Economia

Banche venete, Intesa offre un euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-06-22

L’offerta di Messina: lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi della ‘risoluzione’ soft, ricapitalizzando le good bank, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali.

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Alla fine è Banca Intesa a farsi avanti per le banche venete. E a offrire un salvataggio con acquisto simbolico a un euro per la parte sana di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca alla scadenza per la presentazione delle offerte all’advisor del Tesoro, Rothschild. Ma con alcuni patti ben precisi: oggetto dell’interesse è un “perimetro segregato” delle due banche che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (oltre ai NPL, le inadempienze probabili e le esposizioni scadute) ma anche i crediti in bonis “ad alto rischio”, i bond subordinati nonché “i rapporti giuridici considerati non funzionali” all’acquisizione. Altra condizione è la “totale neutralità” dell’operazione sul patrimonio (Cet1) e sulla politica dei dividendi (per quest’anno sono previsti 3,4 miliardi di cedole). La banca “esclude pertanto aumenti di capitale”, differenziandosi, ad esempio da quanto fatto da Ubi Banca in occasione dell’acquisizione delle good bank Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. Ancora, Intesa considera “necessaria” una “cornice legislativa, approvata e definitiva”, cioè una legge dello Stato, che garantisca la “neutralità” su patrimonio e dividendi ma anche “la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione” (ci sarebbero 4 mila esuberi da gestire attraverso un rifinanziamento del fondo di settore) nonché la “sterilizzazione” dei rischi (alcune decine di migliaia di soci azzerati non hanno aderito alla transazione delle due banche) e degli impegni legati a fatti antecedenti all’acquisizione.

banche venete intesa

Banche venete: BPVI e Veneto Banca a confronto (La Repubblica, 22 giugno 2017)


Insomma, Banca Intesa acquista, ed è l’unico acquirente, a patto che i costi li paghino gli altri. Lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi della ‘risoluzione’ soft, ricapitalizzando le good bank, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali. La palla ora passa al governo e all’Europa: l’operazione è infatti “subordinata all’incondizionato placet di ogni autorita’ competente anche con riferimento alla relativa cornice legislativa e regolamentare”. A sottolineare questo punto anche i primi commenti degli analisti. Per quelli di Mediobanca “la situazione resta ancora poco chiara e sara’ probabilmente chiarita nei prossimi giorni, con la principale ambiguità che riguarda chi si farà carico del conto della bad bank”, ovvero se a pagare sara’ lo Stato o il sistema bancario. “Sembra un’operazione troppo buona per essere vera in primo luogo per Intesa Sanpaolo ma anche anche per il sistema bancario italiano che si sarebbe dovuto far carico delle perdite”, commentano ancora gli analisti di Mediobanca.

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