti sulle scialuppe non erano abbastanza anche perché non tutte le scialuppe sono state calate in mare. La prima lancia è scesa vuota per un quinto mentre almeno un’altra non è stata nemmeno calata quando invece, anche in caso di blackout, dovrebbe poter essere sganciata manualmente. Proprio sulle scialuppe c’è poi un particolare che non fa stare sereni gli inquirenti. Molti passeggeri hanno raccontato di aver visto tanta gente cadere in mare mentre cercava di salire. «Sono sospese in aria, bisognava attaccarsi e darsi una spinta per salire. Due persone dell’equipaggio ci aiutavano a salire a bordo ma il vento era molto forte, non si vedeva nulla, i mezzi si muovevano molto e in tanti sono caduti». Sulla mancanza delle misur edi sicurezza hanno presentato denuncia il legal team di “Giustizia per la Concordia” che denunciano tra le altre cose il Rina, il registro ministeriale, per non aver fermato la nave dopo l’ispezione del ParisMou.
Sotto la lente c’è anche il tentato scippo del relitto:
Il procuratore ha raccontato che nelle acque albanesi sono arrivati alcuni rimorchiatori, «probabilmente mandati dalla società armatrice» che volevano prendere la Norman. «Avrebbero compiuto il reato perché solo i rimorchiatori della ditta da noi incaricata potevano prendere la nave». Tra l’altro l’incidente con le due vittime albanesi è capitato proprio a uno dei rimorchiatori privati. Ma gli armatori, tramite il loro legale, Gaetano Castellaneta, hanno fatto sapere di offrire la massima collaborazione agli investigatori. «A bordo di quella nave, per primi, dobbiamo salire noi» ha ribadito il procuratore Volpe. «Soltanto così si potrà sapere la verità».