Banca Carige a rischio risoluzione

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-11-17

Salta l’aumento di capitale, il titolo viene sospeso in Borsa ma gli altri bancari soffrono. I soldi per un eventuale salvataggio ci sono. L’alternativa è la risoluzione: così a pagare saranno azionisti, obbligazionisti e correntisti che hanno conti superiori ai 100mila euro

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Banca Carige è sull’orlo del baratro. Ieri è saltato l’accordo con il consorzio di garanzia per l’aumento di capitale da 560 milioni, Malacalza Investimenti è andato allo strappo con Barclays, Deutsche Bank e Credit Suisse, il titolo è stato sospeso in via cautelativa in Borsa e sulla vicenda è intervenuto il governo, con il ministro dell’Economia in azione su Genova.

Carige e il rischio bail In

Lo psicodramma comincia ieri mattina, prima dell’apertura di Borsa con la banca che, anziché comunicare il prezzo dell’aumento, ha reso noto che “non si sono pienamente realizzate le condizioni” per formare il consorzio di garanzia, tassello indispensabile perché la ricapitalizzazione possa partire. Il titolo viene così sospeso dalle contrattazioni di Borsa, da cui sarebbe uscito polverizzato, lasciando il conto in carico alle altre banche, con il Creval, impegnato a sua volta in un difficilissimo aumento, che viene preso a sassate (-19%) e resta congelato per gran parte della seduta. Ma pagano pegno anche Mps (-4%), Bpm (-2,8%), Bper (-2,7%) e Ubi (-2,5%).

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I numeri di Carige (Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2017)

Intanto Carige ha riunito alle 9:30 un Cda straordinario “per informare Consiglieri e Sindaci della situazione e valutare i prossimi passi” mentre all’amministratore delegato Paolo Fiorentino è stato affidato il compito di verificare “l’esistenza dei presupposti per il proseguimento del piano di risanamento della Banca e per una eventuale proroga” della ricapitalizzazione, che la Bce ha imposto di chiudere entro fine anno. Ma perché le banche si sono tirate indietro? Dal fronte degli istituti si fa notare che sarebbe mancato un impegno scritto incondizionato di Malacalza Investimenti per la sottoscrizione pro quota dell’aumento. Dal canto suo la holding, primo azionista di Carige con il 17,6%, in una durissima nota ha comunicato di aver chiesto alla Bce lo scorso 26 ottobre l’autorizzazione a salire al 28% di Carige e di aver comunicato domenica scorsa a Fiorentino la disponibilità a sottoscrivere pro-quota l’aumento.

Banca Carige e l’effetto valanga

Gianluca Paolucci sulla Stampa spiega che la preoccupazione è che tutto possa costituire un effetto valanga sull’intero sistema bancario. Il ministero dell’Economia è preoccupato anche se in teoria i soldi per un salvataggio sono ancora disponibili:

Certo, ci sono oltre 9 miliardi del decreto da 20 miliardi di soldi pubblici del decreto Mps del Natale scorso, utilizzati finora per 10,624 miliardi. Sono 5,4 miliardi per Mps e 5,224 per le venete. Grazie al testo del decreto, che considera le garanzie pubbliche prestate non per il loro ammontare massimo ma per il fair value stimato, lo sbilancio di cessione degli attivi delle venete è contabilizzato solo per 424 milioni invece dei 12 miliardi di garanzie prestaste dallo Stato. Per Carige, stima un analista, una soluzione sul modello delle venete costa almeno 4,5 miliardi per lo sbilancio di cessione degli attivi alla bad bank più altri circa 3 di aiuto di Stato vero e proprio.

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Banca Carige, i soci (La Repubblica, 17 novembre 2017)

Questo però significa che per utilizzarli serve che la Banca Centrale Europea riconosca come non sistemica Carige. Che però finora ha fatto irritare spesso Francoforte, non rispettando le richieste sugli aumenti di capitale e così via. Poi ci sono i precedenti, tutt’altro che incoraggianti:

A Francoforte è ancora vivo il ricordo della spaccatura del giugno scorso, quando dopo la dichiarazione che Popolare Vicenza e Veneto Banca non erano sistemici – permettendo così l’utilizo delle regole nazionali e la messa in liquidazione invece della normativa europea sulla risoluzione – si dimise la responsabile delle banche italiane al Single resolution board, l’olandese Joanne Kellermann. Per effetto di quella deroga, sui mercati si è dibattuto a lungo sull’efficacia delle norme europee sul bail-in che ogni volta venivano derogate. Perciò questa volta, spiegano le fonti interpellate, difficilmente ci saranno altre eccezioni.

L’alternativa è la risoluzione

In 5 anni Carige ha bruciato 4 miliardi di capitalizzazione. Mercoledì, ultimo giorno di quotazione, l’istituto valeva appena 124 milioni, 14 centesimi ad azione (11 euro a inizio 2013). Dopo il siluramento e l’arresto di Berneschi, la banca ha visto avvicendarsi 3 amministratori delegati in meno di 4 anni. Senza riuscire a varare un vero piano di rilancio. L’alternativa al piano è la risoluzione, ovvero così a pagare saranno azionisti, obbligazionisti e correntisti che hanno conti superiori ai 100mila euro. Il Sole 24 Ore racconta che fonti vicine al consorzio di garanzia spiegano che non sarà data alcuna garanzia all’aumento di capitale senza il via libera formale all’adesione da parte dei grandi soci: cioè la famiglia Malacalza, Gabriele Volpi e Aldo Spinelli.

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Il titolo Carige (Corriere della Sera, 17 novembre 2017)

Motivo dei contrasti sarebbe stata proprio l’assenza di un impegno formale da parte dei tre grandi azionisti. Nelle scorse settimane tuttavia proprio Malacalza, Volpi e Spinelli avevano fatto intuire non solo di voler sottoscrivere l’aumento, ma anche di impegnarsi sull’inoptato. A maggior ragione, visto che tutto sembrava definito da settimane, desta dunque sorpresa il muro contro muro che si è venuto a creare tra Malacalza e le banche del consorzio. Un conflitto che, se anche dovesse risolversi nelle prossime ore, potrebbe avere un effetto scoraggiante sui potenziali acquirenti delle nuove azioni Carige. Che, secondo quanto deciso mercoledì sera dal cda, dovrebbero essere emesse al valore di 1 centesimo con uno sconto sul Terp tra il 26 e il 27%.

Il Consiglio di Amministrazione di Banca Carige appena concluso “ha preso atto di quanto comunicato dall’Amministratore Delegato Paolo Fiorentino in merito ai progressi nel dialogo con gli azionisti di riferimento, con gli investitori istituzionali e con le banche del consorzio di garanzia”. Si legge in una nota della banca, in cui si specifica che “al momento, gli impegni sottoscritti ricevuti dalla Banca ammontano all’11,75% del capitale sociale, oltre a quanto comunicato nel pomeriggio dalla Malacalza Investimenti S.r.l. che ha dichiarato di “confermare ancora la propria attitudine di sostegno nell’interesse della Banca del territorio e dell’azionariato tutto”. Malacalza Investimenti S.r.l. ha altresì dichiarato di “aver presentato istanza all’autorita’ di vigilanza già dal 26 ottobre 2017 per essere autorizzata a incrementare la propria partecipazione nella Banca sino alla quota pari al 28% del capitale sociale della 2 medesima”. Sono in fase di finalizzazione ulteriori impegni”. Nel corso della giornata, “il top management di Banca Carige ha continuato a lavorare, cosa che fara’ anche domani, per determinare la finalizzazione del consorzio di garanzia, condizione questa imprescindibile per la realizzazione dell’operazione”.

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