Economia

Flexsecurity: l'idea di Renzi per i lavoratori di serie B

Alessandro D'Amato 17/09/2014

Il modello danese per garantire gli esclusi dall’articolo 18. E i suoi problemi di applicazione nell’attuale situazione economica. Mentre il “Paradosso della flessibilità” di Krugman è in agguato

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La Flexsecurity è l’idea di Matteo Renzi per tutelare i lavoratori di Serie B e rilanciare il mercato del lavoro in Italia contro la disoccupazione. Un’idea mutuata dal modello danese, che prevede che la protezione non sia del posto di lavoro, ma del lavoratore. Questo prevede che il lavoratore usufruisca di sussidi quando perde il posto finché on ne trova un altro. Il primo elemento della Flexsecurity è la libertà di licenziare come elemento di flessibilità, tranne che per casi di discriminazione. Il secondo elemento chiave è la sicurezza: quando il lavoratore perde il lavoro, viene sussidiato dallo Stato con una cifra intorno al 60-70% dell’ultima retribuzione con casi che arrivano fino al 90% e un limite intorno ai duemila euro.
 
FLEXSECURITY: L’IDEA DI RENZI PER I LAVORATORI DI SERIE B
La Flexsecurity alla danese preveede però anche una politica che sia davvero molto attiva di mercato del lavoro: riqualificazione continua dei lavoratori; ricerca di un lavoro per chi l’ ha perso, creazione di nuove opportunità. Pietro Ichino ha elaborato un modello di flexsecurity per il mercato italiano:

Il nuovo regime si applica alle nuove assunzioni delle imprese che stipulano, con uno o più sindacati, il contratto collettivo denominato “contratto di transizione al nuovo sistema di protezione del lavoro”. La sperimentazione è dunque volontaria.
Il contratto di transizione istituisce un’agenzia, in forma di ente bilaterale o consortile, o anche solo di “sportello aziendale”, a cui viene affidata dalle imprese stipulanti la gestione congiunta dell’assicurazione contro la disoccupazione e dei servizi di riqualificazione e assistenza intensiva nella ricerca del nuovo posto per i lavoratori licenziati.
L’agenzia stipula un contratto di ricollocazione con il lavoratore licenziato, che
gli garantisce un’indennità complementare di disoccupazione che porta il totale al 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, digradante del 10% in ciascuno dei tre anni successivi (durata max pari a quella del rapporto di lavoro intercorso detratto il primo anno, con il limite di quattro anni);
lo obbliga a partecipare a tempo pieno a tutte le iniziative di riqualificazione e ricerca della nuova occupazione attivate per lui;
lo assoggetta, per queste attività a un potere direttivo e di controllo dell’ente;
è suscettibile di recesso per giusta causa da parte dell’agenzia, in caso di inadempimento del lavoratore.
Il finanziamento delle attività di riqualificazione e collocamento è sostenuto dalla Regione, col contributo del Fondo Sociale Europeo. Il finanziamento del trattamento di disoccupazione è a carico dell’impresa che licenzia.

Ed ecco la tabella riassuntiva sulla licenziabilità nella flexsecurity:
flexsecurity renzi lavoratori serie b 2
Mentre Paolo Baroni sulla Stampa ci fa sapere chi sarebbe interessato al tema della flexsecurity tra i “lavoratori di serie B”, creando confusione e lamentandosi che gli imprenditori non sono tutelati contro il licenziamento:

L’articolo 18 segna un ulteriore spartiacque. Interessa infatti appena il 3% delle imprese, 156.500 su un totale di 5,25 milioni, eppure tutela il 65,5% dei dipendenti. Dunque 9,5 milionisu 22,4 sono a tutti gli effetti igarantiti, e gli altri?Innanzitutto ci sono 2,364 milioni di contratti a termine (etra questi 699mila rapporti part time). Poi vanno considerati i lavoratori indipendenti, le partite Iva, ma anche commercianti e artigiani: in tutto sono 5 milionie 518mila, di cui 836mila hanno una occupazione a tempo parziale.Per capirci, sono così tantodi «serie B» che loro il bonusda 80 euro ancora se lo sognano.Infine ci sono 394mila persone classificate come collaboratori,i cococo di una volta ora diventati cocopro. In molti casicontratti che dovrebbero esserea tempo indeterminato camuffatida finti contratti di collaborazione.Ma se guardiamo trattamenti economici e condizioni,da Nord a Sud e tra uomo e donna si creano altre classi e sottoclassi, con una possibilità infinita di combinazioni.

 
IL PROBLEMA DELLA FLESSIBILITÀ NELLA CRISI
Riguardo i risultati della flexsecurity molti hanno espresso dubbi. Soprattutto riguardo gli effetti e le stime, dopo una rettifica dell’OCSE sui numeri:

l’OCSE ha corretto le stime effettuate in precedenza, sulla base di una diversa (presumibilmente più corretta) valutazione dei fattori che determinano la flessibilità/rigidità del mercato del lavoro. Il grafico che segue confronta, con riferimento alla situazione del mercato del lavoro nel 2004, l’indice di protezione stimato dall’OCSE nel 2004 con la nuova stima del 2013. È evidente la dimensione dell’errore riguardo alla Danimarca, per la quale il livello di protezione era stato significativamente sottostimato.


Ma c’è un problema di fondo piuttosto importante che non sembra essere stato finora evidenziato. Nelle attuali condizioni dell’economia italiana la Flexsecurity darebbe libertà, sì, ma soltanto in un verso: quello dell’espulsione dei lavoratori dal mercato del lavoro, con conseguente messa a carico da parte dello Stato. Il maggiore problema sembra essere quello evidenziato da Krugman nel suo famoso “Paradosso della Flessibilità”:

Fare in modo che i salari cadano più facilmente, come chiedeva Hazlitt allora e come chiedono i suoi accoliti oggi, non solo redistribuisce il reddito dai lavoratori ai ricchi (e questo non è strano ); effettivamente peggiora l’economia nel suo complesso. Una cosa che Noah Smith ha detto giusta, per inciso, è la sua intuizione che i salari giapponesi siano più vischiosi di quelli degli altri paesi avanzati. Ci sono un bel po’ di prove a questo fine, soprattutto il fatto che il Giappone sia quasi l’unico ad essere finito nella deflazione. Il punto, tuttavia, è che questa non è una buon cosa in un paese che si trova in una trappola di liquidità e soffre di eccesso di debito: quando quel paese giunge alla flessibilità dei salari e dei prezzi, la situazione dell’economia non si è necessariamente sviluppata a vantaggio del Giappone. (traduzione qui)

Insomma, il calo della domanda in azione oggi nell’economia a causa dello choc da debito e della crisi porta alla flessibilità del lavoro in uscita aumentando la disoccupazione; i disoccupati riducono i consumi (anche con il sussidio, perché questo ha un limite e conviene essere formiche che cicale quando si è senza lavoro), e questo porta a un ulteriore calo della domanda. Dopo la trappola della liquidità ci toccherà anche la trappola della flessibilità?
 

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