Italia, fuori dall’euro dal basso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-12

Beppe Scienza sul Fatto Quotidiano: senza uno straccio di piano, l’abbandono della moneta unica costituirebbe un azzardo pericoloso per l’Italia

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Nelle more del dibattito sull’uscita dall’euro (di cui si è parlato sul Manifesto e sul Fatto) oggi Beppe Scienza pubblica un articolo in cui torna a ragionare sulle prospettive apocalittiche di un eventuale trasloco dell’Italia dalla moneta unica:

Un Paese non esce dall’euro, come un socio dal circolo degli scacchi. Neanche come il Regno Unito uscirà dall’Ue. È molto peggio. C’è da attendersi un processo devastante, salvo che sia la Germania a sbattere la porta, come propugnava Alternative für Deutschland (AfD), quando con Bernd Lucke questo era il suo primo obiettivo. Dall’euro si può uscire dall’alto o dal basso.La Germania uscirebbe dall’alto, cioè con forti attese di rivalutazione della nuova moneta. Così è facile, almeno per i rapporti fra governo e cittadini.
Questi si affretterebbero a versare in banca tutti i contanti che hanno, per vederseli cambiare nella nuova valuta. Così capitò nel 1990, allorché la cosiddetta Ostmark della Germania Orientale venne convertita nella DeutscheMark. Una certa analogia si può vedere anche con la stessa nascita della Deutsche Mark, quando il 21 giugno 1948 la Reichsmark, moneta del Terzo Reich non millenario, venne sostituita dalla nuova valuta, in misura per altro contingentata. L’Italia uscirebbe invece verso il basso. L’argomento più citato a favore del ritorno alla lira è proprio la possibilità di svalutazioni (non di rivalutazioni!).

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Corriere Economia, 20 aprile 2015)

Secondo Scienza, una volta presentata una specifica proposta di legge sul ritorno alla lira, con prospettive di approvazione, gli italiani correrebbero a prelevare i loro risparmi in banconote in euro, per preservarne il valore prima del passaggio alla nuova-vecchia divisa. Analogo discorso per mezza Europa, nella strampalata prospettiva dell’Euro 1 e Euro 2:

Non ci sono solo ragionevoli previsioni su cosa capiterebbe. C’è anche un’esperienza concreta. In Grecia, soprattutto nel 2014-15, bastò la percezione di un possibile ritorno alla dracma, peraltro mai proposto ufficialmente dal governo, per produrre effetti devastanti: prelievi massicci di contanti in banca, trasferimenti di capitali all’estero in modo lecito o illecito, smobilizzo e quindi crollo dei titoli di Stato, problemi di cassa per la finanza pubblica ecc. Tutto ciò accompagnato, ad esempio, da mancanza di soldi per gli ospedali, con conseguenze facili da immaginare. I greci, con l’acqua alla gola, accettarono quindi misure molto dure senza tante proteste, pur di non tornare alla dracma.
Per bloccare il deflusso di denaro furono prima chiuse le banche per 20 giorni e poi introdotti e sono tuttora in vigore ic.d. capital controls: tetto di 60 euro al giorno per i prelievi in contanti, fortissime restrizioni per i pagamenti all’estero e per gli stessi assegni ecc. In mezzo c’è poi qualcuno più furbo degli italiani. Che dire infatti per esempio di un centro medico ateniese che propone bellamente uno sconto, se pagato in nero su un conto a Singapore? A Roma non capita.

Leggi sull’argomento: L’Italia corre il rischio di uscire dall’euro?

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