Economia
Call center, italiani per legge
neXtQuotidiano 10/12/2016
Da aprile si potrà decidere se parlare con operatori connazionali o della UE. Multe a chi non si adegua
La legge di Bilancio ha introdotto novità sui call center dislocati fuori della Ue. Si rafforzano le norme che governano il fenomeno delle delocalizzazioni e si cerca di impedire l’utilizzo del criterio del massimo ribasso nelle gare per l’affidamento dei servizi. Chi effettua una chiamata a un call center deve essere informato sul Paese in cui si trova l’operatore e se risponde da un territorio fuori dall’Unione europea gli va garantita la possibilità, nella stessa chiamata, di passare a un operatore collocato nel suo Paese.
Spiega oggi il Corriere della Sera:
Dunque, per avere risposte, risolvere problemi e fare reclami potremo parlare con un lavoratore italiano. Dal punto di vista del servizio ottenuto probabilmente non cambierà nulla, visto che gli albanesi parlano un italiano impeccabile. I vantaggi dovrebbero averli gli addetti ai call center che lavorano in Italia e che, a causa della delocalizzazione, hanno perso o stanno rischiando il posto di lavoro. Soltanto per fare un esempio attuale, la società Almaviva Contact ha in programma di chiudere le sedi di Roma e Napoli, con la conseguente perdita del posto per oltre 2.500 dipendenti entro la fine dell’anno a causa — motiva la società — della concorrenza sotto-costo di chi lavora dai Paesi extraeuropei. Il diritto a parlare con un operatore dall’Italia vale sia per il cosiddetto «inbound» (cioè quando a chiamare siamo noi) sia per l’«outbound», cioè quando siamo contattati per esempio per le offerte commerciali.
E anche su questo fronte, a breve, sono attese novità. Se la normativa attuale cambierà — e c’è già un disegno di legge — potremo evitare le telefonate moleste e sfuggire al «telemarketing selvaggio». Esiste già un Registro delle opposizioni, in cui si può inserire un numero fisso dove non si vogliono ricevere chiamate promozionali. A oggi sono presenti oltre 1.515.000 numeri, che rappresentano circa un decimo rispetto ai 13 milioni di utenti del fisso. Ma — come ha spiegato il Garante della Privacy in un’audizione al Senato a metà novembre — il registro non funziona bene. Il primo motivo è che si possono iscrivere soltanto numeri fissi e non quelli dei cellulari. E in più i call center devono pagare per consultare il registro e sapere chi non devono chiamare.