Economia
I numeri dell'ISEE
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2015-11-24
La riforma ha introdotto il meccanismo dei controlli incrociati sul reddito e un peso maggiore al patrimonio. Ecco i risultati
La riforma dell’Isee ha introdotto il meccanismo dei controlli incrociati sul reddito e un peso maggiore al patrimonio delle famiglie, inclusi gli immobili. Le nuove regole sono in vigore dall’inizio dell’anno, e hanno già portato a un risultato considerevole: prima chi compilava l’ISEE non dichiarava in quattro casi su cinque il proprio conto in banca. Adesso la percentuale è scesa al 19%. Racconta Lorenzo Salvia sul Corriere:
Le nuove regole sono in vigore dall’inizio dell’anno: oltre ai controlli incrociati danno un peso maggiore al patrimonio delle famiglie, immobili compresi. Il primo risultato — dice il rapporto pubblicato nei giorni scorsi dal ministero del Lavoro — è la diminuzione generale del numero delle domande. Nei primi sei mesi di quest’anno sono state 2,2 milioni. Nello stesso periodo del 2014 eravamo arrivati a 2,9 milioni. Il calo sfiora il 25%. Ed molto forte nelle regioni meridionali, soprattutto in Campania, dove arriva quasi al 50%. Ma per il nuovo «riccometro», come viene chiamato, c’è ancora da sciogliere il nodo sui disabili. I sussidi alle famiglie vengono considerati come una fonte di reddito, e quindi conteggiati nel calcolo. Una misura bocciata nei mesi scorsi dal Tar del Lazio sulla quale il 3 dicembre arriverà il giudizio finale da parte del Consiglio di Stato. Se il verdetto venisse confermato, una parte delle norme andrebbe riscritta da capo. Cambiano gli strumenti per misurare la ricchezza, dunque. Ma il peso della povertà resta sempre lo stesso.
L’Istat ha fissato al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2014. Più di un italiano su quattro. Un valore stabile rispetto all’anno precedente, che vede mutare solo il suo mix interno. Scende leggermente la quota delle persone «gravemente deprivate», cioè che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni o affrontare una spesa improvvisa da 800 euro. Ma sale, altrettanto leggermente, la fetta di chi vive in famiglie a «bassa intensità lavorativa», cioè dove lo stipendio entra in casa solo due o tre mesi l’anno. La metà delle famiglie italiane ha un reddito che non supera i 2 mila euro netti al mese. E, da qualsiasi punto di vista si guardi alla povertà, la situazione peggiora quando si scende verso il Mezzogiorno. Il governo studia minicorrettivi al piano contro la povertà inserito nel disegno di legge di Stabilità, che comincia adesso il suo percorso alla Camera. Dovrebbero essere solo ritocchi sul contributo per le famiglie con minori che vivono sotto la soglia di povertà assoluta. Potrebbe saltare la precedenza, nelle graduatorie per avere il contributo, assegnata alle famiglie con minori in condizioni di particolare disagio e quindi inseriti nel circuito giudiziario. E anche la norma che rende il contributo non più standard ma proporzionale al grado di povertà.