Cosa succede all'Italia con la Grecia tra referendum e default

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-06-28

Rischi e conseguenze per le famiglie, le aziende e i conti secondo il Corriere della Sera

article-post

Il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore riepilogano oggi quali sono i rischi per l’Italia dopo la proclamazione del referendum in Grecia sul piano proposto dai creditori al governo di Alexis Tsipras, e sul possibile default. Il primo argomento è quello dei conti dello Stato, in riferimento alla gestione del debito: il Tesoro italiano si è già finanziato nei mesi precedenti sui mercati, superando ad aprile il 42% della sua raccolta annuale e allungato la scadenza dei titoli. Il Sole 24 Ore riepiloga oggi in questa infografica il rischio per l’Italia dalla crisi di Atene:

italia referendum grecia
Cosa succede all’Italia con il referendum in Grecia (Sole 24 Ore, 28 giugno 2015)

Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore spiega:

Se la Grecia o le banche greche non dovessero ripagare i loro debiti, il calcolo dell’esposizione italiana diventerebbe molto più difficile.La banca centrale greca si prende comunque tutte le perdite eventuali sugli 89 miliardi concessi con l’Ela (l’ipotesi è che la vendita dei titoli dati a garanzia non dia proventi sufficienti per ripagare il mancato rimborso). Il passo successivo è vedere se la banca centrale stessa resta solvente (se il suo capitale può assorbire le perdite). L’eventuale ricapitalizzazione ricadrebbe sul singolo stato greco, ma se anche lo stato fosse in default, il buco greco potrebbe danneggiare tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’Eurozona.

Il Corriere invece riepiloga le possibili conseguenze sul turismo, sulle imprese, e le strategie per il portafoglio dei piccoli investitori. Per quanto riguarda il turismo, potrebbe essere prudente portare un passaporto e avere una provvista maggiore di contante per evitare il rischio di trovare i bancomat chiusi. Per ciò che concerne le esportazioni, permane un rischio per i pagamenti, ma comunque basso:

Ecco perché la quota di esportazioni italiane nel Paese è scesa ed è ormai pari soltanto allo 0,9% del totale dell’export, valuta Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo. Un dato che scende allo 0,2% se rapportato al Prodotto interno lordo. Un’inezia. Gli interrogativi semmai sono altri. E riguardano semmai l’industria navale legata al turismo e al commercio. Chi fornirà carburante in Italia ai traghetti battenti bandiera greca in partenza dal nostro Paese?

Più complicata invece la questione della protezione dei portafogli

Nella ricetta per chi si sente pessimista sulla possibilità di un ritorno al dialogo dovrebbero esserci titoli obbligazionari brevi e a rating medio alto, che da tempo non rendono praticamente nulla ma fungono da punto di riferimento quando tutto brucia e sono sempre al centro della caccia alla qualità che si scatena in questi frangenti. Ma anche le valute diverse dall’ euro, soprattutto il dollaro e poi le sterline, le corone del Nord Europa, i dollari non americani sono un ingrediente fondamentale del paracadute perché consentono di diversificare, sempre puntando su bond brevi o fondi specializzati, su asset meno coinvolti dalla burrasca casalinga. In Borsa, ipotizzando che quelle dell’area euro siano le più penalizzate se i mercati la prendono male anche solo per un breve periodo, i titoli più bastonati saranno i finanziari, i più difensivi gli industriali con l’export nel bilancio.

Leggi sull’argomento: #greferendum: perché il paragone tra Tsipras e Ponzio Pilato è falso

Potrebbe interessarti anche