Pensioni, flessibilità ed esodati: intervento «mini»?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-09-28

Nella legge di Stabilità soltanto casi o categorie ben specifiche per la riforma della previdenza

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L’intervento sulla flessibilità in uscita per le pensioni potrebbe essere “mini”, riservato a casi o categorie ben specifiche. A due settimane dalla messa a punto della legge di stabilità, il governo è ancora alla ricerca del punto di equilibrio tra la volontà di trovare una soluzione “definitiva” agli esodati, estendere la cosiddetta opzione donna e ritoccare le rigidità della legge Fornero, senza pesare troppo su conti pubblici da una parte e lavoratori dall’altra. Le pensioni sono del resto solo uno dei punti chiave della manovra e al momento non rappresentano la priorità. Il primo impegno del governo è quello di far diminuire la pressione fiscale, quindi niente clausole di salvaguardia (costo 16,8 miliardi) e niente Tasi, Imu agricola e sugli imbullonati (4,5 miliardi).

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I requisiti per le pensioni (Corriere della Sera, 21 settembre 2015)

Pensioni, flessibilità ed esodati: intervento “mini”?

Solo con queste due misure il conto della manovra arriva a 21,3 miliardi. Una cifra tutto sommato raggiungibile tra spending review, che dovrebbe fermarsi a 6-7 miliardi, e flessibilità sul deficit grazie alla clausola sulle riforme e a quella sugli investimenti (pari a circa 14 miliardi al netto dello spazio – ancora tutto da valutare – sui migranti). Il problema nasce però già sulla clausola per gli investimenti, visto che la flessibilità concessa a quel fine comporta appunto che le risorse vengano spese per confinanziare investimenti in opere ed infrastrutture. Alle risorse per Tasi e disinnesco degli aumenti di Iva e accise va inoltre aggiunta un’altra lunga lista di esborsi: 500 milioni strutturali di adeguamento delle pensioni dopo la sentenza della Consulta, 350 milioni di ecobonus confermati da Graziano Delrio, necessario rinnovo (anche in questo caso probabilmente limitato al minimo indispensabile) dei contratti dei dipendenti pubblici, 200-300 milioni per la revisione del forfait per le partite Iva, sgravi per il Sud e probabilmente per le imprese che investono in ricerca ed innovazione, in alternativa al rinnovo, seppur parziale, della decontribuzione per i nuovi assunti. Il governo fa affidamento sugli introiti della voluntary disclosure, stimati intorno a 3 miliardi. Ma oltre 700 milioni verranno utilizzati già quest’anno a copertura del mancato gettito della reverse charge, mentre gli altri incassi, in quanto una tantum, dovranno essere destinati a misure limitate nel tempo, per esempio ad investimenti immediati o a sgravi di un solo anno. Altri 800 milioni potrebbero arrivare invece, secondo indiscrezioni riportate da Agipronews, dalla modifica del sistema di tassazione sui giochi, settore rimasto “pendente” dalla delega fiscale. Come spiegato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, anche la soluzione per gli esodati dovrà peraltro essere “coperta”. Se è vero infatti che le risorse residue dalle precedenti salvaguardie ci sono ancora e potranno essere utilizzate una volta sbloccate, è vero anche che negli anni passati sono andate automaticamente a ridurre il deficit. La loro destinazione ad altri fini comporterà quindi, a livello contabile, un aggravio dell’indebitamento netto che dovrà essere colmato. Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, propone quindi di “inserire gli esodati nel nuovo possibile intervento sulla flessibilità in uscita. E’ un sistema che costa molto, – spiega – ma avrebbe dei vantaggi sociali”.

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