Economia
In caso di Grexit: quanto varrebbe la nuova dracma
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2015-07-07
C’è chi parla di un quarto del valore di un euro, ma sono stime impossibili da fare con certezza ora. Il Financial Times racconta i possibili primi passi dopo la Grexit
Uno che di bancarotte se ne intende, ovvero Wilbur Ross, ha detto la sua in un’intervista rilasciata a CNBC: la nuova dracma, secondo l’investitore americano specializzato in acquisizione e ristrutturazione di aziende decotte, varrebbe circa 25-50 centesimi di euro. Sembrano ipotesi un po’ allegre, in primo luogo per la forte differenza nella “forchetta” che magari nelle tasche non fa molto strano, ma un valore pari a un quarto o pari alla metà di un euro, moltiplicato per ogni moneta in tasca, fa una bella differenza.
IN CASO DI GREXIT
L’anno scorso Ross, con un consorzio di imprenditori, ha investito 1,3 miliardi di euro nella terza banca ellenica, Eurobank Ergasias, racconta Sky Tg 24. L’eventuale nuova dracma comporterebbe «un forte impoverimento per i cittadini greci», ha detto Ross perché con la valuta verrebbero tagliate anche «pensioni, risparmi e tutto il resto». Ross, che stima l’attuale possibilità di una ‘Grexit’ al 40%, ha anche detto che gli istituti di credito ellenici hanno un collaterale più che adeguato e dovrebbero disporre anche di liquidità sufficienti ancora per una settimana. Tuttavia la società d’investimento di cui Ross è proprietario – la WL Ross & Co – fa parte del gruppo di investitori che l’anno scorso hanno immesso 1,3 miliardi di euro nella Eurobank Ergasias SA, con sede ad Atene, uno dei quattro maggiori istituti di credito della Grecia. Ecco allora che la sua valutazione – fermo restando che all’inizio la moneta partirebbe in parità con l’euro – comincia a prendere interesse.
QUANTO VARREBBE LA NUOVA DRACMA
In ogni caso non sarebbe una passeggiata. Gli analisti di mercato spiegano al Financial Times che per passare ad una nuova Dracma occorre superare una serie di ostacoli. In primis l’Organizzazione internazionale per la normazione (International Organization for Standardization, Iso) dovrà dare alla nuova valuta greca un codice che possa essere identificato dai computer per elaborare pagamenti e operazioni su titoli e derivati. Il codice di tre caratteri potrebbe essere GRN (Grecia nuovo) per distinguerlo dal precedente GRD (Grecia Dracma). In teoria la programmazione di un nuovo codice potrebbe essere realizzata in meno di 24 ore ma nella realtà per adeguare tutti gli strumenti utilizzati nelle operazioni valutarie occorre molto più tempo. Poi sarà necessario risolvere legalmente tutte le questioni legate a contratti finanziari sottoscritti in euro. E si tratterà di un lavoro lento, lungo e meticoloso. Inoltre la nuova valuta greca durante i suoi primi anni di vita sarà probabilmente esclusa da un sistema di regolamento centralizzato come ad esempio il Cls (Continuous Linked Settlement), attivo nel mercato valutario con l’obiettivo di eliminare il cosiddetto ‘settlement risk’ nelle transazioni. Quindi il trading di una nuova Dracma fra le parti dovrà essere regolamentato tra le parti stesse, aumentando l’esposizione al credit risk nel caso di un default.
IL PRIMO PASSO
Il primo passo che potrebbe sancire la deriva in questa direzione, dice sempre il quotidiano la scelta del nuovo codice valutario. Il FT si spinge a suggerirne uno possibile: GRN invece del GRD della “vecchia” dracma. Un codice simile a quello dell’euro (EUR) o del dollaro americano (USD). Inizialmente però la nuova moneta elettronica (la stampa di banconote è una questione più complessa) resterebbe estromessa dai sistemi centrali di regolamento (settlement). Le transazioni sulla nuova dracma avverrebbero quindi su base bilaterale, aumentando enormemente i rischi di esposizione a eventuale insolvenza della controparte. Insomma, anche il semplice cambio di codice implicherebbe, da subito, una serie di insidie e incognite. Quanto poi prenderebbe l’intero processo di uscita dall’euro e adozione di una nuova valuta nazionale “è una cosa tutta da vedere. C’è voluto molto tempo per Europa e Grecia per arrivare al punto di separazione – conclude il FT -. Ma per preparare le carte del divorzio potrebbe volerci ben di più”.