La sentenza della Corte sugli stipendi pubblici che fa tremare il governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-05-24

Potrebbe costare quanto le pensioni e aprire un altro buco nei conti

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Dopo la sentenza sulla perequazione delle pensioni e la bocciatura della reverse charge da parte della Commissione Europea, un altro appuntamento con un giudizio mette a rischio i conti del governo Renzi. Si tratta della sentenza sugli stipendi pubblici, al palo e senza adeguamento all’inflazione da sei anni e che presto arriveranno a un giudizio da parte della Corte Costituzionale. Il Corriere della Sera riepiloga i possibili pericoli per i conti di Renzi dalla Consulta:

Bruxelles, a propria volta, ha aperto una falla da 728 milioni. «Non faremo scattare l’aumento delle accise sulla benzina» ha fatto sapere il Tesoro. L’idea di riparare il buco con parte dei proventi della voluntary disclosure (rientro dei capitali) l’ha suggerita in tv lo stesso premier: «Abbiamo ricevuto già 1.300 domande dalla Svizzera, già adesso ci sarebbero i denari per coprire il buco». Il condizionale è d’obbligo: gli introiti della voluntary sono una tantum e non utilizzabili prima dell’incasso. É più probabile che per luglio il governo trovi delle coperture momentanee nelle pieghe del bilancio. E si va avanti così, come quell’idraulico che ha appena finito di riparare una falla che subito deve accorrere a coprirne un’altra.Al ministero dell’Economia ormai lavorano con un occhio al calendario delle sedute della Consulta e uno alle scadenze europee. E intanto sperano chela crisi greca non sfoci in un’uscita dall’euro che gelerebbe il refolo di ripresa. La settimana entrante potrebbe arrivare un’altra pronuncia importante della Consulta,quella sull’aggio dell’8% chiesto da Equitalia sulle somme riscosse a ruolo. Una partita da 2-3 miliardi. Ma la sentenza che fa tremare i polsi, prevista per il 23 giugno, riguarda il blocco degli stipendi pubblici che dura da sei anni.

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Quanto viene restituito ai pensionati con il decreto (La Repubblica, 22 marzo 2015)

Anche perché il costo immaginato è di quasi 20 miliardi:

In via XX settembre dicono che rimborsare gli arretrati costerebbe più o meno quanto disinnescare la clausola di salvaguardia sull’Iva. Dopo tutte le polemiche sorte sulla sentenza delle pensioni, c’è chi pensa che sia meglio fare arrivare questi numeri alla Corte perché eviti il bis. Ieri intanto, proprio a seguito delle polemiche indirette tra governo e Consulta, è intervenuto il capo di Stato, Sergio Mattarella: «Non vedo né scontri né tensioni tra governo e Corte costituzionale. È comunque, naturale, buona regola mantenere tra gli organi costituzionali relazioni vicendevolmente rispettose, affinché ciascuno di essi possa svolgere serenamente la propria preziosa funzione». La soluzione a minor impatto, per il caso del pubblico impiego, sarebbe una condanna a riaprire subito la contrattazione, senza recuperare l’arretrato miliardario:un’altra spesa per il 2016. A suggerirlo, il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, quando giorni fa ha auspicato la possibile riapertura delle trattative, ricordando che una precedente sentenza della Corte giustificava il blocco a patto che fosse temporaneo e destinato a una «redistribuzione solidaristica». E «il governo Renzi ha bloccato solo per un anno», dando a parte dei dipendenti gli 80 euro.

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