Alessandra D’Amore: l’azione disciplinare contro la PM del caso Vannini

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-14

La villa di Ciontoli non fu mai posta sotto sequestro. Non venne neanche adoperato il luminol dai carabinieri di Civitavecchia e Ladispoli, strumento utile per evidenziare la presenza o meno di tracce ematiche sulla scena del crimine

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Il ministro Alfonso Bonafede promuove una azione disciplinare contro la Pm del caso Vannini. La giudice Alessandra D’Amore, pubblica accusa nella indagine sulla morte di Marco Vannini, avrebbe utilizzato una “negligenza inescusabile” nelle indagini compiute nei confronti della famiglia Ciontoli, che dovrà subire un nuovo processo dopo l’annullamento della sentenza d’appello che condannava Mario Ciontoli per omicidio colposo. Spiega oggi il Messaggero:

Bonafede già lo scorso maggio spedì gli ispettori ministeriali presso la procura civitavecchiese. Qualche mese prima invece contestò platealmente il presidente della Corte d’assise d’appello, Andrea Calabria. Alla lettura della sentenza, il 29 gennaio 2019, Marina Conte, madre della vittima, protestò per la pena ridotta all’ex 007 e come risposta il giudice le intimò di smettere onde evitare di «farsi una passeggiata a Perugia» ed essere denunciata di conseguenza per oltraggio alla Corte.

Bonafede definì «inaccettabili» le parole del togato, dichiarando anche di aver attivato i suoi uffici per «tutte le verifiche e gli accertamenti del caso». Le varie tappe di un giallo che ha sconvolto l’Italia sono costantemente monitorate dal ministro del Movimento Cinquestelle, fino ad arrivare alla presa di posizione di poche ore fa. Alfonso Bonafede in pratica valuterebbe superficiali le indagini sulla morte di Marco Vannini tanto da aver arrecato «un ingiusto danno ai genitori del ragazzo». In questi anni si è sempre discusso ad esempio sul fatto che la villa di Ciontoli non fu mai posta sotto sequestro. Non venne neanche adoperato il luminol dai carabinieri di Civitavecchia e Ladispoli, strumento utile per evidenziare la presenza o meno di tracce ematiche sulla scena del crimine, in questo caso il bagno.

Come ribadito più volte da Luciano Garofano, ex generale dei Ris e consulente tecnico della famiglia Vannini, non gli fu concesso di entrare nella villetta di via Alcide De Gasperi per effettuare dei rilievi. Inoltre i carabinieri non sentirono nemmeno tutti i vicini di casa Ciontoli.

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Ilpm sotto i riflettori del ministro avrebbe già chiesto di essere ascoltato da chi di competenza, e l’incontro potrebbe avvenire in questi giorni. Gli ermellini di fatto lo scorso 7 febbraio hanno comunque dato ragione all’impianto accusatorio formulato da Alessandra D’Amore. Sostituto procuratore che una volta terminate le indagini a marzo del 2016, chiese ed ottenne dal gup di Civitavecchia Massimo Marasca, il rinvio a giudizio per omicidio volontario con dolo eventuale nei confronti dell’intera famiglia Ciontoli: Antonio, la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico. Per la D’Amore anche Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli e presente anche lei in quella casa la sera della tragedia, avrebbe meritato un processo per omissione di soccorso.

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