Economia
«L'Italia è stata tirchia con le banche»
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2016-07-10
Antonio Patuelli, presidente dell’ABI che qualche giorno fa ha definito il bail in “incostituzionale” – dopo che non la sua associazione non si è opposta in alcun modo all’epoca dell’approvazione – oggi dice che il Belpaese è stato avaro con i suoi istituti di credito. Davvero?
È sempre molto divertente ascoltare un liberale di ferro mentre chiede l’intervento pubblico di sostegno alle banche. Ma nelle parole di Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana che qualche giorno fa ha definito il bail in “incostituzionale” – lo ha fatto però soltanto di recente, dopo che non la sua associazione non si è opposta in alcun modo all’epoca dell’approvazione – c’è qualcosa di molto interessante, soprattutto quando sostiene che
Ma chi deve mettere i soldi per le banche? Lo Stato, cioè i contribuenti, o gli azionisti?
«Questo punto è stato spiegato bene venerdì all’Abi dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e dal governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco, che l’intervento pubblico può esserci solo come extrema ratio per singoli casi e con interventi transitori. Un po’ come è avvenuto in Germania, Regno Unito, Francia e Benelux con la presenza degli Stati nel capitale di singole banche in difficoltà. Dopo pochi anni gli stessi Stati hanno venduto quelle partecipazioni realizzando guadagni, come è avvenuto in Italia con i Tremonti-bond che offrivano interessi del 10% allo Stato».
Mps ha fatto ricorso ai Tremonti-bond poi ai Monti-bond e ora forse sarà necessario un salvataggio pubblico. Non pensa che lo Stato abbia reagito in ritardo su questa banca e su altre in difficoltà?
«Non sono un esponente del governo né del Parlamento, non voglio fare polemica con nessuno ma constato che in Europa l’Italia è il Paese che è stato più tirchio nei confronti delle banche. Poi è arcinoto che tutte le banche europee hanno problemi, non solo talune delle nostre. La Cgia di Mestre ha appena pubblicato uno studio in cui emerge che le banche finlandesi, del Regno Unito e della Germania hanno più del 20% del loro attivo in derivati; in Italia questa quota è del 5,3%, meno della metà rispetto alla media Ue».
Perché le banche italiane hanno accumulato così tanti prestiti in sofferenza?
«Non è solo un problema delle banche ma anche delle imprese: sono circa un milione in Italia le aziende in difficoltà con i prestiti. Per curare il nostro capitalismo l’Italia deve riuscire ad attirare più capitali esteri e la Brexit è un’occasione da cogliere. Apprezzo il lavoro che stanno facendo le istituzioni nazionali, lombarde e milanesi per cercare di trasferire da Londra a Milano una importante autorità europea, come l’Eba».
Sicuramente è vero che durante gli anni della crisi, le banche italiane hanno ottenuto sostegni dal governo per circa 4 miliardi di euro, a fronte dei quasi 262 miliardi di euro percepiti da quelle tedesche e dei 207 miliardi da quelle britanniche.
Così come è vero quanto sottolineato in altre occasioni da Renzi, ovvero che i governi che lo hanno preceduto non sono intervenuti per risolvere il problema a tempo debito. Andrebbe però anche ricordato in primo luogo che furono gli istituti di credito, all’epoca, a colpi di sciocchezze come “il nostro è il più solido sistema bancario d’Europa” a non volere l’aiuto di Stato. E c’è un altro problema: da Tercas alle quattro banche risolte, l’ABI non ha dato mai la sensazione di un grande attivismo sul tema finché la bomba non le è scoppiata in mano (un comportamento che la accomuna all’attuale governo). Ecco che quindi non è stata una questione di tirchieria, ma di pressappochismo. Del quale sono responsabili le istituzioni come le associazioni di interessi. E che si usino i soldi dello Stato per salvare gente che (non) affronta i problemi è quantomeno discutibile.