La storia dei depositi ritirati dal Monte dei Paschi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-01-21

Il Fatto parla di un miliardo di depositi ritirato dal Monte dei Paschi di Siena. La banca non commenta. Intanto si racconta di clienti in uscita e di aziende che chiedono cosa succederebbe in caso di bail in, mentre la liquidità di Rocca Salimbeni è in discesa da settembre

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La formula non la usa nessuno. Ma quello che raccontano i giornali oggi riguardo il Monte dei Paschi di Siena ha un nome preciso: bank run o corsa agli sportelli. Nell’ennesima giornata nera dei mercati finanziari, Mps è stata ancora una volta la protagonista in negativo di Piazza Affari con un tonfo del 22% a 0,64 euro. E così, dopo una raffica di sospensioni al ribasso e scambi comunque sostenuti (pari al 2,6% del capitale), il titolo ha ridotto ulteriormente la propria capitalizzazione a 1,87 miliardi di euro, ovvero a meno di un quinto del patrimonio netto (a fine settembre 10 miliardi). A nulla son servite, quindi, le rassicurazioni arrivate in mattinata dal Ceo, Fabrizio Viola, che ha ribadito l’obiettivo di ridurre le sofferenze. “Le prime evidenze sul 2015 – ha detto – confermano che l’attuale andamento del tutto anomalo del titolo Mps non ha alcun riscontro nei fondamentali della banca”. Inoltre, i conti sono in miglioramento, da mesi è stato “messo a terra uno sforzo straordinario per conseguire l’obiettivo di ridurre il portafoglio crediti anomali” (24,4 miliardi) e “sono fiducioso” che questo obiettivo venga raggiunto. Dal punto di vista borsistico, infine, “l’azionariato è particolarmente frazionato e ciò porta ad immaginare che le vendite non siano frutto della cessione di grandi partecipazioni” ma che “vi sia carenza di compratori piuttosto che presenza di grandi venditori”.

I depositi ritirati dal Monte dei Paschi di Siena

Il Bank Run avviene quando un elevato numero di clienti di una banca prelevano contemporaneamente tutti i loro depositi per paura che la banca diventi insolvente. Tale avvenimento destabilizza la banca stessa, che spesso fallisce. Il fallimento dipende dal fatto che la banca detiene solo una parte dei depositi (vedi riserva frazionaria), mentre la maggior parte viene investita, o meglio, utilizzata per espletare la sua funzione creditizia. Il Fatto Quotidinao, in un articolo a firma di Davide Vecchi e Giorgio Meletti, racconta:

I clienti della banca senese, soprattutto quelli più grossi, con giacenze di conto corrente superiori ai 100 mila euro, fanno fagotto. Il dato che il Fatto Quotidiano ha potuto accertare è impressionante. In pochi giorni la sola area nord-ovest (gli sportelli Mps in Lombardia, Piemonte e Liguria) ha perso 128 milioni di depositi. Se si considera che – stando al bilancio Mps – l’area nord-ovest rappresenta circa il 13 per cento della raccolta complessiva della banca, estendendoil datoa tutta la rete nazionale degli sportelli si potrebbe calcolare una perdita di depositi, dall’inizio dell’anno, vicina al miliardo. Le fonti ufficiali di Mps non hanno voluto commentare questi dati.

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I depositi ritirati dal Monte dei Paschi di Siena (Il Fatto, 21 gennaio 2016)

La velocità di perdita di depositi – sulla quale Mps non dà cifre – si può stimare in questo momento in 1-2 miliardi al mese. Il fenomeno in sé non sarebbe tragico, se confrontato con una massa di denaro depositato che a fine settembre, ultimo dato disponibile era vicino ai 123 miliardi. È vero però che ogni volta che un correntista porta via mille euro dal proprio conto corrente siriduce di mille euro la liquidità della banca, polmone non infinito – il grosso dei soldi sono ovviamente prestati alla clientela –che garantisce la quotidiana operatività della banca. La liquidità del Monte dei Paschièattornoai 7 miliardi,unlivello in sé rassicurante ma solo a condizione che si interrompa l’emorragia.

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Un anno in Borsa di Mps (Il Messaggero, 21 gennaio 2016)

Il panic selling in Borsa

Il campanello d’allarme, racconta Radiocor, è suonato secondo gli addetti ai lavori a fine novembre quando tra le modalità della Risoluzione per le quattro banche del centro Italia, è emersa la percentuale di svalutazione delle sofferenze dei quattro istituti coinvolti. La drastica svalutazione al 17,5% del loro originario valore è diventata una sorta di benchmark per il mercato, un indicatore segnaletico che gli analisti hanno iniziato ad applicare ad altre banche, come il Monte dei Paschi di Siena, con pesanti fardelli di sofferenze sulle spalle. La banca di Rocca Salimbeni ne ha per 9,4 miliardi (a fine settembre) con un tasso di copertura del 64 per cento. Sulle spalle, pero’, ci sono altri 12 miliardi di inadempienze probabili, nuova definizione degli incagli, e 2,77 miliardi di esposizioni scadute. Uno stock da 24,3 miliardi di crediti anomali che ha alimentato le speculazioni su nuove potenziali perdite da registrare a fronte di vendite, ancorché improbabili, di questi crediti agli operatori specializzati a prezzi di saldo. E Repubblica parla di clienti in uscita da Siena: negli ultimi giorni diverse aziende hanno chiesto agli studi legali quale sarebbe stato il destino dei loro conti in caso di Bail In e di una liquidità che è scesa dai venti miliardi dello scorso settembre:

A Siena, dopo quasi una settimana di botte dai mercati, risulta che la liquidità sia scesa dagli oltre 20 miliardi dichiarati lo scorso settembre – e tranquillamente difesi fino a metà gennaio – a un livello che i banchieri chiamano “target”. Una prassi di vigilanza impone a ogni istituto di tenere cassa per almeno un decimo del suo attivo totale. Quello di Mps al 30 settembre era di 170,2 miliardi. Significa che servono 17 miliardi (il target) liquidi per operare normalmente. Quei soldi, a Rocca Salimbeni, ci sono. Tuttavia, si apprende che studi legali importanti hanno ricevuto chiamate da imprese clienti che chiedevano informazioni sulla possibilità che i loro conti correnti Mps fossero coinvolti in un’eventuale (e non prevista, stando ai dati su patrimonio e gestione dell’istituto) crisi della banca.
Si tratta di imprese medie e grandi, anche quotate, che non vogliono vedersi congelare o prosciugare la cassa in caso di guai. Anche alcune tesorerie bancarie, da Londra, avrebbero “avvisato” i colleghi senesi che non erano disposte a fornire altri fondi, né ad arrivare a fine corsa per quelli in essere. Tra i corridoi della City si mormorano i nomi di primari istituti britannici e canadesi. Ma anche questo non sembra essere il reale problema: la liquidità sul mercato ancora abbonda, anche a Siena; e grandi banche italiane come Intesa Sanpaolo e Unicredit starebbero aumentando i loro prestiti.

In tutto ciò, e mentre il governo ragiona sulla Bad Bank, il flusso di denari in uscita rischia di autoalimentarsi proprio con le notizie negative sui giornali, generando una situazione che potrebbe farsi molto più grave dei conti reali della banca.

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