Quei soldi alla Grecia che non vanno alla Grecia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-08-18

La tecnica è la stessa da qualche anno ormai: nuovi debiti fatti per ripagare vecchi debiti, in una spirale che sembra uno schema di Ponzi e dalla quale la sensazione di Atene è che non si ricavi nulla. Intanto Syriza si spacca e le elezioni in Grecia sono sempre più vicine

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E voi cosa ci fareste con 86 miliardi di euro? Va bene che sono un prestito, ma qualcosina per voi ce lo comprereste, ammettetelo. Non è così fortunata la Grecia, che a breve riceverà 86 miliardi promessi da BCE, UE, FMI ed ESM, così come ne ha ricevuti qualche mese fa 240. Ma i secondi faranno la stessa fine dei primi: serviranno a ripagare i prestiti con le istituzioni internazionali e a rivitalizzare le banche elleniche.

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L’infografica sul piano per la Grecia (La Stampa, 14 luglio 2015)

QUEI SOLDI ALLA GRECIA CHE NON VANNO ALLA GRECIA
La tecnica è la stessa da qualche anno ormai: nuovi debiti fatti per ripagare vecchi debiti, in una spirale che sembra uno schema di Ponzi e dalla quale la sensazione di Atene è che non si ricavi nulla. Della storia parla oggi Ettore Livini su Repubblica, ripartendo dall’ultimo prestito ponte della UE per una cifra pari a 7,16 miliardi, andati la mattina del 20 luglio in direzione Partenone:

Una volta sotto l’Acropoli, si sono fermati per qualche minuto – giusto il tempo per la registrazione al ministero delle Finanze. Poi, in sostanza, sono tornati al mittente: 2 miliardi sono volati a Washington per rimborsare il Fondo Monetario e oltre 4 a Francoforte per onorare un prestito in scadenza con la Banca centrale europea. Ad Atene sono rimasti 400 milioni, briciole. Congelati tra però in un conto che funge da garanzia per altri debiti esteri. Stessa fine faranno i 23 miliardi in arrivo nelle prossime settimane con la prima tranche del nuovo programma di “aiuti”, come li chiamano eufemisticamente un po’ tutti.
Il governo di Alexis Tsipras e i greci ne vedranno ben pochi. Ben 7,16 miliardi rientreranno a stretto giro di posta a Bruxelles per estinguere il prestito ponte di un mese fa. Oltre dieci miliardi saranno messi da parte per puntellare le banche domestiche (che dal 2009 hanno già ricevuto e bruciato 48 miliardi di capitale dalla Troika ) . Il resto servirà per onorare le prossime rate in scadenza con i creditori e un po’ dei debiti con i privati accumulati dallo Stato negli ultimi mesi.

Nessuno ad Atene si sorprende. Il piatto, per i cittadini ellenici, piange da tempo. Il primo piano di aiuti di Bce, Ue e Fmi del 2010 è servito – come ha ammesso con onestà Washington – a evitare il crac delle banche europee ( specie tedesche e francesi) e ad a evitare l’effetto contagio sull’euro. Il secondo nel 2012 e il terzo di oggi servono per consentire alla Grecia di continuare a pagare i suoi generosi benefattori:

Dei 240 miliardi stanziati nei due primi salvataggi, solo 11,7 – ha calcolato il think tank Macropolis – sono rimasti davvero a disposizione del governo per alleviare la crisi del paese. Il 5% del totale. Il resto se né andato per onorare debiti e interessi (122 miliardi ) , per gli istituti di credito, per la ristrutturazione dell’esposizione con i privati di tre anni fa ( 34 ) e per finanziare il deficit di bilancio (15 ). Lo stesso succederà agli 86 in arrivo nei prossimi tre anni: 53 serviranno per ripagare la Troika, 25 per le ban che, 4, 5 per consolidare i depositi bancari e 7 per gli arretrati con i privati. Per completare l’opera, Atene dovrà contribuire in proprio alle sue necessità finanziarie garantendo un surplus primario di bilancio di 6 miliardi grazie a nuovi tagli al welfare e vendendo beni pubblici per 2,5 miliardi.
Questi dati bastano da soli a spiegare come mai Tsipras e Yanis Varoufakis abbiano tanto insistito per la riduzione dell’esposizione del paese. Il debito si mangia da solo il 60% delgi aiuti. E solo tagliandolo si possono liberare i soldi necessari per dare ossigeno all’economia. Il vero aiuto della Troika alla Grecia in effetti non sono state le centinaia di miliardi prestiti-boomerang ma la ristrutturazione dell’esposizione garantita ad Atene nel 2012 ( con il congelamento del pagamento degli interessi fino al 2022 e l’abbassamento dei tassi d’interesse). Un intervento che da solo – calcola il numero uno del fondo salvastati Klaus Regling – “significa otto miliardi di risparmi l’anno sul servizio del debito”. Tanti, visti dal Partenone.

COSA SUCCEDE A BERLINO E AD ATENE
Intanto a Berlino si decide sul piano. L’ultima volta che hanno votato – per autorizzare le trattative con il governo di Alexis Tsipras sulla futura richiesta all’Esm per ottenere 86 miliardi di crediti – i no nell’Unione (Cdu-Csu) sono stati sessanta. Il timore è che stavolta possano diventare di più. Ecco perché i toni si accendono, soprattutto sul tema che ha a lungo diviso Berlino e il Fmi e che adesso vede nuove evidenti concessioni del governo della cancelliera che ritiene “irrinunciabile” che il fondo resti al tavolo: il debito. In serata è stato il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble in un’intervista alla Zdf ad incitare i colleghi a votare sì: “è la decisione giusta”. “Dal punto di vista tedesco è un successo che non si parli più di taglio del debito”, ha sottolineato in conferenza stampa il portavoce di Merkel Steffen Seibert. Uno spazio di manovra per alleggerirlo, però – ha convenuto – esiste. Si potrà agire sui tassi e sulle scadenze per agevolare Atene, secondo il potavoce di Wolfgang Schaeuble. Ad Atene comunque Tsipras non ride. Le elezioni anticipate in Grecia sono “obbligatorie” per mantenere la stabilità politica del Paese, che comincia a mettere in opera il suo terzo piano di salvataggio in cinque anni, ha affermato il ministro dell’Energia di Atene. “Elezioni sono obbligatorie per ragioni di stabilità politica. Dati i problemi della maggioranza (parlamentare) di governo, la situazione è tutt’altro che stabile” al momento, ha dichiarato Panos Skourletis ai microfoni di Skai TV. In effetti, durante il voto venerdì mattina del parlamento greco su questo piano, 43 dei 149 deputati di Syriza – il partito della sinistra radicale del premier Alexis Tsipras – hanno votato contro o si sono astenuti. Anche con i 13 voti di Anel, alleato di Syriza in seno alla coalizione di governo, la maggioranza di Tsipras è caduta sotto la soglia psicologica dei 120 voti su 300 parlamentari. “Una tale perdita in una maggioranza parlamentare è senza precedenti”, ha commentato Skourletis. L’eurodeputato di Syriza Dimitris Papadimoulis ha da parte sua dichiarato alla stessa emittente televisiva che è “probabile e logico” che Tsipras chieda un voto di fiducia dopo i fatti di venerdì e ha giudicato “estremamente probabili” elezioni nei prossimi mesi. Tsipras per ora non si esprime. Il suo entourage, comunque, ha fatto sapere che si dedica esclusivamente all’attuazione del piano, fino al pagamento da 3,4 miliardi di euro da effettuare alla Banca di Grecia il 20 agosto.

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