Il piano per abbattere i lupi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-02-14

Un tetto del 5% al numero di animali da abbattere dopo la proliferazione degli esemplari tra Alpi e Appennini

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Il censimento dei lupi in Italia nel 2015 parla di 100-150 esemplari nelle Alpi e dieci volte tanto sugli Appennini. Martedì prossimo un incontro tra ministero dell’Ambiente e Conferenza delle Regioni fisserà deroghe al divieto di abbattimento, fissando un tetto del 5% al numero di animali da abbattere. Ne parla Jenner Meletti su Repubblica:

Il ministero dell’Ambiente, in un documento preparato con l’Unione zoologica italiana, in sostanza annuncia che, dopo avere speso tanti milioni per la protezione del Canis Lupul, adesso bisogna investire qualche euro in pallottole. In termini burocratici, si propongono «deroghe al divieto di rimozione del lupo dall’ambiente». Si mette anche un limite a questi “prelievi”: il 5%. Ma ancor prima che il piano diventi esecutivo (martedì l’incontro fra il ministero e la conferenza delle Regioni) partono polemiche pesanti. «Il ministero — denuncia la Lav, Diritti degli animali — dopo 45 anni consentirà gli abbattimenti di lupi e ibridi e renderà addirittura possibile dare la caccia ai cani vaganti».

il piano per abbattere i lupi
L’infografica sui lupi in Italia (Repubblica, 14 febbraio 2016)

Non è soltanto il lupo a creare problemi:

Dal 1980 al 2010 — si legge nel documento ministeriale — il cervo è aumentato del 700%, il capriolo del 350%, il camoscio alpino del 120%, il muflone del 300%. Il cinghiale, non censito nel 1980, dal 2000 ad oggi è cresciuto del 400% ed è per questo che in Toscana la caccia è stata aperta tutto l’anno. Ma il “prelievo” del lupo pone problemi seri. La direttiva Habitat 92/ 43 Cee lo definisce «specie prioritaria» e ne proibisce «cattura, uccisione, disturbo, detenzione, trasporto, scambio e commercializzazione». Deroghe sono state però ottenute da Francia, Spagna e Svezia. Nel documento ministeriale si legge che l’Italia chiede la deroga per limitare la «forte tensione sociale», soprattutto nelle zone dove la specie «ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione». Per cui il «prelievo di alcuni esemplari» può «coadiuvare le altre azioni di prevenzione e mitigazione del danno». D’accordo con gran parte del piano i contadini e gli allevatori. «Finalmente — dice Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti — il governo ha capito che chi lavora non può più sopportare i continui attacchi dei predatori di bestiame. L’eliminazione di qualche capo troppo aggressivo può davvero ridurre la conflittualità sociale. Non ci piace, invece, la proposta di ridurre i pascoli e l’agricoltura nelle aree marginali della montagna dove il lupo è più presente. Queste sono le terre dove giovani agricoltori stanno costruendo, anche con fondi europei, le loro attività».

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