Economia

Chi paga il conto del salvataggio delle banche?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-11-23

Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e CariChieti: ieri il consiglio dei ministri ha approvato il decreto per salvarle. I ritardi hanno lasciato gli istituti a dissanguarsi e ora servirà più capitale. Alla fine i correntisti sono protetti in pieno, gli obbligazionisti ordinari anche. Azionisti e obbligazionisti subordinati perdono oltre 700 milioni di euro

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Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e CariChieti: ieri il consiglio dei ministri ha approvato un decreto necessario alla creazione di quattro nuove banche e di una «bad bank» per il salvataggio delle quattro banchein difficoltà. I quattro istituti saranno salvati grazie all’intervento del Fondo di risoluzione finanziato da tutte le banche italiane. L’operazione di salvataggio porterà alla nascita di quattro nuove banche, che avranno un presidente unico, Roberto Nicastro, ex direttore generale di Unicredit. Ogni banca avrà il proprio amministratore delegato. I crediti in sofferenza dei quattro istituti finiranno in un’unica bad bank.

Chi paga il conto del salvataggio delle banche?

L’operazione, conclusa in 48 ore dalla Banca d’Italia utilizzando le nuove regole europee, è stata varata ieri con un decreto del Consiglio dei ministri al quale non ha partecipato, per altri impegni, Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme istituzionali. Chiaramente la sua assenza è tattica visto il legame di parentela: il padre era consigliere di amministrazione di Banca Etruria, nel frattempo commissariata dal ministero dell’Economia. Il Consiglio dei ministri, col suo decreto, ha dato sostegno all’operazione di salvataggio disegnata dalla Banca d’Italia. In particolare, come precisa lo stesso comunicato di Palazzo Chigi, ha reso possibile la “tempestiva” costituzione delle banche ponte, ha definito i tempi per l’apporto dei contributi al Fondo da parte delle banche e ha disposto l’applicazione ai nuovi istituti la disciplina fiscale in materia di imposte differite. Il comunicato di Palazzo Chigi al termine del CDM:

“Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, ha approvato un decreto legge che contiene alcune norme procedimentali volte a agevolare la tempestiva ed efficace implementazione delle procedure di risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A, Banca delle Marche S.p.A, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A. Il provvedimento consente di dare continuità all’attività creditizia – e ai rapporti di lavoro – tutelando pienamente i correntisti”. Così una nota di Palazzo Chigi. “In particolare – spiega il comunicato – nella cornice del nuovo quadro normativo in materia di gestione delle crisi bancarie definito dai decreti legislativi n. 180 e 181 del 16 novembre 2015, la Banca d’Italia ha deliberato in data 21 novembre 2015 i provvedimenti di avvio della risoluzione, approvati dal Ministro dell’economia e delle Finanze in data odierna a seguito della positiva decisione della Commissione europea sui programmi di risoluzione previsti nei provvedimenti stessi.

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L’operazione salvabanche (Corriere della Sera, 23 novembre 2015)

Il decreto legge ha un ambito estremamente circoscritto. Esso è volto unicamente a: 1)costituire tempestivamente le nuove banche (banche-ponte) contemplate dai provvedimenti di avvio della risoluzione delle banche in questione; 2)definire un quadro normativo certo sulle modalità con cui saranno raccolti i contributi da parte del settore bancario al Fondo di risoluzione nazionale successivamente all’integrale avvio del Meccanismo di risoluzione unico; 3)definire le modalità per l’applicazione alle nuove banche della disciplina fiscale in materia di imposte differite attive già in vigore per tutti gli istituti di credito. Il decreto legge non prevede alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico alle banche in risoluzione o al Fondo nazionale di risoluzione. Inoltre, in piena conformità con quanto previsto dal d.lgs. 180/2015, i provvedimenti di avvio alla risoluzione non prevedono il ricorso al bail-in. Il decreto legge entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, prevista per domani 23 novembre 2015

Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e CariChieti

Chi paga allora il conto del salvataggio delle banche? Scrive il Corriere che secondo l’ordine di priorità stabilito dalle norme Ue, i primi chiamati a pagare sono gli azionisti e i possessori di obbligazioni subordinate, che sono gli strumenti di investimento più esposti al rischio di impresa. La parte residua delle perdite viene ripianata dal sistema bancario attraverso il Fondo di risoluzione. La soluzione tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti in forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie. E non utilizza denaro pubblico.

Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e CariChieti.

L’infografica del Sole 24 Ore sulle quattro banche da salvare (21 novembre 2015)

[pullquote align=left]Chiaramente l’assenza di Maria Elena Boschi è tattica visto il legame di parentela[/pullquote]L’operazione segue le indicazioni della direttiva Brrd, recepita con il decreto legislativo entrato in vigore lo scorso martedì, e ha bisogno dell’ok di Bruxelles. Fino a oggi le proposte presentate dall’Italia all’Europa sono state respinte, ma finalmente si è arrivati a trovare la soluzione che sarà tradotta nel decreto legge. Le risorse necessarie per salvare gli istituti di credito (che si dovrebbero avvicinare a 4 miliardi di euro) verranno in parte anticipate dal Fondo di risoluzione attraverso due linee di credito: una di lungo termine e l’altra a breve termine. Da quest’ultima dovrebbero arrivare circa 2 miliardi di euro, da erogare entro fine anno. Servono quindi risorse aggiuntive rispetto ai 500 milioni di fondi, che nel 2015 sono attesi dalle banche non Bcc. All’appello mancano 1,5 miliardi di euro, che potrebbero arrivare attraverso la richiesta di 3 annualità straordinarie, per un totale di 2 miliardi di euro. Il maggiore onere che le banche dovrebbero affrontare potrebbe essere ‘alleggerito’ con delle agevolazioni fiscali. Commenta oggi Federico Fubini sul Corriere:

Le grandi banche hanno accettato per evitare che la liquidazione di quattro istituti scaricasse potenzialmente il contagio su altri. Molti dei piccoli banchieri invece hanno preferito passare la mano, non rischiare contestazioni dei soci e abbandonare i quattro istituti al loro destino. Erano convinti che la liquidità della Bce li avrebbe tenuti al riparo dall’onda d’urto. Ciascuno ha badato al proprio particolare. Così si è arrivati a ieri.
Se il parlamento avesse fatto entrare in vigore l’attuazione delle norme europee di salvataggio a inizio anno, anziché la scorsa settimana, ci si sarebbe arrivati prima e sarebbe costato centinaia di milioni o alcuni miliardi in meno. I ritardi hanno lasciato quegli istituti a dissanguarsi e ora servirà più capitale. Alla fine i correntisti sono protetti in pieno, gli obbligazionisti ordinari anche. Azionisti e obbligazionisti subordinati, più a rischio, perdono oltre 700 milioni di euro. Presto qualcuno dirà che il governo punisce i risparmiatori, ma di fatto quelle somme non esistevano già più, erano azzerate nelle perdite delle banche. Piaccia o no, in Europa funziona così.

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