Il complottismo di Boeri sulla busta arancione (e sulle nostre pensioni)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-01-10

Il presidente dell’INPS dice che la sua proposta di far conoscere ai cittadini quanto potrebbero prendere di pensione è stata bocciata per una vendetta a causa della sua idea su reddito minimo garantito e vitalizi. Ma sbaglia: semplicemente, in politica c’è chi la pensa ancora come Mastrapasqua

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Sul mancato invio delle buste arancioni dell’Inps, quelle che consentivano ai cittadini di essere informati sulle previsioni di pensione, ci sono «voci che dicono che sia stato fatto perché noi abbiamo proposto di tagliare i vitalizi. Se fosse vero sarebbe un fatto gravissimo»: così oggi ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ospite a L’intervista di Maria Latella su Skytg24. Boeri ha precisato che per la spedizione di queste buste «noi non chiedevamo più soldi al Governo, chiedevamo solo di poter spostare delle somme all’interno del bilancio dell’Inps, visto che abbiamo una spesa contingentata per le spedizioni postali, e potevamo benissimo prelevarla da altri capitoli del nostro bilancio». Il risultato è che «chiedevamo questa flessibilità ma – ha ricordato Boeri – per due volte qualcuno nel Parlamento ci ha fatto questo sgambetto di toglierci queste due righe dall’emendamento».

Il complottismo di Boeri sulla busta arancione (e le nostre pensioni)

«Se diciamo ai lavoratori precari quanto prenderanno di pensione, rischiamo un sommovimento sociale», diceva Antonio Mastrapasqua quando era presidente dell’INPS. Boeri invece aveva deciso di perseguire la famosa operazione-verità sui contributi e sul calcolo della pensione e aveva annunciato la cosiddetta busta arancione nella sua prima intervista da presidente e che l’INPS aveva ufficiosamente annunciato per il settembre 2015. Il lavoro si doveva basare sulle due sperimentazioni portate a termine a fine 2014 e nel 2015, quando i lavoratori sono stati divisi in fasce d’età. Nella versione definitiva di settembre l’operazione riguardava gli iscritti con almeno cinque anni di contributi, partendo dai dipendenti e passando per parasubordinati e autonomi: i dati avrebbero fornito la data di pensionamento e l’importo a parità di contributi versati.

«La qualità dei servizi si può migliorare con una forma organizzativa più efficiente. Ma lo faremo anche facendo partire finalmente l’operazione “busta arancione”. Una definizione in realtà superata perché la lettera col conto contributivo e la stima della pensione la manderemo solo ai lavoratori senza una connessione Internet. Per gli altri, ci sarà un “pin” col quale accedere attraverso il sito Inps al proprio conto e simulare la pensione futura, secondo diversi scenari di carriera e di crescita dell’economia».
Potranno farlo tutti? E in che tempi?
«Nel 2015 daremo questa possibilità a tutti i lavoratori dipendenti privati. Per quelli pubblici ci vuole più tempo perché è più difficile ricostruirei versamenti. Nel 2016 dovrebbe essere possibile anche per i parasubordinati».
Quelli che finora hanno bloccato l’operazione,perché come disse l’ex presidente Antonio Mastrapasqua, se diciamo ai lavoratori precari quanto prenderanno di pensione, rischiamo un sommovimento sociale.
«Sbagliato. Noi non ci faremo fermare da condizionamenti di natura politica. È necessario che i lavoratori siano consapevoli della loro situazione contributiva e di quali saranno presumibilmente le loro pensioni così da poter pianificare il futuro. Le banche dati sono un bene pubblico».

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Le simulazioni della busta arancione dell’INPS (Corriere della Sera, 7 maggio 2015)

E la proposta su reddito minimo e vitalizi? Nel novembre scorso l’INPS ha pubblicato sul suo sito la proposta di Sostegno di inclusione attiva per gli ultracinquantacinquenni, finanziato attraverso i tagli ai vitalizi di 250mila pensionati d’oro. Della proposta Tito Boeri aveva cominciato a parlare anche stavolta durante un’intervista, stavolta a In 1/2 Ora di Lucia Annunziata. Il rapporto, con il titolo “Non per cassa, ma per equità”, è stato poi pubblicato con l’assenso del governo. La proposta prevedeva un «reddito minimo garantito» di 500 euro (400 € nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultra 55enne. Piano, finalizzato al reinserimento lavorativo, finanziabile con gli 1,2 miliardi che sarebbero arrivate dalla rimodulazione delle prestazioni assistenziali percepite al di sopra dei 65 anni di età da quel 10% di popolazione che percepisce redditi più elevati, circa 230 mila famiglie. «Questo capitolo assistenziale della proposta è diventato in parte materiale per la delega povertà collegata alla Stabilità, che sarà chiusa entro l’estate» spiegava il capoeconomista di Palazzo Chigi, Tommaso Nannicini.

La busta arancione, i complotti e i suoi effetti

Ma, come si era già capito durante l’intervento di Boeri in tv, il governo ha respinto la proposta.  Dopo averlo nominato, il governo non sembrava quindi voler seguire molto l’attivismo riformista dell’economista. Mentre la maggioranza lo accusava di volersi sostituire al legislatore. Ma in effetti quello di Boeri oggi sembra proprio complottismo. Il Corriere della Sera pubblicava nell’aprile scorso una schermata che spiegava come sarà online, sul sito dell’INPS, la schermata che avrebbe offerto una simulazione di quanto si percepirà di pensione:

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Pensioni, la simulazione di quanto si avrà dal sito dell’INPS

Luca Cifoni sul Messaggero spiegava che per i cittadini coinvolti l’esito avrebbe potuto non essere piacevole:

Già nell’ambito della fase sperimentale (che deve ancora concludersi) oltre il 40 per cento dei partecipanti che poi hanno risposto al questionario ha segnalato di aver trovato un importo più basso – anche di molto – di quello che si attendeva; quasi la metà ha riscontrato un valore più o meno uguale a quello atteso e solo poco più del 10 per cento ha avuto una sorpresa positiva. Naturalmente le indicazioni finali dipendono in modo rilevante dalle informazioni alla base del calcolo: alcune sono in possesso dell’Inps, come il numero di anni di contribuzione e le regole previdenziali applicate all’età anagrafica dell’interessato, altre sono assunte come ipotesi di scenario (l’evoluzione dell’economia del Paese e delle retribuzioni individuali) altre ancora dipendono dalle scelte concrete dei lavoratori: l’ulteriore tempo di attività lavorativa, gli eventuali periodi da riscattare e così via.

L’operazione verità avrebbe coinvolto da qui al 2016 23 milioni di lavoratori iscritti:

Così può capitare che un lavoratorenato nel 1951 con la maggior parte dei versamenti alla gestione dei commercianti, e un certo numero di “buchi” contributivi si ritrovi con un tasso di sostituzione intorno al 52 per cento pur con 2102 settimane di versamenti, ovvero oltre 40 anni: la pensione stimata tra il 2017 e il 2018 (espressa però in euro di oggi) è di circa 1.350 euro mensili lordi. Invece una lavoratrice relativamente giovane, nata nel 1978 (che quindi si ritroverà l’intera pensione calcolata con il sistema contributivo) se ha iniziato un rapporto di lavoro dipendente nel 2003, potrà contare nel 2048, alle soglie dei 70 anni, su un assegno pari a quasi l’83 per cento dell’ultima retribuzione. Qualora invece decida di smettere nel 2025, e attendere senza lavorare la data dell’effettivo accesso alla pensione, vedrà il tasso di sostituzione scendere poco al di sotto del 59 per cento: non di tantissimo tutto sommato, grazie alla rivalutazione assicurata dal contributivo coniugato con le più stringenti regole di uscita.

Ecco perché la storia dei vitalizi sollevata da Boeri sembra proprio complottismo. Come si capisce benissimo anche dalle simulazioni, la busta arancione dell’INPS rischia di creare molto malcontento nei confronti del governo in un anno di elezioni amministrative e di referendum costituzionale. E si è visto cosa vuole fare il governo in questi casi dalla storia del reato di clandestinità. Qui la mala parata è ancora più evidente. E si vede che tra i nostri politici c’è chi ancora la pensa come Mastrapasqua. 

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