Attualità
Emanuela Orlandi e il dente del giudizio sullo scheletro della Nunziatura
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-11-03
Un molar potrebbe risolvere il primo dubbio del caso, ovvero il collegamento con il ritrovamento e i casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori
Nelle more del caso delle ossa ritrovate alla Nunziatura Apostolica di via Po spunta un dente. Un molare, per la precisione, che potrebbe risolvere il primo dubbio del caso, ovvero il collegamento con il ritrovamento e i casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Come abbiamo scritto ieri, sullo scheletro sono stati ritrovati dei denti. Il Messaggero spiega oggi l’importanza della scoperta:
Perché le nuove indiscrezioni parlano della possibilità che uno dei due molari ritrovati con il cranio e lo scheletro,possa essere un dente del giudizio. Emanuela aveva 15 anni o poco più, Mirella era sua coetanea, troppo giovani per avere un’arcata dentaria già pienamente sviluppata. Se quindi la notizia risultasse vera, diminuirebbero le possibilità che si tratti di una delle due adolescenti scomparse.
Per questa ragione, ieri, Pietro Orlandi, la mamma e le sorelle,si sono chiusi in casa, per cercare di ricordare se Emanuela avesse sviluppato il dente del giudizio, sene avesse mai parlato, o anche se ci fossero esami effettuati dal dentista, che potessero comprovarlo. Ma, a distanza di 35 anni, sebbene la memoria voglia cercare indizi per una verità di cui i parenti hanno veramente bisogno, nessuno è riuscito a ricordare qualcosa di rilevante. E così, bisognerà aspettare i risultati definitivi, e continuare a sperare.
Intanto c’è da registrare che la collaborazione tra autorità italiane che indagano e Vaticano sembra procedere tranquillamente e correttamente, a differenza dell’atteggiamento incredibilmente tenuto dalla Santa Sede negli anni Ottanta e Novanta, quando Oltretevere si cercò in tutti i modi di ostacolare la trasmissione di indizi e prove che si trovavano a San Pietro (tra cui le telefonate dei falsi rapitori di Emanuela) negando le rogatorie:
Gli inquirenti effettueranno una serie di analisi sui reperti e sul teschio rinvenuto da quattro operai nel corso dei lavori di ristrutturazione. Mentre l’attività istruttoria punterà a ricostruire le fasi che hanno portato al rinvenimento dei reperti. I magistrati hanno ricevuto una serie di documenti legati ai lavori di ristrutturazione effettuati negli ultimi decenni: serviranno per risalire alle ditte che hanno operato negli anni ‘80.
Le carte custodite negli uffici dell’Apsa, l’Ente che gestisce gli immobili del Vaticano, e presso il Governatorato, sono state assicurate alla polizia grazie al principio di collaborazione instaurato con la magistratura capitolina. Altrimenti i tempi sarebbero stati molto più lunghi, perché ci sarebbe voluta una rogatoria per ottenere i registri.