Il Montepaschi tra JP Morgan e Passera

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-18

La soluzione dell’ex Banca Intesa prevede una ricapitalizzazione con acquisto di obbligazioni e ristrutturazione della banca, senza chiedere prestiti ponte. Paradossalmente è più definita di quella della banca d’affari. Che però ha già ottenuto da Renzi e Padoan la rimozione dell’AD

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Massimo Mucchetti, senatore del Partito Democratico e giornalista economico di importante spessore, racconta oggi sul Fatto Quotidiano a quale destino sta andando incontro il Monte dei Paschi di Siena nell’intreccio economico-politico che il calendario ha voluto riservare all’istituto toscano. La ricapitalizzazione, secondo i piani, dovrebbe essere varata il giorno dopo il voto sul referendum, mentre l’alta finanza annuncia il suo Sì, con l’agenzia di rating Moody’s al seguito, e il senatore Monti, dipinto per anni come l’alfiere dei Poteri Forti, che invece dice al Corriere che voterà no.

Morelli valuterà, ma la soluzione Passera sembra costare parecchio meno di quella JP Morgan. Entrambe le soluzioni puntano a una ricapitalizzazione di 5 miliardi. Quella americana presentata a luglio non c’è più. JP Morgan non è riuscita a formare il consorzio bancario di garanzia. D’altra parte, perché il mercato dovrebbe scommettere 5 miliardi su Mps quando Ubi Banca, che è infinitamente meglio,vale in Borsa 2 miliardi? Ora si parla di un’offerta mista di conversione delle obbligazioni subordinate in azioni e di un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione. Si parla. Non c’è niente di scritto.

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Atlante 2: il piano per MPS (Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2016)

Mucchetti spiega che il piano Passera è sicuramente più definito di quello di JP Morgan, che però ha ottenuto già l’allontanamento dell’AD da Renzi e Padoan per varare il suo:

Paradossalmente potrebbe rivelarsi più definita la soluzione Passera. Che prevede una ricapitalizzazione diretta di 3,5 miliardi e degli utili futuri per arrivare a 5, obiettivo possibile riacquistando sul mercato un po’di obbligazioni subordinate e ristrutturando la banca sia dal lato della gestione sia dal lato dei costi di raccolta, che calerebbero assai. Non solo, ma Passera,come Unicredit del resto, pospone la cessione dei crediti in sofferenza all’aumento di capitale. E dunque non chiede alcun prestito ponte che si renderebbe invece necessario ove la cessione delle sofferenze precedesse la ricapitalizzazione. Ma è proprio sul prestito ponte e sulle speciali garanzie a esso connesse che JP Morgan e soci mirano per fare incetta di commissioni, premi upfronte interessi elevati. Inoltre, il veicolo che cartolarizzerà le sofferenze sarà posseduto dai soci di Mps e non da soggetti terzi indicati dall’onnipotente advisor. Infine, la società che curerà materialmente il recupero dei crediti sarà formata da personale ex Mps, magari guidato da un nuovo management, e sarà posseduta anch’essa dai soci della banca. Siamo a un passo dall’avere le carte in tavola. Ora, la parola passa al consiglio di Mps. E al governo.

Leggi sull’argomento: Le balle di Renzi a Politics su MPS

 

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