Pensioni, flessibilità rinviata al 2016

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-10-12

Il premier chiude: «Non abbiamo ancora trovato la soluzione per consentire di andare in pensione un paio d’anni prima». La spesa sarebbe stata di dieci miliardi di euro in tre anni. Pesa il no sulle pmi

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Niente intervento per la flessibilità sulle pensioni nella Legge di Stabilità, che invece prevederà un nuovo intervento in favore degli esodati, i lavoratori che rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione. L’annuncio di Matteo Renzi ieri da Fabio Fazio chiude un dibattito che andava avanti da due mesi e che ormai invece sembrava aver preso la piega della soluzione senza oneri e costi per lo Stato attraverso i prestiti con contributo aziendale per i privati e pubblico per i disoccupati senior. Evidentemente l’impossibilità di reperire le necessarie risorse (anche se minime) per la seconda soluzione ha affossato, per equità, anche la prima. Giovedì la manovra arriva in Consiglio dei ministri per l’approvazione, prima della trasmissione alle Camere e a Bruxelles.

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I requisiti per le pensioni (Corriere della Sera, 21 settembre 2015)

Pensioni, la flessibilità rinviata al 2016

Ieri sera a Che tempo che fa su RaiTre, il presidente del Consiglio ha detto su pensioni e flessibilità: «Modificare il sistema pensionistico è possibile solo sulla base di numeri chiari. Senza saggezza, senza numeri, si fa danno. Proporremo una soluzione solo quando tutto sarà chiaro. Non abbiamo ancora trovato la soluzione per consentire di andare in pensione un paio d’anni prima». La spesa sarebbe stata di dieci miliardi di euro in tre anni:

Nel 2016 lo sforzo sarebbe sostenibile: intorno al miliardo e mezzo, secondo le simulazioni sul tavolo dei tecnici. Ma diventerebbe difficile da reggere nel 2017 (3,5 miliardi) e ancora di più l’anno successivo, 4,5 miliardi. Un crescendo che toglierebbe fiato ai programmi del governo sul taglio delle tasse, che proprio per il 2018 vuole ridurre la «madre di tutte le imposte», l’Irpef, quella sul reddito delle persone fisiche. Per questo sembra difficile che il pacchetto entri nel disegno di legge di Stabilità. Nel provvedimento che il governo deve presentare la prossima settimana ci saranno di sicuro la settima salvaguardia per gli esodati, i lavoratori che rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione, e l’estensione di «opzione donna», che consente l’uscita anticipata alle lavoratrici.

Importante è poi sottolineare che persino i sindacati si sono opposti alla soluzione del prestito con contributi aziendali: Annamaria Furlan della CISL ha detto che la soluzione avrebbe messo in difficoltà le piccole e medie imprese (ma una volta i sindacati non rappresentavano i lavoratori?). Spariscono anche le possibilità di una flessibilità soft:

Il prestito pensionistico, cioè l’uscita anticipata in cambio di un anticipo di 700 euro al mese da restituire poi a rate; i tecnici temono che le domande sarebbero poche. Mentre l’idea di limitare l’uscita anticipata ai soli lavoratori delle aziende in crisi viene considerata con qualche perplessità. Come finirà? È possibile che il pacchetto vero e proprio sulla flessibilità (quello da 10 miliardi) venga rinviato ad un altro provvedimento, tecnicamente un collegato, che viaggerebbe in parallelo alla Stabilità ma in caso di problemi potrebbe anche essere lasciato su un binario morto. Nella Stabilità, invece, entreranno l’abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa, e una versione «leggera» della local tax. Sulle seconde case Imu e Tasi saranno unificate, con «un’aliquota unica pari alla sommatoria delle due attuali», garantisce il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti.

Leggi sull’argomento: Pensioni anticipate, le due vie della flessibilità

 

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