Attualità
ISIS, dalla Libia all'Europa e all'Italia
neXtQuotidiano 14/02/2015
Lo Stato Islamico arriva a Sirte, a 200 miglia marine dall’Italia. E il pericolo Jihad potrebbe propagarsi in Europa. «L’Europa è disattenta, ma in Libia l’emergenza deve essere risolta obbligando tutte le rappresentanze a sedersi a un tavolo allargato»
400 chilometri da Ragusa, appena 300 da Lampedusa. L’avanzata dell’ISIS in Libia diventa una minaccia diretta per l’Italia, pronta a combattere con l’ONU, secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, per esorcizzare un pericolo che si trova «a sole 2-300 miglia marine da noi». Nella tradizionalmente italiana Cirenaica l’ISIS ha instaurato il califfato di Derna; da lì le milizie si sono spostate a Ovest avvicinandosi a Tripoli. Gli jihadisti sono quindi entrati a Sirte nelle scorse ore, prendendo il controllo di una tv governativa e di due radio locali, “Radio Syrte” e “Mekmedas”, sulle cui frequenze risuonano ormai la voce e i proclami del califfo Abu Bakr al Baghdadi e del suo portavoce.
ISIS: DALLA LIBIA ALL’EUROPA
Scrive il Corriere della Sera: «Il timore è che i miliziani possano proclamare l’emirato islamico di Sirte così come hanno già fatto nella città di Derna. I miliziani dell’Isis hanno occupato pure la tv locale, ma hanno anche attaccato due pozzi petroliferi e dato fuoco ad una raffineria.U n attacco è stato inviato pure all’Italia, via Twitter. Qalum ur, un sostenitore dell’autoproclamato Califfato, ha postato sul suo account una minaccia senza usare mezzi termini: «La distanza tra Roma e Sirte è di 1.250 chilometri, un missile Scud può arrivare fino in Italia». L’ISIS per ora punta ad arrivare al confine con la Tunisia, dove i miliziani hanno cominciato a distribuire volantini con i dettami per le donne sotto lo Stato Islamico. Intanto a Tripoli c’è un nuovo governo, filo islamico, associato ai Fratelli Musulmani. Scrive Francesco Battistini:
In due settimane i miliziani del Califfato, presi il pozzo d’oro nero di Mabruk e il villaggio di An Nawfaliyah, hanno marciato 60 km senza praticamente incontrare resistenza. Si sono impadroniti di radio e tv, spinti verso la Tunisia. Già lanciano volantini alle folle perché prevengano il vizio e ultimatum ai Fratelli musulmani di Alba libica, che governano Tripoli, perché si ritirino senza sparare. Ma è possibile che bastino trentacinque blindati e un centinaio d’armati, per arrivare a uno degli scali petroliferi più importanti del Nord Africa? «Molta gente non sa quanto l’Isis sia infiltrato — dice Are fAli Nayod, ambasciatore negli Emirati dell’altro governo, quello rifugiato a Tobruk —. Lo Stato Islamico sta trasformando la Libia nel suo bancomat, nel suo distributore di benzina, nell’aeroporto da cui è in grado d’attaccare qualsiasi bersaglio in Europa».
A Sirte l’Isis aveva già rapito ai primi di gennaio 21 egiziani copti, di cui ha annunciato la decapitazione qualche giorno fa, dopo aver mostrato in tuta arancione i prigionieri. Le immagini della bandiera nera del sedicente Stato islamico che sventola sulla cupola di San Pietro «sono farneticazioni propagandistiche, ma non possiamo sottovalutarle perché la situazione è grave», chiarisce Gentiloni in un’intervista a Skytg24. Tanto che la Farnesina e l’ambasciata a Tripoli hanno rinnovato l’invito agli italiani a non recarsi nel Paese e a quei pochi rimasti a lasciarlo subito. Anche il premier Matteo Renzi ieri, davanti ai leader europei, ha denunciato l’emergenza Libia. Uno Stato fallito, nelle parole di Gentiloni, dal quale continuano a salpare barconi di disperati verso le coste italiane. Con il rischio, segnalato dagli analisti, che tra i migranti possano confondersi possibili terroristi.
THE ISLAMIC STATE 2015
Abu Bakhr al Baghdadi non è ancora riuscito a saldare attorno all’Isis le tante anime della galassia jihadista ma ha fatto del Califfato la stella polare e il punto di riferimento di molti e la piattaforma da cui rilanciare, amplificate, le minacce che convergono verso l’Europa dalle cellule del terrore mediorientali, africane, asiatiche. Ai confini dell’Unione preme l’onda lunga degli Stati in disfacimento, come la Libia, e la deriva delle primavere arabe che hanno precipitato nel caos Paesi come la Siria, ma anche la destabilizzazione permanente dell’Iraq e i sussulti che scuotono l’Africa subsahariana. E i servizi di intelligence si affannano a decodificare i messaggi, cercando di capire dov’è la minaccia e dove la propaganda. Una mappa dell’Europa con l’Italia e Roma cerchiate in rosso emerge da The Islamic State 2015, documento programmatico dell’Isis che è cominciato a circolare in rete dall’inizio di febbraio, come racconta l’ANSA:
E dove l’attacco è spiegato nei dettagli: “Ansar al Sharia in Libia e Al Qaida nel Maghreb Islamico cominceranno a sparare missili verso il cuore dell’Europa, come vendetta per quanto patito dai loro fratelli in Siria” e “l’accerchiamento dell’Europa” da parte del “Califfato Islamico Globale” passerà da ovest (Spagna), dal centro (Italia, Roma) e da est (Turchia, Costantinopoli/Istanbul)”. Gli analisti sono scettici e l’intento propagandistico è evidente. Ma la mappa del terrore attorno all’Europa sembra crescere ogni giorno.
E le sigle evocano una lunga scia di sangue. Ansar Bayt al-Maqdis nella polveriera che è diventata il Sinai, la Jihad africana dal Nilo all’Oceano Indiano che va dagli Shabaab somali ai Boko Haram nigeriani fino alla trasversale Aqmi e a tutta la galassia transnazionale che opera tra Algeria, Tunisia, Mali e Mauritania, alimentata dallo sconfinamento degli arsenali che furono di Gheddafi. La rete di alleanze e convergenze nel segno del terrore ha fatto aumentare gli attentati tra Maghreb e Sahel del 500% negli ultimi dieci anni.
E fa paura al-Qaida nella penisola arabica e nello Yemen, altro Paese fuori controllo dove oggi è stata chiusa anche l’ambasciata d’Italia. Sulle coste del Golfo di Aden, tra il mar Rosso e l’Oceano Indiano, infestate dai pirati, si mescolano in un groviglio inestricabile terrorismo e delinquenza comune, alimentati da traffico d’armi e dalla droga che arriva dall’Asia. Ma la “guerra santa” è riuscita già ad arrivare all’interno dei confini europei e si contano i “foreign fighters”, stimati tra i tremila e i cinquemila. La strage di Cherlie Hebdo, la sparatoria al museo ebraico di Bruxelles, la cellula jihadista smantellata a Verviers, in Belgio, mentre stava pianificando un attentato, sono segnali che nessuno sottovaluta.
L’ITALIA AL COMANDO DI UN’OPERAZIONE ONU
Per questo, spiega la Stampa oggi, l’Italia è pronta a prendere il comando di un’operazione ONU:
Il primo a parlare a Renzi della Libia con toni molto allarmati era stato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, sei mesi fa al Cairo. Ai primi di agosto il rais si rivolse a Renzi con questo argomento: «Si stanno prendendo la Libia, che vogliamo fare?». L’Italia, pur disponendo di terminali ultrasensibili (l’Eni giunse in Libia prima di Gheddafi e in loco vanta dirigenti “nativi”), finora aveva lasciato cadere i tre appelli che dall’Africa erano stati mandati all’Onu per affidare una mediazione a Romano Prodi. Dice oggi il Professore: «L’Europa è disattenta, ma in Libia l’emergenza deve essere risolta obbligando tutte le rappresentanze a sedersi a un tavolo allargato.
Un’offensiva diplomatica che deve essere facilitata dal ruolo di Paesi esterni». Fino ad oggi gli europei hanno remato in direzioni diverse, perché, come racconta Bobo Craxi, già sottosegretario agli Esteri, oggi a Tunisi, «tra i principali motivi dell’intervento internazionale in Libia, al quale l’Italia si accodò, c’era l’interesse di Total, Bp e Shell di sottrarre all’Eni le royalties sul petrolio. E per ora il conflitto di interessi resta quello».
The Islamic State 2015, il ruolo dell’ISIS in Libia
Prima che l’ISIS usi la Libia come trampolino di lancio per l’Europa. E per l’Italia.