I tagli alla sanità per decreto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-07-27

Il governo fa sapere che per finanziare i tagli delle tasse userà le risorse risparmiate dalla sanità. Il ministro protesta. Ma ci sono anche molti dubbi su fattibilità e veri risparmi del provvedimento. Ecco quali

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Dopo l’intervista a Yoram Gutgeld in cui il consigliere economico del premier spiegava che i fondi per abbassare le tasse arriveranno dai tagli alla sanità, oggi in aula al Senato arriva un pacchetto di emendamenti al decreto Omnibus enti locali già concordato con le Regioni.  Non ci saranno i soliti tagli lineari, conferma il ministro Beatrice Lorenzin, ma una parte dei risparmi derivanti dall’efficientamento del sistema, che Lorenzin ha sempre chiesto di reinvestire nel Servizio Sanitario Nazionale, potrebbero invece prendere altre vie. Le misure previste dal commissario, anticipate in un’intervista a Repubblica, riguardano tra le altre cose gli acquisti di beni e servizi e l’appropriatezza delle prescrizioni. “Il commissario declina tutte le misure contenute nel Patto della Salute, e non posso che esserne contenta – afferma il ministro Lorenzin -. Gli interventi sono tutti in base ai contenuti del Patto, dalla maggiore efficienza alla lotta alla medicina difensiva e alla trasparenza dei dati”. Dalle misure del Patto, ribadisce il ministro, possono venire dieci miliardi di euro in 3-4 anni mentre inappropriatezza prescrittiva e medicina difensiva pesano per ben 13 miliardi l’anno. Cifre che una volta recuperate dovevano servire per l’ammodernamento della sanità, ma che secondo Gutgeld “possono essere utilizzate per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica”.
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I TAGLI ALLA SANITÀ PER DECRETO
La Lorenzin fa sapere che avrebbe voluto utilizzare le risorse risparmiate per personale, ricerca e nuove tecnologie ma il governo non sembra molto d’accordo. I numeri dei risparmi sono chiari, la formula per ottenerli è assai fumosa: si dice che si taglieranno gli esami inutili, ma non si capisce esattamente come questo accadrà. Spiega oggi Roberto Petrini su Repubblica:

In ballo c’è un pacchetto di misure per 2,3 miliardi nel 2015, altrettanti nel 2016 e nel 2017. Importanti, e in qualche caso dolorosi, i provvedimenti che riguarderanno direttamente i cittadini. In primo luogo c’è il taglio delle prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali ed esami di laboratorio) non necessarie (nel linguaggio tecnico: non appropriate). Il ministero della Salute con un imminente decreto stilerà la lista delle situazioni e patologie dove analisi e approfondimenti sono necessari,se si è fuori della lista si pagherà di tasca propria. La norma prevede anche una stretta sui medici perché il principio che ispira la razionalizzazione è che bisogna frenare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”: medici che per mettersi a riparo da eventuali vertenze giudiziarie,“elargiscono” con facilità analisi e controlli.
Da oggi chi sbaglia subirà un taglio allo stipendio.Lo stesso schema varrà per i ricoveri per riabilitazione: revisione delle tipologie in base alla appropriatezza e pagamento percentuale oltre i giorni di degenza previsti dalle nuove soglie; controlli e penalizzazioni. Tanto per farsi un’idea: le prestazioni erogate ogni anno dal settore pubblico o privato sono circa 200 milioni: l’obiettivo sarebbe quello di ridurle del 15 per cento con il taglio di circa 28 milioni di prestazioni l’anno. Daquesta operazione verrebbero risparmi per 198 milioni di euro l’anno.

C’è poi la questione degli ospedali. E’ previsto, oltre al controllo delle strutture in rosso, l’azzeramento dei ricoveri nelle case di cura convenzionate con meno di 40 posti letto, la riduzione della spesa del personale a seguito del taglio della rete ospedaliera, la riduzione della degenza media e del tasso di ospedalizzazione. Complessivamente: circa 210 milioni di tagli all’anno. La gran parte dei risparmi verrà tuttavia dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi (con la centrale unica di acquisti) e in particolare dei dispositivi medici. Inoltre sarà costituito presso il ministero della Salute un osservatorio sui prezzi dei dispositivi medici (apparecchi, impianti, sostanze) il cui costo non potrà comunque superare il tetto del 4,4 per cento. In più, una delle misure su cui l’esecutivo punta molto è quella della riduzione, e di un uso più intensivo, delle centrali d’acquisto, uno dei cardini della spending review targata Cottarelli, insieme a una accelerazione sui costi standard per i Comuni. Le 34 stazioni appaltanti individuate da gennaio dovrebbero gestire le grandi gare di enti locali e amministrazione centrale (per l’energia, ad esempio, l’intera P.a. spende ogni anno circa 10 miliardi, 1 miliardo per i buoni pasto).

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La manovra sulla sanità concordata con le Regioni (Repubblica, 27 luglio 2015)

NON SPENDERE PER NON TASSARE
Rimane il problema di spiegare come sia possibile decidere a tavolino l’esistenza di una prescrizione inutile. Nel frattempo scattano le proteste. La sanità in Italia è sottofinanziata, e non può sopportare né nuovi tagli né che eventuali risparmi dovuti al miglioramento della funzionalità del sistema non vengano reinvestiti nel sistema sanitario Nazionale stesso, afferma Luigi Boggio, presidente di Assobiomedica, l’associazione che riunisce i produttori di dispositivi medici, commentando l’intervista al commissario alla revisione della spesa Yoram Gutgeld. “Già il settore è sottofinanziato – spiega Boggio -, con un parco tecnologico ed edilizio obsoleto, che ha bisogno di investimenti. Se anche l’efficientamento non viene reinvestito tra 5 anni che tipo di servizi potremo erogare? La spesa sanitaria è sotto controllo, anche grazie al nostro settore, nel 2013 è addirittura diminuita, è qella dello Stato che galoppa”. Il settore dei dispositivi è particolarmente toccato dall’ultimo accordo Stato-Regioni, che prevede l’introduzione del payback, il ripiano dello sfondamento dei tetti di spesa da parte delle aziende, e la rinegoziazione dei contratti. “Noi crediamo che questo non sia possibile, ci sono problemi legali enormi – sottolinea Boggio -. Se dovessero passare queste norme produrrebbero una ‘tassa’ del 6% sul fatturato in grado di mettere in ginocchio il settore. Diverso è il richiamo a una maggiore efficienza, su cui non possiamo che essere d’accordo. Una serie di misure che abbiamo proposto noi, come l’adozione di protocolli stringenti sulla diagnostica per immagini, potrebbero far risparmiare due miliardi di euro in due anni”.  La ricetta indicata da Gutgeld non piace a Rosanna Dettori, Segretaria Generale della Fp Cgil. “Le ricette non sono assolutamente nuove – sottolinea Dettori -. C’è preoccupazione: dovendo tagliare 35 miliardi per il taglio delle tasse si fanno le solite scelte, si va sulla sanità e sugli enti locali che però sono già al collasso”.

Leggi sull’argomento: «Tagli alla sanità per abbassare le tasse»

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