Pensioni di vecchiaia, l'età deve salire

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-08-09

La Ragioneria Generale dello Stato, l’incremento della spesa per pensioni rispetto a quella dell’anno scorso che vediamo nel 2016 rischia di far saltare il banco. Indebolire il meccanismo automatico di adeguamento dei requisiti della speranza di vita potrebbe avere conseguenze pericolose per il sistema

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L’età della pensione di vecchiaia deve salire a 67 anni come da programmi. Altrimenti, spiega la Ragioneria Generale dello Stato, l’incremento della spesa per pensioni rispetto a quella dell’anno scorso che vediamo nel 2016 rischia di far saltare il banco. Indebolire il meccanismo automatico di adeguamento dei requisiti della speranza di vita potrebbe avere conseguenze pericolose per il sistema.

Pensioni di vecchiaia, l’età deve salire

L’organismo che vigilia sul budget del Paese rompe così gli indugi, prendendo una posizione netta sul dilemma: adeguare o meno i requisiti per l’uscita alla speranza di vita. La Ragioneria non lascia spazio neppure a ritocchi delle regole, anche perché in ballo non ci sarebbe solo la tenuta finanziaria del sistema: si uscirebbe prima dal lavoro ma a un costo, ovvero con un assegno più leggero. Soprattutto si ricorda come la riforma Fornero contenga una “clausola di salvaguardia” per cui l’aumento dell’età a 67 anni scatterebbe comunque, a partire dal 2021. Nelle ultime settimane sono circolate ipotesi di modifiche mirate, volte a tenere fermi i requisiti solo per alcune categorie, quelle più svantaggiate, dai disoccupati a quanti svolgono attività definite gravose (come macchinisti, infermieri, maestre d’asilo).

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L’infografica del Messaggero sui requisiti previsti per le pensioni di vecchiaia (9 agosto 2017)

Interventi di legge, spiega la Ragioneria, “diretti non tanto a sopprimere esplicitamente gli adeguamenti automatici”, inclusi gli scatti di età, “ma a limitarli, differirli o dilazionarli, determinerebbero comunque un sostanziale indebolimento della complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano”. Con il ritorno “nella sfera della discrezionalità politica” ci sarebbe un “peggioramento della valutazione del rischio Paese”. Conclusioni che si basano su precise stime: l’abolizione dello scatto automatico comporterebbe “una maggiore spesa”, “di dimensioni consistenti”, pari “a circa 0,8 punti di Pil nel 2033”, a spanne si tratterebbe di 13,6 miliardi in più. Un peggioramento dei conti si determinerebbe anche congelando il tasso di trasformazione, la quota di stipendio che si traduce in pensione.

La quattordicesima per i pensionati e la flessibilità

Ma da cosa dipende questa maggiore spesa?Luca Cifoni sul Messaggero spiega che per una parte piccola (ma non insignificante) dalle misure dell’ultima legge di Bilancio, quali l’incremento della cosiddetta quattordicesima per i pensionati e alcune forme di flessibilità introdotte rispetto agli attuali requisiti. Ma il grosso della differenza è spiegato dall’effetto combinato del peggioramento delle ipotesi demografiche sottostanti e di quelle di crescita economica, fattori che sono legati tra loro. In particolare le stime incorporano una lieve diminuzione del tasso di fecondità (ovvero nasceranno meno bambini) e soprattutto del saldo migratorio: in particolare il flusso netto di immigrati si riduce ad un valore medio di 154 mila unità l’anno, contro le 209 mila previste in precedenza. Anche in conseguenza di queste variazioni, si avrebbe un peggioramento della produttività e il tasso di crescita del Pil reale passerebbe da una valore medio annuo di 1,5 a un più modesto 1,2 per cento.

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Le pensioni di vecchiaia (La Repubblica, 13 luglio 2017)

 
 
L’effetto combinato del blocco porterebbe la spesa previdenziale a sfiorare, intorno al 2040, il 18% del Pil. E ciò considerando che di certo l’asticella non si potrà fermare a 66 anni e 7 mesi: il requisito “verrebbe comunque adeguato a 67 anni nel 2021”, come dettato dalle legge Fornero “su specifica richiesta della Commissione e della Bce”. Il meccanismo di adeguamento automatico per la Ragioneria è “irrinunciabile” anche perché “costituisce la misura più efficace per sostenere il livello delle prestazioni”. E poi, viene rimarcato, già con la manovra precedente ci si è mossi “in controtendenza”, allargando i cordoni della borsa “dopo oltre 20 anni”. Fin qui l’analisi contabile, per Sacconi però “la buona politica deve essere capace di coniugare sostenibilità finanziaria e sociale”. Ora la palla passa al confronto sulla ‘fase due’, tra sindacati e pensioni, che riprenderà a fine mese.

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