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Ermes Mattielli: la storia dell'uomo «ucciso dallo Stato»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-11-05

È morto stamattina, nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Vicenza dove era ricoverato. Era stato condannato a 5 anni e quattro mesi per aver sparato a due ladri, che avrebbe anche dovuto risarcire con 135mila euro. Come sono andati veramente i fatti? Cosa ha deciso il giudice?

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Ermes Mattielli è morto stamattina, nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Vicenza dove era ricoverato. 62 anni, Mattielli era noto per essere stato condannato a 5 anni e quattro mesi per aver sparato a due ladri, che avrebbe anche dovuto risarcire con 135mila euro. A causarne la morte un infarto, arrivato dopo un malore che da qualche tempo lo aveva costretto al ricovero. Mattielli, che prima del malore era stato intervistato più volte sui media sia per la sua vicenda ma in supporto di altre analoghe, era stato ricoverato in un primo tempo al reparto di cardiologia dell’ospedale di Santorso di Vicenza ma poi per l’aggravarsi della patologia era stato trasferito in rianimazione dove è deceduto.

Ermes Mattielli: la storia dell’uomo «ucciso dallo Stato»

«Lo avevo incontrato pochi giorni fa, la Lega lo stava aiutando. Ermes è una vittima dello Stato, uno Stato amico dei delinquenti. Una preghiera e tanta rabbia: Ermes è uno di noi», ha detto Salvini commentando la morte di Mattielli. «Ermes Mattielli era una persona perbene, che ha avuto il solo torto di difendersi da due delinquenti che lo stavano derubando. Lo Stato che avrebbe avuto il dovere di difenderlo l’ha condannato a 5 anni di carcere. Oggi muore di infarto ed è evidente a chiunque quanto la sofferenza e il dolore possa aver inciso. L’Italia migliore e’ indignata e sconvolta. Da oggi la nostra battaglia per cacciare Renzi ha un motivo in più!», ha detto Maurizio Garsparri. «Profondo cordoglio e dolore per la morte improvvisa di Ermes Mattielli, il commerciante vicentino veneto condannato a risarcire i due delinquenti che si erano introdotti nel suo deposito per rubare. È lo Stato ad avere sulla coscienza la morte di Ermes: prima non gli ha garantito la sua sicurezza e poi lo ha addirittura indagato e punito per essersi difeso. Siamo vicini alla sua famiglia e anche nel suo nome continueremo a portare avanti la nostra battaglia: la difesa è sempre legittima», ha aggiunto Giorgia Meloni su Facebook. A Mattielli erano stati dedicati servizi sulle maggiori reti televisive.

E ovviamente era diventato un santino perfetto per i banner su Facebook:
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La sua vicenda è stata però raccontata in un modo molto diverso dai giornali locali. Il 14 settembre 2012 Mattielli è stato condannato in primo grado per l’accaduto: il 13 giugno 2006 aveva sparato 14 colpi di pistola Tanfoglio contro due ragazzi nomadi che stanno rubando nel suo rottamaio ad Arsiero. Mettendo in atto, come spiega il giudice Cristina Bertotti nelle motivazioni della sentenza, una reazione sproporzionata rispetto all’offesa che sta subendo perché i due ladruncoli hanno già abbandonato la refurtiva e stanno fuggendo, pertanto da parte loro «c’è desistenza» e non c’è pericolo per il rottamaio Ermes Mattielli di essere aggredito. Anche perché lui è armato di una pistola Tanfoglio, mentre Blu Helt e Cris Caris sono disarmati. Di qui la condanna a un anno di reclusione per lesioni e a una provvisionale che all’epoca era di 120mila euro.

In una trentina di pagine il tribunale di Schio sviscera tutte le problematiche della controversa vicenda, rispondendo indirettamente anche a chi ha sostenuto che la sentenza del 5 luglio è un lasciapassare per i delinquenti. «La dinamica del fatto evidenzia l’insussistenza non solo dell’ordinario requisito di proporzione tra offesa e difesa – continua il giudice -, ma anche della reazione legittima, cioè necessaria e non sostituibile con altra reazione meno dannosa». Mattielli, insomma, aveva «un’altra possibilità perché poteva ritornare a casa e chiamare le forze dell’ordine, cosa che invece ha fatto solo dopo avere esploso tutti i colpi del caricatore». Questi argomenti, del resto, sono stati sottolineati anche dall’avv. Andrea Massalin per conto dei propri assistiti in sede di requisitoria privata al processo.
Il tribunale, tra l’altro, osserva che le versioni dei fatti offerte in aula dalle parti divergono solo su alcuni aspetti marginali. È pacifico che i due nomadi, muniti di pile e un tronchese, sono entrati per rubare. Mattielli ha sentito suonare l’allarme e si è precipitato al deposito, dove in passato erano già avvenuti altri furti. Egli ha visto due ombre che spegnevano le pile. Quindi ha sparato subito due colpi, e quando è stato a 4-5 metri ha esploso gli altri 12, «all’impazzata». Lo stesso rottamaio in aula ha spiegato che i due individui non si erano avvicinati a lui e gli avevano solo detto: «Stai zitto». Dunque, nessuna minaccia.

Tutti i proiettili hanno raggiunto i due bersagli. Uno dei due, Blu Helt è rimasto invalido e per questo gli è stata riconosciuta una provvisionale di 100 mila euro. L’avv. Zuccollo ha invocato le modifiche di legge introdotte dalla legge 59 del 2006 in materia di legittima difesa.

«È evidente – conclude il giudice – che in entrambe le fasi della sparatoria non vi è mai stato un pericolo di aggressione». E la nostra legge «non consente il sacrificio della vita o della incolumità dell’aggressore al solo fine di tutelare il patrimonio». Come insegnano la Costituzione e la Carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo. Ai giudici dell’appello la verifica.

«Sparò ai ladri e deve anche risarcirli»

La vicenda giudiziaria continua. Durante l’appello i giudici di secondo grado accolgono l’istanza dell’accusa pubblica e della parte civile e avevano riqualificato l’ipotesi di reato in tentato omicidio. Così però venne dichiarato decaduto anche il risarcimento da 120mila euro. Il 9 settembre 2015 arriva la sentenza d’appello: qui Mattielli viene condannato a 4 anni e 5 mesi e alla provvisionale di 135mila euro.

L’avvocato di Mattielli ha sempre sostenuto che in realtà l’imputato non aveva alcuna intenzione di uccidere e che tutto faceva ritenere essersi trattato di un esercizio legittimo di difesa. Ma già il giudice di primo grado aveva osservato che la legge appena introdotta al momento dei fatti incideva solo sulla proporzione tra difesa e offesa, quando i ladri violano sì il domicilio, ma non vi è da parte loro desistenza e c’è un pericolo di aggressione. Allora l’uso dell’arma è giustificato. Ma in questo caso, in base alle risultanze del processo, Mattielli ha inseguito i due intrusi che cercavano di fuggire e una volta che li aveva messi nel mirino li aveva ripetutamente centrati. Per la difesa se avesse voluti ammazzare avrebbe potuto farlo, ma si fermò: voleva solamente evitare che scappassero con la refurtiva.

E allora per il caso di Ermes torniamo al discorso sulla legittima difesa. Secondo l’articolo 52 del codice penale:

La legittima difesa. Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma [ndr: violazione di domicilio], sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Questo significa che ci deve essere sempre proporzione tra la minaccia e l’azione di difesa. È evidente, leggendo il testo, che la legge non prevede assolutamente che si debba “chiedere” al ladro quali siano le proprie intenzioni o verificare, accendendo la luce e facendo domande se l’intruso sia armato o meno. Può accadere infatti che chi si difende commetta l’errore di sentirsi minacciato quando in realtà non è in pericolo, questa eventualità è prevista ed è la cosiddetta legittima difesa putativa che nasce appunto dalla convinzione di trovarsi in pericolo. È interessante far notare che il comma b dell’articolo 52 sia stato fatto introdurre nel 2006 proprio su proposta della Lega Nord. L’idea era quella di creare un ulteriore deterrente ai malviventi. Il concetto di desistenza permane però nell’articolo modificato all’epoca su inziiativa della Lega Nord. I risultati sono quelli che tutti possiamo ammirare oggi. Riposi in pace, Ermes Mattielli. Ma quelli che sfruttano i fatti di cronaca per lucrare consensi politici non se lo meritano.

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