Coronavirus al Sud: il picco ad aprile?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-13

«Prevediamo un possibile picco a fine marzo o inizio aprile, dovrebbe essere una prima ondata contro la quale ci stiamo attrezzando immaginando circa 2mila contagiati, sperando che non ce ne siano poi altre», avverte Pierluigi Lopalco noto epidemiologo da poco nominato a capo della task force sul coronavirus della Puglia

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L’emergenza Coronavirus al Sud potrebbe avere il suo picco ad aprile. La grande paura per il Mezzogiorno, dopo i 41mila rientrati in questi giorni dal Nord, fa puntare gli occhi sulla curva dei contagi: spiega oggi Il Sole 24 Ore che se raddoppiano ogni 2-3 giorni sarebbe preoccupante. Perché la certezza è che se si replicassero i numeri della Lombardia gli ospedali meridionali non resisterebbero all’urto.

Coronavirus al Sud: il picco ad aprile?

Oggi la dote attuale di partenza nelle Regioni del Sud è di 1665 posti letto complessivi in terapia intensiva contro i 3628 del Centro-Nord (in Italia in tutto sono 5293, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Salute). Da qui la corsa prima al Nord e poi in tutta Italia per aumentare le disponibilità dei letti, grazie anche alle dotazioni (a partire dai preziosi ventilatori per chi è colpito da gravi polmoniti) in arrivo dalla Protezione civile che nel giro di 45 giorni dovrebbero aggiungere 5mila posti letto in tutta Italia:

Anche il Sud dove mascherine, occhiali e tute non sono ancora sufficienti per il personale medico, come ha denunciato ieri tra gli altri l’ordine dei medici di Bari, prova ad attrezzarsi. Guardando anche agli accordi con il privato. L’idea è sfruttare al massimo questa finestra di tempo prima di un possibile boom di contagi sui quali pesa l’arrivo di almeno 30mila persone in fuga nei giorni scorsi dal Nord. La Sicilia ha un piano per aggiungere 110 posti, «i primi saranno disponibili già alla fine di questa settimana», avverte l’assessore alla Salute Ruggero Razza.In Campania il governatore Vincenzo De Luca sta lavorando a un piano B per aggiungere addirittura altri 590 letti nel caso ci fosse un’esplosione del contagio. La Calabria ha un piano per 400 letti in più tra terapia intensiva e subintensiva.

coronavirus sud aprile
I numeri del Coronavirus al Sud (Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2020)

«Prevediamo un possibile picco a fine marzo o inizio aprile, dovrebbe essere una prima ondata contro la quale ci stiamo attrezzando immaginando circa 2mila contagiati, sperando che non ce ne siano poi altre», avverte Pierluigi Lopalco noto epidemiologo da poco nominato a capo della task force sul coronavirus della Puglia:

«È cruciale ora che le misure di isolamento e distanziamento sociale siano rispettate dai cittadini come non è capitato in passato, qui al Sud ho visto troppi capannelli di persone che passeggiano al sole». A ieri si contavano oltre 550 positivi al Covid-19 e 10 morti: «I contagi finora sono tutti legati in qualche modo alle persone che sono arrivate dal Nord», spiega l’epidemiologo. Che avverte: «Dobbiamo evitare che ci sia una crescita esponenziale dei casi come quella vista al Nord». Quando c’è da preoccuparsi? «Quando ogni 2,5-3 giorni si registra un raddoppio dei casi».

Intanto sono salite a oltre 33.500 in due giorni, le autosegnalazioni dei rientri in Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata iniziati con la grande fuga scattata la sera dello scorso 7 marzo quando sono cominciate a trapelare le indiscrezioni sul decreto del premier Conte sulle misure restrittive in Lombardia e in 14 province del Settentrione. Ma se si fa un passo indietro, se si torna ai primi provvedimenti –come la chiusura delle scuole nel Nord –i numeri diventano ancora più drammatici: oltre 41 mila rientri. E questa è solo la punta dell’iceberg, molti altri potrebbero aver omesso le dichiarazioni. L’esempio della Campania:

IN CAMPANIA è la stessa Regione ad ammettere che a fronte di sole 1.700 autodenunce, i rientri potrebbero essere molti di più. E parliamo di migliaia. In Calabria le autosegnalazioni ieri erano circa 4 mila, ma si stima che le persone tornate qui siano almeno il triplo: 12 mila. È anche il risultato di una politica in tre fasi delle restrizioni. Prima le scuole e le università, i luoghi di aggregazione. Poi lo stop agli spostamenti, se non per effettive necessità, nelle aree del Nord con il numero più alto di contagiati. Infine, il decreto che ha fatto di tutto il Paese una zona protetta. Quelle oltre 41 mila persone rientrate –e le migliaia che non lo hanno denunciato –ora rappresentano una pesantissima incognita per regioni che non hanno sistemi sanitari forti come quelli di Lombardia, Emilia-Romagna o Veneto.

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Coronavirus: i 41mila rientrati da Nord a Sud (Il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2020)

La Campania, che fino a ieri contava 154 casi di positività al virus, ha una soglia più alta (potrebbe reggere un massimo di tremila contagiati) ma è anche la regione maggiormente esposta alle incognite, visto che potrebbero essere migliaia le persone rientrate senza autosegnalarsi. Questo nonostante, come rileva il governatore Vincenzo DeLuca, gli abitanti stiano dando prova di “compostezza e responsabilità”. Ora ci vorranno alcuni giorni per capire se il virus è destinato a diffondersi rapidamente. “Valutiamo nelle prossime ore–dice De Luca–. Se servirà io non avrò problemi a chiedere la chiusura di tutto: resteranno aperti solo farmacie e negozi alimentari e supermercati”.

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