Almaviva e la vera storia dei «licenziati dalla CGIL»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-12-30

Molte fonti danno la colpa al sindacato “rosso” per i 1666 licenziamenti di Almaviva Contact. Vediamo invece com’è andata davvero la vicenda

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L’onorevole Luigi Di Maio ha pubblicato sulla sua pagina Facebook il video di un servizio di ÈLiveRomaTv in cui si parla dei 1666 licenziamenti di Almaviva in cui alcuni lavoratori dicono a più riprese di essere stati «licenziati dalla CGIL». Di Maio ne approfitta per una tirata contro il sindacato: «I partiti e i sindacati ormai condividono tutti lo stesso destino. L’epoca della rappresentanza è finita. Ognuno si metta l’elmetto e inizi a rappresentare se stesso. Vicino ai lavoratori di Almaviva». È però interessante notare quale sia stata la reazione di molti altri lavoratori di Almaviva alla pubblicazione del video sulla pagina Facebook della fonte originale. Dove questa ricostruzione è contestata punto per punto.

Almaviva e la storia dei «licenziati dalla CGIL»

La stragrande maggioranza dei commentatori contesta lo slogan «Almaviva? Licenziati dalla CGIL» e spiega come sono andate le cose. Come abbiamo raccontato, sono state le RSU di Roma a decidere (a maggioranza) di non firmare l’accordo perché andava oltre il mandato che i lavoratori avevano dato. Le RSU sono “un organismo sindacale che esiste in ogni luogo di lavoro pubblico e privato ed è costituito da non meno di tre persone elette da tutti i lavoratori iscritti e non iscritti al sindacato”. Successivamente è stato indetto un referendum che si è svolto il 27 dicembre con 1065 votanti: i voti favorevoli ad estendere l’accordo trovato per i lavoratori di Napoli a quelli della Capitale sono stati 590 (473 ‘No’ e 2 schede nulle). Il giorno dopo Almaviva Contact si è però rifiutata di riprendere in mano l’accordo: «Oggi, solo chi non conoscesse la normativa o pensasse di ignorarla potrebbe ritenere di riaprire un procedimento formalmente concluso e sottoscritto dalle parti congiuntamente ai competenti rappresentanti dei Ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro. La norma, infatti, passati i 75 giorni di procedura volta a ricercare ogni strada possibile per arrivare ad un’intesa, non dà spazio a possibilità di ripensamenti successivi, né consente eventuali integrazioni o modifiche al testo d’accordo». Così è andata.
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«Veramente l’accordo non è stato firmato dalla totalità delle rsu di Roma…», spiegano infatti nei commenti, «E in assemblea il mandato dei lavoratori era no riduzione del salario», ricordano, visto che l’impianto del governo prevedeva cassa integrazione di 3 mesi (gennaio a zero ore, febbraio al 70%, marzo al 50%) e la garanzia, entro il 31/3, di addivenire ad un accordo impattante solo su Roma e Napoli su deroga dell’articolo 4 e abbassamento del costo del lavoro pena i licenziamenti collettivi. Continua qualcun altro nei commenti: «Le rsu hanno ONORATO il mandato delle assemblee e di un referendum precedente su un accordo addirittura migliore di quello propinato adesso!!! E’ da criminali pubblicare interviste random di gente delirante che non è in grado neanche di verbalizzare la sigla “rsu”! L’accordo proposto parlava di ULTERIORE RIDUZIONE DEL SALARIO ( che nel caso dei contact era già stato ridotto perfino rispetto ai minimi del CCNL) e di una proroga di 3 MESI (!!!!!) dopo anni di rinunce!!!! Nessun intervento del governo per evitare la delocalizzazione nonostante siano passati 3 anni dal primo incontro al MISE!!! Di che si parla? Si parla di LAVORARE GRATIS!!!Di eliminare i diritti ( si voleva infatti inserire anche il controllo individuale ) e, CIONONOSTANTE, NON AVERE ALCUNA CERTEZZA SUL LAVORO! Perchè avrebbero dovuto firmare? Per assicurarsi 3 mesi di stipendio in più?? IL problema è noto da tempo e senza un intervento del governo qualunque sacrificio dei lavoratori è un’inutile folia ed una brutta ipoteca per i nostri figli!! Il lavoro è un diritto ma il salario anche!!!!».

Si dissocia anche l’USB

E ancora: «L’accordo proposto parlava di ULTERIORE RIDUZIONE DEL SALARIO ( che nel caso dei contact era già stato ridotto perfino rispetto ai minimi del CCNL) e di una proroga di 3 MESI (!!!!!) dopo anni di rinunce!!!! Nessun intervento del governo per evitare la delocalizzazione nonostante siano passati 3 anni dal primo incontro al MISE!!! Di che si parla? Si parla di LAVORARE GRATIS!!!Di eliminare i diritti ( si voleva infatti inserire anche il controllo individuale ) e, CIONONOSTANTE, NON AVERE ALCUNA CERTEZZA SUL LAVORO! Perchè avrebbero dovuto firmare? Per assicurarsi 3 mesi di stipendio in più???». D’altro canto ieri la stessa Teresa Bellanova, che ha partecipato alla trattativa, ieri è tornata a dare la responsabilità del licenziamento alle RSU e non alla CGIL, segnalando che i segretari generali dei sindacati erano d’accordo con la proposta: «Le Rsu hanno ritenuto quell’accordo inaccettabile e quindi hanno determinato la perdita di lavoro di oltre 1.600 persone», ha detto la Bellanova ai microfoni di RaiNews24,  “perché il 22 dicembre” quando si è raggiunta un’intesa transitoria per evitare i licenziamenti “non si è voluto prendere tempo, nonostante i segretari generali dei sindacati avessero giudicato la nostra proposta positiva”. Per questo l’incontro convocato ieri in extremis al ministero dello Sviluppo economico non ha prodotto i risultati sperati. Troppo tardi, ormai, per far rientrare anche questi lavoratori nell’accordo raggiunto il 22 dicembre scorso al Mise e firmato allora solo dai delegati aziendali della sede di Napoli. Se ieri l’azienda avesse detto sì, anche i lavoratori romani avrebbero potuto ottenere ancora tre mesi (coperti dalla cassa integrazione) per riuscire ad arrivare a un ulteriore accordo che sarebbe poi passato necessariamente per un taglio del costo del lavoro. L’azienda ha invece ribadito l’impossibilità di spostarsi e tornare indietro rispetto alla decisione assunta dalle parti la settimana scorsa sempre al ministero dello Sviluppo economico. La procedura di mobilità è infatti ormai terminata, le 1.666 lettere di licenziamento sono già state spedite e una forzatura avrebbe potuto dar vita a un complesso contenzioso a carico della stessa Almaviva, hanno argomentato i rappresentanti dell’azienda.

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Almaviva Contact RSU Roma: la trattativa della notte del 22 dicembre

Intanto si dissocia anche l’USB: “Alcuni Tg e organi di stampa questa mattina attribuiscono alla nostra organizzazione la responsabilità del mancato accordo nella vertenza Almaviva che apre la strada a 1.660 licenziamenti nel sito di Roma. Usb invece non e’ mai entrata nella trattativa. La responsabilità della gestione della vertenza e’ tutta di Cgil, Cisl e Uil e del Mise che, come ormai accade in ogni importante vertenza, neanche prova a mettere sotto pressione le aziende affinche’ ritirino i licenziamenti. Usb, come sempre in ogni vertenza, avrebbe gestito ben diversamente questo drammatico confronto senza alcun cedimento e senza introdurre alcuna pratica di contrapposizione tra lavoratori. Mentre il Governo decide un importante stanziamento per salvare le Banche, lo stesso governo, assieme ai sindacati complici, non vuole entrare seriamente in campo per imporre soluzioni occupazionali per i lavoratori. A questo governo e a questi sindacati vanno quindi attribuite le responsabilità della drammatica conclusione di questa vertenza”, scrive in una nota il sindacato.

Leggi sull’argomento: Atesia-Almaviva: storia di un’azienda che ha sempre sfruttato il precariato

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