Attualità
I due milioni di dollari falsi spariti dalla caserma di Piacenza e la storia della trans che accusò i carabinieri
Alessandro D'Amato 28/07/2020
Una trans verbalizzò in questura i ricatti di uno dei militari. Ma la denuncia non si trova. Così come non si trovano due milioni di soldi falsi spariti nel 2013. E tutto fa pensare che ci sia ancora qualcosa che non è stato raccontato nella vicenda
Nelle more dell’inchiesta sui carabinieri della caserma Levante di Piacenza emergono due vicende molto curiose di cui parlano oggi il Giornale e il Fatto. La prima riguarda due milioni di dollari falsi spariti e la seconda una denuncia in questura fatta da una trans di cui non si trova stranamente più traccia.
I due milioni di dollari falsi spariti dalla caserma di Piacenza e la storia della trans che accusò i carabinieri
Racconta oggi Luca Fazzo sul Giornale che l’operazione con cui due giorni fa il Comando generale ha cacciato via d’urgenza l’intera linea gerarchica ha un precedente identico, pochi anni fa. Anche allora la Procura indagava sui carabinieri, anche allora Roma azzerò i comandi. La differenza è che allora l’inchiesta rimase segreta, nessuno ne seppe niente, i trasferimenti furono presentati come normali avvicendamenti.
Insieme ai veleni, aleggia sull’Arma piacentina un mistero. Che fine hanno fatto i due milioni di dollari falsi sequestrati nel 2013 a una banda di trafficanti italiani ed africani e spariti da un ufficio del comando provinciale? Era questo il tema della prima inchiesta, quella condotta lontano dai riflettori. Tutto comincia il 6 novembre 2013, quando i carabinieri arrestano diciannove persone per «associazione a delinquere finalizzata alla introduzione nello Stato e alla spendita di banconote falsificate».
Ci sono anche facce pulite: commercianti, ristoratori, proprietari di locali notturni, che annegavano un fiume di dollari falsi tra il contante dei loro esercizi. Dollari di ottima fattura, realizzati partendo da biglietti veri da un dollaro e ristampati come cento. A condurre l’inchiesta, il maggiore Rocco Papaleo: lo stesso ufficiale che ora è in servizio a Cremona e che all’inizio di gennaio ha dato il via all’inchiesta sulla stazione Levante, consegnando i file con i racconti scioccanti dei confidenti dell’appuntato Peppe Montella e dei suoi colleghi.
E qui, racconta ancora Fazzo, la parte più consistente della massa di soldi falsi sequestrata dal Nucleo investigativo viene portata nella caserma del Comando provinciale, in via Beverora. E a un certo punto sparisce nel nulla.
Qualcuno, dall’interno dell’Arma, fa arrivare la notizia alla Procura della Repubblica, che ovviamente deve aprire una indagine. Che però non arriva da nessuna parte. Il fascicolo viene aperto contro ignoti, e contro ignoti viene archiviato. L’Arma però non può restare ferma, e reagisce come reagirà sei anni dopo: azzera la catena di comando, il rimedio consueto e inevitabile quando ci si rende conto che qualcosa si è rotto nei meccanismi di controllo. La vicenda viene inghiottita dal silenzio. Dei due milioni di dollari falsi non si è più saputo nulla.
“Denunciai già un anno fa i carabinieri ora arrestati”
Valeria Pacelli invece racconta una storia che riguarda direttamente i carabinieri ora arrestati. Una trans che nell’articolo viene chiamata Francesca che inizia a fare da informatrice, ruolo che in passato svolgeva per la Polizia.
“Prima ho iniziato con i poliziotti – spiega Francesca – e ho rischiato tante volte la vita, come ho fatto anche con i carabinieri. C’era un maresciallo che mi diceva: ‘Tu hai dato tanto lavoro alla questura, adesso dallo anche a noi’ ”. Tutto sembra rientrare in quella logica degli arresti per fare carriera. Un meccanismo che, scrive il gip Luca Milani, nella caserma di Piacenza Levante era reso possibile “dalla complicità di altri militari dell’Arma”, per poi non essere ostacolato dai superiori, “interessati esclusivamente al numero di arresti per potervi costruire prospettive di carriera, senza preoccuparsi delle modalità con le quali gli stessi venissero effettuati”. Francesca racconta anche di aver partecipato a presunti festini organizzati in caserma, senza rivelare chi fosse presente.
Un anno e mezzo fa la trans si presenta in questura e racconta delle visite a casa propria di un carabiniere:
“Sono andata in questura – dice la donna –per avvertire che c’era un carabiniere che si approfittava della mia situazione di inferiorità e mi chiedeva prestazioni sessuali”. Sono circostanze che la trans dice di aver ripetuto più volte in caserma, finché un giorno il suo racconto è stato verbalizzato da una poliziotta. “Ma non ne conosco l’esito”, aggiunge. Che fine ha fatto quindi questa segnalazione? Gli investigatori della Procura di Piacenza non ne sanno nulla. Non ve ne è traccia infatti nel fascicolo che qualche giorno fa ha portato all ’arresto di sei carabinieri (tutti in carcere tranne uno ai domiciliari), accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, lesioni, spaccio di droga e tortura.
Insomma, è tutto sparito. Così come sono spariti i due milioni di dollari falsi in alta epoca (la vicenda non c’entra con gli arresti della settimana scorsa). Tutto fa pensare però che ci sia ancora qualcosa che non è stato raccontato nella vicenda dei carabinieri della caserma Levante di Piacenza.