Economia
Senza immigrati saremmo più poveri. Ecco perché
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-07-04
Secondo il Presidente dell’Inps Tito Boeri un’Italia senza lavoratori immigrati ci costerebbe quasi 38 miliardi. L’importo di una manovrina correttiva. Grazie al contributo positivo dei lavoratori immigrati l’Istituto di Previdenza riesce a mantenere i conti in ordine
Un’Italia che chiudesse le porte ai lavoratori stranieri (quindi quelli extra UE) sarebbe un’Italia più povera. Ed è possibile anche dire di quanto. Lo ha spiegato il Presidente dell’Inps Tito Boeri presentando oggi il XVI Rapporto annuale dell’Istituto di previdenza. Senza i lavoratori immigrati l’Italia dovrebbe fare i conti con 36,5 miliardi di euro in meno nelle casse dell’Inps. E questo al netto di quello che i lavoratori stranieri ricevono sotto forma di versamenti pensionistici. Il contributo dei lavoratori immigrati infatti è positivo.
Il contributo degli immigrati al sistema pensionistico
Azzerando completamente i flussi in entrata entro il 2014 il nostro Paese nel 2040 si troverebbe in una situazione drammatica: «73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi per le casse dell’Inps». Il contributo netto – spiega il rapporto annuale – si si eleva a 46 miliardi di euro “se si tenesse conto delle caratteristiche biometriche specifiche
della popolazione straniera assicurata all’Inps”. Insomma, come abbiamo già spiegato tempo fa, all’Italia conviene avere lavoratori immigrati perché ci pagano la pensione e compensano il calo delle nascite.
Chi sono i lavoratori immigrati in Italia?
L’Inps fornisce anche alcuni dati sulla popolazione di lavoratori stranieri residenti in Italia. Si tratta naturalmente di cittadini stranieri extra UE presenti regolarmente in Italia, anche a seguito delle numerose sanatorie degli anni passati. Mediamente la popolazione dei lavoratori stranieri in Italia è giovane ed è costituita per lo più da individui di età inferiore ai 45 anni. Ciononostante l’Inps ha osservato un invecchiamento dei lavoratori immigrati dal momento che il numero di over 45 è triplicato dal 1995 al 2015. Tale invecchiamento, precisa il rapporto, non è dovuto all’innalzamento dell’età media dei nuovi entranti. I lavoratori stranieri infatti sono sempre più giovani, la quota degli under 25 è passata dal 27,5% del 1996 al 35% del 2015. Si tratta si tratta di 150.000 nuovi contribuenti in più l’anno. La maggior parte dei lavoratori stranieri è impiegata nel Nord Italia e proviene dalla Romania, paese che fino al 2007 non faceva parte dell’Unione Europea.
Il rapporto annuale mostra inoltre una una costante penalizzazione salariale dei salari medi mensili, in termini percentuali, dei migranti rispetto ai nativi che però – precisa l’Inps – potrebbe dipendere dal fatto che i migranti sono tendenzialmente più giovani, occupati in settori a bassi salari ed in professioni poco qualificate. Ma in generale l’Inps fa notare che i salari mediani dei migranti sono sempre inferiori a quelli dei nativi. Questo avviene soprattutto nei settori dove la presenza di lavoratori migranti è più bassa. Anche se nei settori caratterizzati da un’alta incidenza di lavoratori migranti questa penalizzazione – seppure in misura ridotta – persiste. Insomma, i datori di lavoro tendono a pagare meno i lavoratori stranieri rispetto agli italiani.