“Stavo riprendendo i contatti con la Svizzera”, poi è arrivato il via libera per il suicidio assistito di “Antonio”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-08-17

L’uomo, tetraplegico dal 2014, aveva inoltrato la richiesta – ai sensi delle indicazioni contenute nella sentenza Cappato/Antoniani – e ora l’ASUR ha indicato e concesso il farmaco

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Il lungo lavoro dell’Associazione Luca Coscioni consentirà al cittadino marchigiano “Antonio” di far valere il suo diritto al fine vita procedendo con la pratica del suicidio assistito. Dopo una controversia durata un paio di anni, infatti, questa mattina l’ASUR (l’Azienda sanitaria unica regionale) delle Marche ha dato il via libera al farmaco e alla sua somministrazione nei confronti di quell’uomo rimasto tetraplegico dal 2014. Una situazione clinica non migliorabile e destinata a peggiorare sempre di più con il passare del tempo.

Suicidio assistito, il via libera dell’ASUR Marche sul farmaco per “Antonio”

Lo stesso “Antonio” (nome di fantasia, come già accaduto per tutti gli altri assistiti dall’Associazione Luca Coscioni) ha commentato con gioia questa svolta che gli consentirà, a differenza della signora Adelina, di procedere con il suicidio medicalmente assistito, come da lui stesso richiesto:

“Stavo per riprendere i contatti con la struttura svizzera che avevo contattato prima di questo percorso, ma oggi, alla notizia della conferma del farmaco e delle modalità che potrò seguire, sono felice di poter avere vicino i miei cari qui con me, a casa mia fino all’ultimo momento. Inizio ora a predisporre ogni cosa al fine di procedere in tempi brevi con il suicidio assistito”.

Potrà, dunque, avere al suo fianco la sua famiglia. Come già accaduto (ed è stato il primo in Italia) a “Mario”, il cittadino di Senigallia il cui vero nome era Federico Carboni, che solo due mesi fa – al termine di una battaglia legale prolungata dalla lentezza nel pronunciamento da parte della stessa ASUR marchigiana – ottenne il via libera al suo suicidio assistito.

Si tratta, per il momento, degli unici due casi di suicidio medicalmente assistito avvenuti (quello di “Antonio” avverrà a breve) sul territorio italiano. Perché in assenza di una legge ad hoc scritta, approvata dal Parlamento e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dopo la vidimazione del Presidente della Repubblica, i paletti per poter far valere le proprie volontà sul fine vita sono legati solo alla sentenza Corte Costituzionale sul cosiddetto caso Cappato/Antoniani. La storia di dj Fabo, dunque, di quella auto-denuncia nei confronti del tesoriere dall’Associazione Luca Coscioni per aver accompagnato Fabiano Antoniani in una clinica svizzera per procedere con il suicidio assistito. E, all’interno di quel pronunciamento, sono state inserite le caratteristiche che legiferano, allo stato attuale, l’eutanasia in Italia:

“Proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

Caratteristiche che sono state riscontrate nella volontà di “Antonio”, fino al parere del comitato etico delle Marche.

(foto IPP/imagostock)

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