Economia

Cosa succede all'ILVA di Taranto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-12-03

Regione Puglia e Comune di Taranto vanno al TAR contro il governo per il piano che consente ad Arcelor-Mittal di proseguire l’attività siderurgica nelle stesse condizioni illegittime che hanno portato all’inchiesta sui Riva per disastro ambientale. L’esecutivo chiede di ritirare il ricorso ma non offre nulla in cambio. Il rischio è che ci perdano tutti

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«Tornino al tavolo con proposte sensate»; «Cambiate il piano ambientale e aprite alla decarbonizzazione»: è un dramma dell’incomunicabilità quello che va in scena sull’ILVA tra Calenda ed Emiliano. Un dramma che avrà una fine ben designata dopo l’Epifania, quando è prevista davanti al Tribunale Amministrativo Regionale di Lecce l’udienza che vedrà contrapposti il Comune di Taranto e la Regione Puglia da una parte e il governo dall’altra. L’oggetto è il decreto ILVA, che gli enti locali hanno impegnato alla fine di una storia che è cominciata sei anni fa e potrebbe concludersi amaramente, ovvero con il ritiro della promessa di investire 2,3 miliardi di euro in cinque anni da parte di Arcelor-Mittal.

Cosa succede all’ILVA di Taranto

Questa storia comincia il 26 luglio 2012, quando la magistratura di Taranto sequestra lo stabilimento dell’ILVA controllato dalla famiglia Riva: tra i reati contestati c’è quello di disastro ambientale e il sequestro avviene senza facoltà d’uso, causando un blocco all’attività. Questa riprende nel 2012, quando il governo Monti rilascia una contestatissima autorizzazione ambientale integrata con la possibilità di proseguire l’attività. Due mesi dopo arriva il decreto Salva-Ilva, mentre l’azienda nel 2014 accede all’amministrazione straordinaria con la legge Marzano, in attesa della vendita a terzi che si concretizza il 5 giugno 2017, con la vittoria della cordata Arcelor-Mittal.

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I lavoratori di ILVA (Corriere della Sera, 3 dicembre 2017)


Il piano di Arcelor-Mittal prevede 4200 esuberi tra gli impiegati nelle attività di ambientalizzazione del sito di Taranto gestito dall’amministrazione straordinaria. Ma soprattutto c’è il ricorso: “Il decreto – ricordava qualche giorno fa il presidente della Regione nel suo comunicato – consente all’ILVA di proseguire sino al 23 agosto 2023 l’attività siderurgica nelle stesse condizioni illegittime, e non più ambientalmente sostenibili, addirittura precedenti alla prima Aia, nonché alle Bat (Best available techniques) per la produzione di ferro e acciaio pubblicate nel 2012″. Il governatore pugliese sottolineava che “il governo, peraltro, ha totalmente ignorato le osservazioni della Regione Puglia, formalmente presentate nell’ambito del procedimento concluso con il Dpcm impugnato, senza alcuna giustificazione”, in questo modo “agendo in violazione dei più elementari principi di pubblicità, trasparenza e imparzialità e in spregio al dovere di leale collaborazione istituzionale che dovrebbe ispirare il comportamento della Pubblica Amministrazione”.

Il lavoro, la salute e l’ILVA

I sindacati si sono schierati con il governo e hanno chiesto a Emiliano insieme al ministro dello Sviluppo Carlo Calenda di ritirare il ricorso  e di sedersi al tavolo per Taranto, “ci aiuti a migliorare il piano ma non faccia ostruzionismo” perché il rischio è che l’investitore, cioè Arcelor-Mittal, se ne vada. Pronta la risposta di Emiliano: “Se il Governo vuole evitare il giudizio ritiri l’atto impugnato e lo corregga secondo le indicazioni della Regione Puglia e del Comune di Taranto avviando il processo di decarbonizzazione dell’Ilva“. Emiliano contesta anche la minaccia, prefigurata da Calenda, dello spegnimento dell’Ilva. “L’eventuale annullamento” del Dpcm da parte del Tar “non comporterebbe lo spegnimento dell’Ilva spiega Emiliano da ex magistrato, perché, in quel caso, “ritornerebbe ad essere efficace il vecchio piano ambientale del 2014”. Il presidente della regione, alla fine dice chiaramente che per ILVA avrebbe preferito il piano industriale e ambientale di Acciaitalia che “indirizzava l’ILVA verso la decarbonizzazione negli anni futuri e abbatteva fin da subito della metà le emissioni” .

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ILVA, i due piani a confronto (TGCOM)


E mentre il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci ricorda a Calenda il sangue spartano dei tarantini e Calenda spiega a Melucci di non essere Serse e nemmeno persiano, il vice ministro allo sviluppo economico, Teresa Bellanova, teme che il polo siderurgico “possa essere utilizzato come argomento da campagna elettorale, non importa massacrando chi” e replica alle osservazioni del sindacalista Marco Bentivogli affermando: “Sul futuro e sul destino dell’Ilva, come sulla inderogabile necessità di tenere insieme salute, ambiente, lavoro, c’è assoluta comunità di intenti e posizioni con il mio Partito”. In una intervista il rappresentante della Cisl aveva detto che a suo avviso “Calenda e Bellanova sostengono una posizione su cui però c’è il silenzio assordante del Pd“. Per Emiliano il ricorso serve “a conoscere moltissimi atti che sono ancora segreti, per esempio il piano industriale che nessuno conosce ancora“. In serata ieri è arrivata la replica del ministro: “Il piano industriale ed il piano ambientale sono stati presentati al Governatore della Puglia ed a quello della Liguria insieme a molti sindaci, non a quello di Taranto che non si è presentato all’ultimo minuto pur avendo richiesto l’incontro, da Mittal nell’ambito del tavolo istituzionale”.

La scelta tra il lavoro e la salute

Insomma, il dibattito ha cominciato a perdere i contorni del merito ed è approdato sul piano politico, ovvero il modo migliore per mandare tutto in vacca. Mentre Calenda finisce elogiato da Forza Europa perché combatte la cultura del No, Emiliano registra la moderata apertura del MoVimento 5 Stelle nei suoi confronti: “Non possono essere i cittadini ad adeguarsi alle esigenze di una fabbrica che da decenni uccide un territorio, ma deve essere la fabbrica ad adeguarsi alle esigenze di un territorio che deve poter essere libero di vivere una vita normale”. In mezzo c’è l’ILVA e una comunità, quella tarantina, dove nei quartieri di Tamburi, Borgo e Paolo VI il legame fra mortalità oncologica ed emissioni è evidente dalla curva dei decessi che si alza e si abbassa tra 2008 e 2014 a seconda dell’attività industriale (e dell’inquinamento). Attività che ha subito flessioni in seguito alla crisi economica del 2009, una successiva ripresa di mercato nel 2010-12, e un nuovo declino nel 2013-2014.

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La mortalità nell’area di Taranto (TGCOM)


Il braccio di ferro tra enti locali e governo ha origini antiche ed effetti drammatici fin troppo recenti. Il rischio più concreto è che anche questa volta ci perdano tutti.

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