M5S i tre rinviati a giudizio per le firme false a Bologna

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-07-19

A processo andranno il vicepresidente del consiglio comunale, Marco Piazza, autosospesosi dal Movimento, il dipendente comunale Stefano Negroni (suo collaboratore e braccio destro) e l’ex attivista pentastellata Giuseppina Maracino. Un’altra ex attivista, Tania Fiorini, è stata condannata con il rito abbreviato

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Tre rinvii a giudizio e una condanna a sei mesi (con pena sospesa) in abbreviato. E’ l’esito dell’udienza, davanti al gup del Tribunale di Bologna, Franco Raffa, per i quattro coinvolti nell’inchiesta sulla raccolta firme a sostegno della lista del Movimento 5 Stelle per le regionali del 2014. A processo andranno il vicepresidente del consiglio comunale, Marco Piazza, autosospesosi dal Movimento, il dipendente comunale Stefano Negroni (suo collaboratore e braccio destro) e l’ex attivista pentastellata Giuseppina Maracino. Un’altra ex attivista, Tania Fiorini, che aveva optato per il rito abbreviato è stata condannata invece a sei mesi. Tutti e quattro sono accusati di violazione della legge elettorale. Il processo comincerà il 17 febbraio del 2020.

M5S i tre rinviati a giudizio per le firme false a Bologna

L’inchiesta, nata da un esposto di due ex attivisti, contesta a vario titolo una manciata di firme raccolte fuori regione, durante la kermesse al Circo Massimo e alcune sottoscrizioni disconosciute dai firmatari e certificate come autentiche. A Piazza – storico militante 5 stelle, eletto la prima volta nel 2011 e confermato in consiglio alle Comunali del giugno 2016 – si contesta l’autenticazione in totale di sette firme. Tra le firme imputate al vicepresidente del Consiglio comunale ce ne sono due che sarebbero state raccolte da un’attivista non abilitata, che le avrebbe recuperate tra le colleghe in città metropolitana, durante una pausa dal lavoro. Negroni è l’unico a rispondere di tre firme ritenute false, tra cui quella di una donna che viveva a Londra. Piazza e Negroni, difesi dagli avvocati Giulio Cristofori e Davide De Matteis, hanno respinto in toto le accuse.

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Le firme di Bologna e le foto su Facebook

Per i loro difensori c’è assenza di dolo, perché non erano a conoscenza di una raccolta firme a Roma e nemmeno dell’iniziativa delle attiviste di recuperare le firme da conoscenti. Tanto più che potevano contare su molte più firme di quelle necessarie: 1.181 a fronte di 875 richieste, oltre ad averne prodotte 250 in Procura. “Ovviamente non siamo soddisfatti – ha detto l’avvocato Cristofori – e ci difenderemo in dibattimento”. “Non siamo d’accordo con la scelta fatta dal gip – ha aggiunto De Matteis – fondamentalmente non ci sono gli estremi né per sostenere il fatto in sé, né per sostenere l’elemento soggettivo, perché abbiamo ampiamente argomentato in merito al fatto che non ci sono né le firme suppostamente irregolari né le firme suppostamente false. Manca il dolo, è inesistente”.

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