Francesco Giorgi ha confessato le proprie responsabilità nel Qatargate

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-12-15

L’ex assistente di Panzeri e compagno di Eva Kaili ha detto che la donna non era a conoscenza di tutto ciò e che deve essere scarcerata

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Ha ammesso di aver fatto parte di una organizzazione usata da Marocco e Qatar per cercare di condizionare il rapporto tra il Parlamento Europeo (e le istituzioni europee) e quei due Paesi. Ha detto di aver preso soldi (molti soldi, come quelli trovati e sequestrati), ma che la sua compagna – l’ormai ex (destituita) Vice-Presidente del Parlamento UE Eva Kaili – non era a conoscenza di questi suoi rapporti. Non sembra aver chiarito, invece, il ruolo di un altro ex europarlamentare italiano a Bruxelles, Antonio Panzeri, anch’egli finito in carcere dopo le indagini sul cosiddetto Qatargate, anche se parla di soldi finiti nelle casse di quella ong. Questa è la sintesi della confessione fatta da Francesco Giorgi davanti ai giudici belgi in merito a quello che, a tutti gli effetti, sembra essere il più grande scandalo da quando esiste l’Europa unita.

Francesco Giorgi confessa la sua responsabilità nel Qatargate

I media belgi riportano quanto confermato anche dal quotidiano La Repubblica: l’ex assistente di Antonio Panzeri, avrebbe confermato il suo ruolo fondamentale e primario nel Qatargate. Un traffico di influenze, dietro compenso. Una vera e propria corruzione per far arrivare a Bruxelles iniziative in favore di Qatar e Marocco. E quei soldi, come confessato da Francesco Giorgi agli inquirenti, erano finiti in parte nelle sue tasche nonostante percepisse uno stipendio da assistente (collaboratore della ong di Panzeri) da 2.500 euro al mese. Ma la sua compagna, la greca Eva Kaili (anche lei in carcere) non avrebbe saputo nulla di questi traffici loschi:

“Farò il possibile affinché la mia compagna sia libera e possa occuparsi di nostra figlia di 22 mesi”.

Dunque, le responsabilità di tutto sarebbero sue e di Panzeri. Con Giorgi rimasto al fianco dell’ex Euroarlamentare nonostante la mancata rielezione a Bruxelles nel 2019 per gestire le casse della Ong Fight Impunity. E da lì quella confessione su quel giro d’affari partito dal Qatar, arrivato anche in Marocco e con il proprio cuore in Belgio.

 

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