Economia

Banche malate

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-01-12

Carige e MPS cedono ieri il 10% a Piazza Affari e accusano la speculazione. Ma la questione dei crediti inesigibili è ancora sul tavolo. Mentre in Borsa Rocca Salimbeni ha già bruciato l’aumento di capitale

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Per Monte dei Paschi di Siena e Carige oggi è il giorno del rimbalzo. Il titolo di Rocca Salimbene segna un rialzo del 2,2% a 0,94 euro nei primi minuti di scambi. Bene anche Carige (+3,65%), che nella vigilia aveva ceduto il 13%.

MPS e Carige: banche malate

L’ondata di vendite ha finito col colpire violentemente titoli già sotto la lente del mercato per la loro estrema fragilità. Rocca Salimbeni, fermata più volte in asta di volatilità, è crollata dell’11,2% finendo per la prima volta sotto quota un euro (prezzo finale 0,925 euro). E anche Carige non è stata da meno (-13% a 0,89 euro). Tonfi che sono arrivati nel giorno in cui il commissario alla concorrenza Margrethe Vestager ha sottolineato che la decisione sulla creazione di una ‘bad bank’ (finora non andata in porto e con più di qualche banchiere scettico che il meccanismo possa veramente vedere la luce) sta all’Italia precisando che la Commissione ha solo indicato le diverse strade, sia usando aiuti di Stato sia evitandoli. “Molti Stati hanno messo in piedi meccanismi di gestione dei crediti deteriorati, abbiamo molta esperienza su come farlo, abbiamo condiviso le informazioni con le autorità italiane”, ha spiegato puntualizzando che “non sta a noi decidere, noi abbiamo indicato le possibili strade, ci sono diverse opportunità”. Se la discesa di Carige è iniziata a ridosso di Natale (il 21 dicembre quotava 1,21 euro, comunque dimezzati dal picco di maggio di 2,36 euro), la flessione di Mps si mostra più lenta e cadenzata (da ottobre quando valeva 1,64 euro). In assenza di vere notizie, in un mercato che accusa il colpo di un’economia ancora traballante, dall’istituto ligure hanno smorzato le tensioni borsistiche derubricandole “a operazioni speculative non correlate all’andamento operativo del gruppo”, confermando peraltro che “le attività della banca proseguono nel rispetto delle previsioni del piano industriale 2015-2019”. Ieri  Carige ha accusato la speculazione: «Operazioni speculative non correlate all’andamento operativo del gruppo», è la spiegazione fornita dall’istituto genovese in un comunicato diffuso alla chiusura dei mercati. «Le attività della banca proseguono nel rispetto delle previsioni del piano industriale 2015/19 così come comunicato al mercato», ribadisce il gruppo guidato da Cesare Castelbarco e Piero Montani, che sottolineano «la solidità patrimoniale e finanziaria del gruppo, nel pieno rispetto degli indicatori di Vigilanza, testimoniata anche dai ratio al 30 settembre 2015, superiori al target richiesto dalla Bce al termine del processo Srep». Il Sole 24 Ore avalla l’ipotesi:

A Carige come a Siena, i noccioli duri – pur diversi nel peso specifico – sembrano non aver rivisto le posizioni: vale per Malacalza e Volpi a Genova, così come per Fintech, Fondazione Mps e Falciai a Siena; di qui, la convinzione degli analisti che a dettare il crollo siano stati i fondi e altri movimenti speculativi: non a caso, il crollo si è manifestato nella seconda parte della seduta di Borsa, all’apertura delle piazze americane dove tradizionalmente opera parte consistente degli hedge. Ad accelerare in qualche modo le vendite, si ragiona sul mercato, anche l’introduzione delle nuove regole del bail-in, che potrebbero incidere sulle scelte dei risparmiatori (più portati a privilegiare le banche più solide per i propri depositi) prima ancora che degli investitori istituzionali.

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Il decreto Salvabanche

Di certo c’è che con la performance di ieri  la capitalizzazione di Banca Mps si è portata a 2,7 miliardi di euro, il che significa che in soli sei mesi è stato bruciato tutto l’impatto positivo dell’aumento di capitale da 3 miliardi lanciato solamente lo scorso giugno 2015. E il punto di debolezza rimane sempre la questione dei Non Performing Loans. Il precedente delle quattro banche salvate (Banca Marche, Etruria, CariChieti e CariFe) ha evidenziato che il livello del tasso di svalutazione dei crediti deteriorati è feroce per cui per quegli istituti fragili la via della svalutazione non è la più indicata, viene spiegato dagli addetti ai lavori. Questa strada porterebbe a nuovi aumenti di capitale che per Carige e, soprattutto Mps, non sono percorribili. Va detto che l’istituto senese sta seguendo dettagliatamente le indicazioni della Bce e, in questo senso, è andata la cessione di un portafoglio crediti deteriorati per un miliardo avvenuta a fine dicembre. Qualora poi si mettesse mano ancora una volta al capitale, sarebbe ancora più difficile, in una situazione economica tra l’altro incerta, trovare un partner. Intanto, come annunciato,  la Consob ha deciso di vietare temporaneamente le vendite allo scoperto sul titolo Banca MPS. Il divieto – si legge in un comunicato – e’ stato adottato in applicazione dell’articolo 23 del Regolamento comunitario in materia di “Short Selling”, tenuto conto della variazione di prezzo registrata dal titolo nella giornata dell’11 gennaio 2016 (superiore alla soglia del 10%). Il provvedimento è in vigore nella seduta borsistica di martedì 12 gennaio 2016 (fino alle ore 24:00), sul mercato MTA di Borsa Italiana. Il divieto riguarda le vendite allo scoperto assistite dalla disponibilità dei titoli. Con ciò viene estesa e rafforzata la portata del divieto di vendite allo scoperto nude, già in vigore per tutti i titoli azionari dal primo novembre 2012 in virtu’ del Regolamento comunitario in materia di “Short Selling”. Un provvedimento tampone in attesa di un Cavaliere Bianco, di una bad bank o di un salvataggio di Stato.

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