Economia
Il disastro dell'ATAC in un'infografica
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2016-05-27
Il business delle gomme appaltato a un ex funzionario in aspettativa, i distacchi sindacali concessi in numero maggiore rispetto al monte a disposizione e il servizio mensa gestito dai sindacati: un piccolo assaggio di quello che non va nell’azienda dei trasporti romana, come promemoria per il prossimo sindaco
In preparazione delle elezioni a Roma, oggi Sergio Rizzo sul Corriere della Sera punta il dito contro il disastro dell’ATAC, la municipalizzata più grande del Paese. Ha 11.871 dipendenti. Numero pari a quasi metà degli operai Fiat in Italia. E quindi può tranquillamente fare a meno di uno di loro: Roberto Alviti, funzionario in aspettativa per “motivi personali”, oggi dirige Gommeur, l’azienda che fornisce pneumatici agli autobus. Il nuovo direttore generale Marco Rettighieri gli ha appena mandato la lettera di licenziamento, ma quello delle gomme in ATAC è uno scandalo nello scandalo:
Nel periodo 20132015, a fronte di un contratto full service per un importo di 8 milioni 797.860 euro, l’Atac ne ha sborsati 16 milioni 758.257. Il doppio. Motivo? Dice l’audit interno che per un parco di circa 12 mila pneumatici in tre anni ne sono stati sostituiti 11.400 per usura e ben 15.371 per rottura. Le strade di Roma sono una groviera disastrosa, lo sappiamo. Ma questi numeri, sostengono gli ispettori, destano comunque serie perplessità in rapporto alle percorrenze medie dei bus, 45 mila chilometri l’anno: un terzo della durata media di 130 mila chilometri offerta dal fornitore in sede di gara. Perplessità destinate ad aumentare considerando come «nel solo ultimo anno precedente al rinnovo contrattuale», ovvero il 2012, «erano già state sostituite 10 mila gomme per usura e 8.500 per rottura». Per non parlare dell’acquisto di 4.800 gomme termiche e dei 337 nuovi autobus entrati in esercizio nel periodo, comprensivi di altri 2.500 pneumatici già pagati con il mezzo e per i quali è stato pagato anche il relativo canone full service.
E i distacchi sindacali?
Nel relativo corposo capitolo del dossier si racconta che nel 2015 sono state concesse 111.664 ore di «agibilità sindacali», ben 11.283 più del monte a disposizione. E che quest’anno, considerando anche i permessi retribuiti, si dovrebbe toccare quota 131 mila, corrispondenti al lavoro di 82 persone, con un costo per l’azienda di 3 milioni 772 mila euro. Ciliegina sulla torta: «Risultano inoltre in distacco continuativo presso due sindacati, Cgil e Cisl, tre dipendenti per i quali non vi è alcuna giustificazione a partire dal 2015, in seguito all’interruzione del rapporto associativo dell’Atac con Asstra (l’associazione delle aziende di trasporto, ndr)».
Altrettanti sono poi distaccati al dopolavoro, che in un’azienda così poco normale non poteva che avere una funzione anormale. Un’esagerazione? Non esiste al mondo azienda pubblica o privata dove il servizio di mensa sia gestito da un dopolavoro: cioè dai sindacati. Tranne, naturalmente, l’Atac. Tutte le 18 mense qui sono gestite dai sindacati, che per questo servizio incassano dall’azienda circa 4,2 milioni l’anno. Più 2 euro e dieci centesimi pagati da ciascun dipendente per ogni pasto. L’Atac mette anche a disposizione gratis i locali, paga luce, gas, pulizie e tassa sui rifiuti. Il dopolavoro gestisce pure i bar aziendali e 151 distributori di bevande e snack. Da quale contratto derivi questa singolarissima rendita di posizione, non è dato sapere. Si sa solo che tutto nasce nel 1974, ma carte non ce ne sono. Né esiste rendicontazione dei pasti effettivamente distribuiti.