Attualità
A cosa serve la criminalizzazione degli studenti del Liceo Virgilio?
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-11-20
I giornali hanno di recente fatto una scoperta straordinaria che non deve passare impunita: gli studenti fanno sesso, bevono alcool, si drogano. La preside parla di studenti che agiscono e con metodi “mafiosi” e Rutelli ha raccontato di quella volta che dieci anni fa sua figlia si spaventò della “stanza delle canne”. È normale?
Cos’ha di particolare il Liceo Virgilio di Roma da essere considerato dalla Preside e dai giornalisti una scuola di criminali e di mafiosi? A ben guardare gli alunni del Virgilio sono più o meno come tutti gli altri studenti delle scuole superiori italiane. Eppure secondo la preside Carla Alfano la situazione è grave, al punto che la dirigente scolastica parla di «clima mafioso e intimidatorio all’interno della scuola da parte di un gruppetto di studenti. Con i genitori che li spalleggiano». Ma davvero al Virgilio, una scuola da 1.300 alunni, c’è la famigerata criminalità studentesca?
Le inutili polemiche sulle canne e l’occupazione del Virgilio
Per capire come mai la preside è arrivata a tirare in ballo addirittura un atteggiamento “mafioso” bisogna fare qualche passo indietro. Fino agli inizi di ottobre di quest’anno quando è crollata una parte del tetto del liceo, in tutto 10 metri quadrati di tegole, infissi e cemento. Nessun ferito per fortuna, ma tanta paura, e un continuo rimpallarsi di responsabilità tra MIUR e Città Metropolitana – che è responsabile dell’edilizia scolastica – che ha accusato il Governo di non aver destinato abbastanza fondi alla messa in sicurezza delle scuole romane. Subito dopo iniziarono le proteste degli studenti e dal momento che l’autunno è anche la stagione delle occupazioni e delle autogestioni, quelli del Virgilio non hanno fatto eccezione.
Ed è quello che è successo durante l’occupazione (per la Preside “una gazzarra: sesso, droga e alcol, altro che impegno politico”) ad aver fatto esplodere l’ennesima, inutile, polemica sul Virgilio. La Preside ha puntato il dito contro i ragazzi del “Collettivo” che si comporterebbero come dei piccoli boss mafiosi, definendoli “una minoranza di soggetti che comanda su una maggioranza silenziosa, fin troppo silenziosa”. Gli studenti che non sono “mafiosi” sono quindi omertosi, e al Virgilio così non si salva nessuno. La scuola viene descritta dai giornali come un liceo di “figli di papà” che fanno il bello e il cattivo tempo e credono di avere il “controllo del territorio”. Una ricostruzione che una dei docenti – Vanda Di Pastena – contesta ricordando che al Virgilio ci sono “tanti figli di badanti e di colf” e che se la maggior parte proviene dalla piccola e media borghesia questo è quello che accade anche nel resto delle scuole di Roma.
Chi sono i mafiosi di cui parla la Preside Carla Alfano?
Dall’altra parte gli studenti denunciano una ossessiva attenzione nei confronti della scuola. Che il sesso, il bere alcolici e il farsi le canne a scuola siano tutte cose vietate è cosa nota. Che succedano solo al Virgilio non è vero. Se è vero che è stato girato un video e che quel video è stato diffuso si tratta di un episodio gravissimo – condannato tra l’altro dal collettivo – ma questo non rende il Virgilio una scuola più “problematica” di altre dove accadono le stesse cose. Eppure si parla solo di quel Liceo. Di mezzo ci si mettono ovviamente anche i genitori, ma non quelli accusati dalla Alfano di spalleggiare i comportamenti “mafiosi” e violenti dei ragazzi. No, genitori come l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli che ha raccontato quello che è successo dieci anni fa alla figlia: «Mia figlia mi chiese di andare via dal Virgilio: è successo 10 anni fa, c’era un’occupazione al liceo, nei primissimi giorno di scuola, mi disse che c’era “la stanza delle canne”, mi disse ‘Non mi piace”».
Ora chiunque dotato di buon senso – e che abbia finito le superiori – sa che dieci anni sono un’eternità nella vita di una scuola. È evidente che gli studenti “colpevoli” di aver spaventato la figlia di Rutelli non frequentano più l’istituto. A meno di pensare che sia l’edificio stesso ad essere maledetto raccontare un episodio del genere non ha senso, perché in questi dieci anni la popolazione studentesca è cambiata completamente, più volte. Senza contare che la storia della “stanza delle canne” dove la gente viene costretta a drogarsi è ridicola. Anche Mario Rusconi vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp), prova a gettare acqua sul fuoco: «Che in alcune scuole superiori ci sia stata o ci possa ancora essere la diffusione delle canne è evidente. Ma è un esagerazione descrivere tutta la scuola superiore italiana come se fosse un oppificio a cielo chiuso». Se ci sono situazioni di spaccio la Preside può chiamare le Forze dell’Ordine e far effettuare i controlli del caso. Succede in tutte le scuole, che la Preside del Virgilio si sia fatta intimidire dai “mafiosi”?
Le repliche del Collettivo alle accuse della Preside
L’agenzia Dire ha contattato i membri del famigerato Collettivo per provare a fare un po’ di chiarezza: “Le accuse di queste settimane ci lasciano allibiti- spiegano- il collettivo non e’ un ente misterioso ma un organo regolarmente eletto dagli studenti, con il 96% dei voti, che prende decisioni in modo democratico durante le riunioni studentesche che hanno cadenza quindicinale”. L’anno scorso ad esempio “si era votato per non occupare e non abbiamo occupato. Quest’anno c’erano emergenze gravi, come quella dell’edilizia scolastica, e la maggioranza ha votato per l’occupazione”. Si tratta di “normalissime riunioni in cui partecipa chi vuole e dove chiunque ha voce in capitolo”.
Certamente gli studenti hanno le loro responsabilità, perché i petardi sono stati fatti esplodere per davvero e perché in effetti farsi le canne a scuola non è il modo migliore di intavolare una discussione sul futuro dell’istituto. Ma tutte queste attività “criminose” avrebbero potute essere governate dalla dirigenza prima che diventassero un problema (ammesso che lo siano al Virgilio più che altrove). Criminalizzare gli studenti invece sembra essere l’ultima risorsa di una preside che – con l’aiuto dei giornali – dipinge una realtà a tinte fosche per poter scaricare le sue responsabilità sugli studenti.