La produzione industriale va male, quella di fregnacce procede benissimo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-03-10

I dati Istat, i ponti che hanno tenuto chiusi gli impianti e le fanfare sul dato di dicembre, quando le vacanze evidentemente non contavano. Anche per i dati sul «ritorno alla crescita» dell’Italia di qualche tempo fa andrebbe separato il grano dalla propaganda

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I dati sulla produzione industriale pubblicati oggi dall’ISTAT non sono certo entusiasmanti. A gennaio 2015 l’indice destagionalizzato diminuisce, rispetto a dicembre 2014, dello 0,7%. Nella media del trimestre novembre-gennaio l’indice aumenta dello 0,1% rispetto al trimestre immediatamente precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a gennaio l’indice diminuisce in termini tendenziali del 2,2% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di gennaio 2014). L’indice destagionalizzato presenta variazioni congiunturali positive nei comparti dell’energia (+0,5%) e dei beni di consumo (+0,1%); diminuiscono invece i beni strumentali (-1,8%) e i beni intermedi (-0,2%). In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a gennaio 2015, flessioni in tutti i comparti; diminuiscono i beni intermedi (-2,8%), l’energia (-2,7%), i beni di consumo (-2,0%) e, in misura meno rilevante, i beni strumentali (-0,9%).

PRODUZIONE INDUSTRIALE
Produzione industriale 2013-2015 (fonte: ISTAT)

LA PRODUZIONE INDUSTRIALE E QUELLA DI CAZZATE
A questo si possono aggiungere i dati sui prestiti e sulle sofferenza bancarie. I prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una contrazione su base annua dell’1,8 per cento (-1,6 per cento a dicembre). I prestiti alle famiglie sono calati dello 0,5 per cento sui dodici mesi, come nel mese precedente; quelli alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 2,8 per cento (-2,3 per cento a dicembre). Il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze – senza correzione per le cartolarizzazioni ma tenendo conto delle discontinuità statistiche – è risultato pari al 15,4 per cento, in linea col 15,2 per cento registrato a dicembre. Per soprannumero, la produzione industriale francese a gennaio ha segnato un inatteso incremento dello 0,4% rispetto al mese precedente, laddove gli analisti prevedevano una flessione congiunturale dello 0,3%. A dicembre era stata registrata un’espansione dell’1,4%. Ma anche qui, bisogna leggere con attenzione il dato. In Francia infatti la produzione manifatturiera ha registrato un calo inaspettato dello 0,1 per cento, invertendo la crescita dell’1,1 per cento registrata a dicembre. Gli economisti avevano previsto un aumento dello 0,1 per cento a gennaio. Ma il dato sulla produzione, avverte sempre l’ISTAT, sarebbe da rileggere: Secondo l’istituto statistico, a contribuire alla frenata sono stati anche i ponti di ferie di gennaio: molte imprese infatti li hanno sfruttati tenendo chiusi gli impianti. «Il mese di gennaio di quest’anno – spiega Mauro Politi, direttore delle statistiche economiche congiunturali dell’Istat – è stato segnato da diversi ponti di ferie che hanno limitato l’apertura delle imprese. Molte aziende infatti hanno usufruito dei ponti per tener chiusi gli impianti. Il dato della produzione industriale del -2,2% non tiene conto di questo aspetto, ma solo del calendario».
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La produzione industriale, dati congiunturali (fonte: ISTAT)

 
IL DATO DI GENNAIO E QUELLO DI DICEMBRE
Ora, verrebbe da aggiungere per puro spirito di completezza che se le aziende usufruiscono dei ponti operano una scelta dettata dalle condizioni del mercato: se non vendo, che tengo aperto a fare? Ma un comunicato stampa di Nomisma invece pone un’altra questione interessante: «Il brusco e imprevisto arretramento della produzione industriale in gennaio getta acqua fredda sulla ripresa italiana. L’industria inizia il 2015 col piede sbagliato», dice Sergio De Nardis, di Nomisma. «Bisogna stare attenti ai motivi tecnici (di tecnica statistica) che possono stare dietro alla flessione di gennaio. Nel commentare il dato positivo e superiore alle aspettative dello scorso mese di dicembre avvertivamo della possibile influenza su quel risultato del numero di giorni effettivi di lavoro (per i ponti presenti a dicembre 2013, ma non a dicembre 2014) che non sono corretti adeguatamente dalle procedure di destagionalizzazione. Ora la correzione al ribasso di gennaio indica che quella diagnosi era corretta e che, in effetti, il buon finale del 2014 era in parte gonfiato», spiega il capoeconomista dell’associazione bolognese. Al netto delle motivazioni tecniche, «si rileva, guardando all’andamento medio su più mesi, una dinamica della produzione industriale che non riesce a staccarsi, tra fine 2014 e gennaio 2015, da un sentiero di stagnazione. Riduzione delle scorte e debolezza della domanda interna possono influire su questo andamento. Quel che è certo è che per l’intensità della ripresa italiana occorre di più», conclude De Nardis. Nell’attesa che i dati confortino l’intensità della ripresa, come tutti ci auguriamo, non sarebbe male però cominciare a evitare proprio gli strombazzamenti sui singoli dati, come quello operato per i numeri di dicembre e quelli sulla previsione del PIL in crescita dello 0,1% sul trimestre (!). Così come i dati oggi vanno letti alla luce delle precisazioni sulla stagionalità, anche per i dati sul «ritorno alla crescita» dell’Italia di qualche tempo fa andrebbe separato il grano dalla propaganda. Altrimenti viene da pensare che la produzione industriale andrà anche male, ma quella di cazzate procede benissimo.

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