Economia
Reddito, perché le domande sono meno del previsto
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2019-04-18
La ragione della discrasia nei numeri risiede nella differenza (notevole) tra quelle che il coordinatore dei Caf sindacali, Mauro Soldini, chiama «la povertà statistica» e «la povertà dichiarata»
Mentre si attende di conoscere come finirà la disfida tra Candy Candy Forza Napoli e Inps per la famiglia, Dario Di Vico sul Corriere della Sera spiega perché le domande per il reddito di cittadinanza attualmente sono meno del previsto. L’Inps ha infatti ricevuto all’incirca 820-840mila domande di reddito di cittadinanza e il tasso di accoglienza è stato del 75%.
Ma i 600mila sussidi riguardano famiglie e quindi il numero potrebbe salire a circa 1,65 milioni di persone. La distanza dai cinque milioni di poveri stimati in Italia è siderale. Anche ammettendo che si arriverà a quota 1,3 milioni di famiglie la cifra si aggirerà sui 3,5 milioni di poveri. Si sta parlando delle famiglie mobilitatesi nel solo primo mese di raccolta delle domande, anche se i Caf finora hanno calendarizzato per aprile 100mila appuntamenti.
Secondo Di Vico la ragione della discrasia nei numeri risiede nella differenza (notevole) tra quelle che il coordinatore dei Caf sindacali, Mauro Soldini, chiama «la povertà statistica» e «la povertà dichiarata». Una distanza che spinge a riprendere il dibattito sulla misurazione dell’indigenza e sulle «tre povertà»—copyright LaVoce.Info — per sottolineare come esistono più metodologie di monitoraggio e nessunaèperfetta.
La povertà relativa è una misura standard adottata dalla Ue che indica come povere tutte le famiglie il cui reddito è inferiore al 60% di quello mediano. In realtà questo indice fotografa più la disuguaglianza — relativa per definizione — che la povertà ma è targato Eurostat e non se ne può prescindere. Per tradizione l’Istat usa un altro criterio di povertà assoluta che prende come riferimento i consumi, identificati in un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali e misura gli scostamenti.
Il vantaggio è la velocità nel produrre risultati mentre l’indicatore di povertà relativa ha una lavorazione più lungo. Di conseguenza i due dati vengono comunicati in maniera asincrona. Dulcis in fundo esiste un indice — il terzo — di grave deprivazione materiale, frutto di un’indagine a campione (70 mila individui in Italia). Gli intervistati devono rispondere a domande come «si può permettere una lavatrice?», «e un’auto?» o può andare «in vacanza una settimana l’anno lontano da casa?», che hanno già creato polemiche sulla reale capacità di fotografare il disagio.
La conclusione è che con i dati del reddito di cittadinanza diminuiranno i decibel delle risse sui-poveri-ma-non-per-i-poveri tipiche dei talk show ma ce ne faremo una ragione.
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