Pensioni, la formula fai-da-te

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-06-02

Tra le ipotesi allo studio del govrno anche la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata con l’intervento del fondo di previdenza complementare. L’anticipo potrebbe essere penalizzato dell’8% annuo per un massimo di tre anni

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Un ventaglio di strumenti per ottenere un assegno anticipato, al massimo per tre anni prima della pensione di vecchiaia (cioè da 63 anni e 7 mesi in poi) sotto forma di prestito da restituire in 20 anni, a rate trattenute sulla pensione normale. L’anticipo pensionistico potrà avvenire però in più modi: con un prestito del sistema bancario che dovrebbe passare per l’INPS e per l’assicurazione (in caso di decesso del pensionato prima del rimborso del prestito, oppure con un prestito dall’azienda che ha interesse a svecchiare l’organico. Ma anche, e questa è la novità, con il fondo di previdenza complementare che interviene in un’opzione che è chiamata RITA, ovvero Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Un terzo sistema, ovvero una formula fai-da-te che potrebbe anche far parte di un mix, ovvero potrà essere collegata insieme ad altri incentivi in combinazioni che daranno la possibilità al lavoratore di fare tra più scelte quella economicamente conveniente.

Pensioni, la formula fai-da-te

Questa è l’unica novità fra le ipotesi allo studio dell’esecutivo per un provvedimento che è molto atteso ma, per problemi di conti, verrà varato con calma. Spiega oggi Enrico Marro sul Corriere della Sera:

La restituzione del prestito nella forma di Ape comporterà infatti una penalizzazione della pensione normale che potrà variare molto in base al reddito e alla condizione lavorativa. Il piano per la «flessibilità in uscita» al quale sta lavorando Palazzo Chigi sotto la regia del sottosegretario Tommaso Nannicini prevede, è vero, che ci sia la detrazione delle rate di rimborso del prestito, ma le detrazioni sarebbero inversamente proporzionali al reddito. Secondo le ipotesi allo studio, le penalizzazioni sull’importo della pensione regolare, oscillano da un minimo del 2% per ogni anno di anticipo (quindi massimo 6%) fino all’8% annuo (massimo 24%) per i redditi più alti.
In media il taglio sarebbe del 3-4% l’anno. Questa curva si abbasserebbe molto però se il lavoratore fosse un esubero. Qui, infatti, dovrebbe essere lo Stato a farsi carico in tutto o in parte delle penalizzazioni. Il lavoratore potrebbe inoltre ridurre l’entità del prestito Ape e quindi delle penalizzazioni mixandolo con la Rita, bruciandosi però in anticipo parte della rendita integrativa. Del resto, il governo è disposto a mettere sul piatto non più di 6-700 milioni nel 2017, anno in cui il meccanismo dovrebbe partire.

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“E’ incontrovertibile che avere l’eta’ di accesso alla pensione piu’ alta d’Europa ha bloccato il turn over nel mercato del lavoro nel nostro Paese con drammatiche conseguenze per i giovani”, afferma, in una nota, il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti precisando che “il sindacato e’ impegnato a confrontarsi con il Governo per trovare positive soluzioni alla reintroduzione di una flessibilita’ in uscita intorno ai 62 anni che puo’ essere finanziata rimettendo nel sistema previdenziale una piccolissima parte dell’enorme montagna di risorse prelevata in questi anni con il solo obiettivo di fare cassa”. Secondo Proietti “se tutti affronteranno questa discussione con uno spirito costruttivo e di equita’ sociale si potranno definire soluzioni utili per i lavoratori e per il Paese”.

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