Economia
Mario Draghi, Morgan Stanley e il conflitto d'interessi di suo figlio
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2016-07-28
Il ruolo ricoperto da Giacomo Draghi in Morgan Stanley può configurare l’apertura di una procedura per conflitto d’interesse? Cinque anni fa l’Europarlamento ha ritenuto che non fosse così, ma la domanda di un cronista riapre un caso che si credeva chiuso
A margine della conferenza stampa tenutasi il 21 luglio dopo una riunione della BCE un giornalista ha fatto al Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi una domanda “scomoda”. È stato chiesto se davvero il figlio di Draghi (Giacomo) fosse un dealer di titoli di stato a Londra. Una domanda potenzialmente imbarazzante che mira a sollevare l’esistenza di un presunto conflitto di interessi tra il ruolo ricoperto dal padre e il lavoro del figlio.
Giacomo Draghi, trader per Morgan Stanley a Londra
Il Presidente della BCE non si è scomposto e ha prontamente risposto, ricordando che una domanda del genere gli era già stata fatta qualche anno fa e che quindi la cosa non era una vera e propria novità. In precedenza la domanda era stata posta a Draghi dal Parlamento Europeo, nel 2011 quando l’ex Governatore della Banca D’Italia si apprestava a essere nominato a capo dell’Eurotower di Francoforte gli venne chiesto di chiarire quale lavoro svolgesse il figlio. La risposta, cinque anni fa come oggi, è che Giacomo Draghi di lavoro fa il trader a Londra (non il dealer) e a quanto pare è stata una risposta che l’Europarlamento ha considerato sufficiente. Per il Parlamento Europeo e per i Draghi (padre e figlio) non c’è alcun conflitto di interesse.
Question: And my second question: is it true that your son is a bond dealer in London, and if so wouldn’t it be a conflict of interest?
Draghi: This very same question was asked to me five years ago when I started this job. I answered that he’s not a bank dealer; he’s a trader in London, and that’s it. And it’s not conflict of interest. And the European Parliament didn’t believe so.
Giacomo Draghi lavora per Morgan Stanley, una scelta che Draghi ha definito “personale” e che non ha niente a che vedere con il suo attuale incarico. Ed in effetti stando al profilo Linkedin il figlio di Draghi lavora per il colosso bancario americano dal 2003, ovvero da poco prima che il padre diventasse Governatore di Bankitalia (2005). Possibile che in tutti questi anni – Draghi è stato anche Presidente del Financial Stability Board dal 2009 al 2011 – nessuno abbia mai sollevato la questione del conflitto d’interessi? Ovviamente no, la questione del lavoro del figlio non è certo l’unica occasione sulla quale è stato sollevato – in passato – il sospetto di un conflitto d’interesse per il capo della BCE. Del resto anche Draghi prima di ricoprire importanti ruoli istituzionali è stato membro del comitato esecutivo di Goldman Sachs, una delle banche d’affari coinvolte nella crisi del debito greco, ma come ha avuto modo di spiegare non ha avuto alcun ruolo nell’esplosione della crisi greca (e quando è stato nominato Governatore di Bankitalia ha venduto le sue azioni di Goldman Sachs). E non è l’unico, il caso Barroso è il più recente ma è doveroso ricordare Mario Monti (il cui figlio Giovanni ha lavorato per Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup). Del resto lo stesso cronista, prima di fare la domanda sul conflitto d’interessi ne ha fatta una forse un po’ più bizzarra:
Question: Is there a clear commitment of the ECB system towards banknotes and coins as sole legal tender, and if so why do you bury the €500 note?
Draghi: Yes, of course. There is. We didn’t bury the €500 notes. We decided that the €500 note is, I would say, a good instrument in hands that are not exactly proper hands. In other words, as someone said, we don’t want to draw seigniorage from comfort to criminals. And so we decided to stop production in some years – I think 2018, if I’m not mistaken, the beginning or end of 2018 – of the €500 note but it will stay in circulation and it can be converted at any time in the future. So it will have legal tender.
Il giornalista fa qui riferimento alla decisione di non stampare più, dal 2018, banconote da 500 euro. La domanda però è più maliziosa, il cronista chiede a Draghi se, visto che c’è un chiaro impegno del sistema della BCE riguardo monete e banconote come unica valuta legale, perché la Banca Centrale Europea voglia ritirare quelle da 500 euro. Di fatto però le banconote non verranno ritirate (bury) ma, come spiegato qui non verranno più stampate. Le banconote esistenti però rimarranno in circolazione e continueranno ad avere valore legale. Il giornalista invece sostiene, con la sua domanda, che ci sia qualcosa sotto, ovvero che le banconote non abbiano il valore legale dichiarato. Il che è chiaramente un’ipotesi cospirazionista.
Il dubbio che è venuto a molti riguarda il fatto che Draghi Jr. operi in un settore – quello della vendita di obbligazioni – direttamente influenzato dalle decisioni del padre riguardo, ad esempio i tassi d’interesse o le altre misure di politica monetaria della BCE. Sicuramente Mario Draghi è una persona corretta, che non si sognerebbe mai di passare sottobanco informazioni riservate per dare una mano al figlio, ma il dubbio rimane. In fondo però non ci sono prove che Darghi stia favorendo il figlio e l’Europarlamento, la stessa istituzione che non ha ravvisato conflitti di interesse per Monti, Juncker o Barroso, ha detto che il problema non si pone.