Il referendum in Grecia è un'opzione politica

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-05-12

Ieri Varoufakis ha detto che non è all’orizzionte. Ma una consultazione popolare potrebbe togliere Syriza dall’impasse. Causando però problemi maggiori

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Ieri Yanis Varoufakis ha detto che quella del referendum sulle misure (e non sull’euro, come scrisse all’epoca il Corriere della Sera) è un’opzione che non è all’orizzonte. Eppure, scrive oggi il Corriere della Sera in un articolo a firma di Danilo Taino, ora quella del referendum diventa un’opzione politica:

Ieri, non escludendola, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble l’ha resa una possibilità. Finora, l’idea era stata ventilata solo da Atene, dal ministro Yanis Varoufakis e dal premier Alexis Tsipras. I creditori, invece, non si erano espressi, memori del vertice di Cannes del novembre 2011, quando l’allora primo ministro George Papandreou aveva annunciato un referendum per poi rinunciarvi davanti alla reazione di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, i quali lo avevano inevitabilmente considerato una scelta dentro/fuori l’euro. Quanto sono cambiate le cose in meno di quattro anni. Oggi,l’ipotesi di dare la parola direttamente ai greci è forse la soluzione meno traumatica se il governo ellenico e la troika dei creditori (Ue, Banca centrale europea,Fondo monetario internazionale) non trovassero l’accordo che cercano da più di tre mesi. Non solo perché i greci, di fronte all’alternativa di accettare ilprogramma dei creditori oppure uscire dall’euro, probabilmente sceglierebbero di restare nella moneta unica. Ma anche perché se l’abbandono dell’euro avvenisse su basi democratiche e non sulla spinta di una crisi finanziaria, i rischi per l’Unione monetaria sarebbero forse minori: non si tratterebbe dell’euro che si spezza ma della scelta politica di un Paese di cambiare valuta.

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Corriere Economia, 20 aprile 2015)

Non che un referendum sia privo di rischi, spiega però il quotidiano:

Qualoravenisse annunciato, la sola idea del ritorno alla dracma spingerebbe i greci a ritirare dalle banche anche quei non molti denari che non hanno ancora ritirato. La corsa agli sportelli andrebbe evitata, probabilmente chiudendo temporaneamente le banche in parallelo all’annuncio della consultazione e introducendo controlli sui movimenti di capitale. Non è affatto detto che questo scenario ad alta tensione si realizzi. Sia i governanti greci che Schäuble lo usano anche come forma di minaccia e contro-minaccia al tavolo delle trattative. Dopo i colloqui di Bruxelles di ieri, l’ipotesi che un accordo si trovi resta viva e a Berlino è ancora ritenuta la più probabile. Fatto sta che il referendum ora è entrato tra le opzioni politiche. Ciò che lo rende credibile è la difficoltà di Syriza, il partito al governo ad Atene, di conciliare le richieste dei creditori con le aspettative della base in Grecia. Se non ci riuscisse, a Tsipras non resterebbe che dare la parola agli elettori.

Leggi sull’argomento: Quanto ci costa la Grecia

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