Ugo Russo: perché il carabiniere ora è indagato per omicidio volontario

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-03

La procura di Napoli cambia il capo d’imputazione per la morte di Ugo Russo e parla di atto dovuto. Le discrepanze nei racconti del complice e del carabiniere. Il movente: i soldi per andare in discoteca

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Ieri la procura di Napoli ha cambiato il capo d’imputazione nei confronti di A., il carabiniere fuori servizio che ha ucciso il 15enne Ugo Russo tra sabato e domenica in via Generale Orsini a Napoli durante un tentativo di rapina. Il reato da eccesso colposo in legittima difesa è passato a omicidio volontario.

Ugo Russo: perché il carabiniere è indagato per omicidio volontario

«Per ora è un atto dovuto» precisa il procuratore Giovanni Melillo. Ma potrebbe subentrare successivamente l’eccesso della legittima difesa quando saranno pronti i risultati dell’autopsia, che dovrà chiarire l’esatta dinamica degli spari e confermare o smentire una delle due versioni che finora sono in ballo. Ovvero quella del 23enne dell’Arma che era in compagnia della sua fidanzata e che ha detto di aver sparato dopo aver sentito la pistola (finta) di Ugo Russo scarrellare: la pistola, racconta oggi La Stampa, era in realtà una replica in metallo della Beretta, in grado quindi di scarrellare, tanto che secondo la sua versione quando il militare ha sentito il rumore del colpo in canna ha temuto per la sua vita e quella della sua fidanzata e ha reagito sparando.

Il complice di Ugo, arrestato per rapina su ordine della Procura dei minori di Napoli, e difeso dall’avvocato Mario Bruno, sostiene che il carabiniere non si è presentato come tale. «Era seduto in macchina e ha fatto finta di togliersi il Rolex che Ugo gli voleva prendere e invece ha tirato fuori la pistola e ha sparato. Ugo ha avuto come un rimbalzo, poi si è girato verso di me e quello gli ha sparato un’altra volta. Poi ha sparato pure verso di me ma io sono scappato con il motorino».

ugo russo profilo facebook

Questo diciassettenne racconta la verità? Il carabiniere sostiene di no: «Il rapinatore a cui ho sparato solo per difendere me e la mia fidanzata si era affacciato dal finestrino. Mentre il complice era rimasto sullo scooter distante, come ha fatto dunque a sentirmi così lontano?».

Il Fatto Quotidiano spiega che il cambio d’imputazione è un atto dovuto e atteso – il militare è stato interrogato domenica e pur non formalmente iscritto è stato sentito in presenza dell’avvocato – che consentirà al carabiniere di nominare, se lo riterrà, consulenti di fiducia per gli atti irripetibili che i pm disporranno. Per accertare il numero dei colpi sparati (tre o quattro), quelli andati a segno (sarebbero due), i fori di entrata e uscita dei proiettili, le loro traiettorie, la dinamica. E nell’articolo di Vincenzo Iurillo emergono altri due elementi importanti:

L’amica del militare, sentita anche lei dal pm, era già scesa dall’auto prima che iniziasse la manovra di parcheggio e quindi non ha potuto vedere da vicino come e in che modo il ragazzino si è avvicinato al finestrino del guidatore. Nel giubbotto di Russo i medici del pronto soccorso del Vecchio Pellegrini, dove il ragazzo è spirato poco dopo il ricovero, hanno ritrovato un altro Rolex e una catenina d’oro. Forse il bottino di un’altra rapina. Lo scooter dei due minorenni circolava con una targa clonata. Sembra il modus operandi di rapinatori seriali che adottano le cautele criminali tipiche di chi vuole sottrarsi alle identificazioni delle telecamere. Se la rapina fosse andata a buon fine,quelle disseminate su via Orsini avrebbero fotografato una targa inutile a risalire agli autori.

Ugo Russo e la rapina per andare in discoteca

Il complice, di cui sono state rese note le iniziali del nome F. D. C., ha detto che il movente delle rapine erano i soldi per la discoteca: «Quella notte avevamo bisogno di soldi per andare a ballare,volevamo andare in discoteca, ci serviva denaro. Abbiamo notato una macchina bella, l’abbiamo seguita, poi il mio complice è sceso dallo scooter che guidavo e si è avvicinato al militare…». Spiegano oggi Il Messaggero e il Mattino:

Difeso dal penalista Mario Bruno, il minore ha ammesso l’accusa di tentata rapina in concorso con il 15enne ammazzato. Ha negato di aver fatto altri colpi, prima di adocchiare il carabiniere. Ed è questo un altro punto controverso dell’indagine, anche alla luce di quanto spuntato dalla tasca dei pantaloni del ragazzino. Stando a quanto emerso, Ugo Russo aveva un Rolex e una collanina d’oro all’interno della tasca, un bottino di un’altra rapina (o di una ricettazione) su cui sono in corso le indagini.

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Ma cosa ha spinto gli inquirenti a fermare il 17enne? C’è il rischio di inquinamento probatorio, ma anche il pericolo di fuga, alla luce della condotta dell’indagato la mattina dopo la morte del socio. Si sarebbe allontanato dalla nonna, dopo un primo interrogatorio-confessione reso ai carabinieri. E per una buona parte di domenica mattina, almeno fino alle 13, il 17enne è stato protetto dal comportamento elusivo dei parenti. Hanno cercato di proteggerlo, di tenerlo al riparo da nuove indagini, dopo aver fornito una primissima confessione in merito alla rapina in cui era rimasto vittima l’amico.

Oggi l’interrogatorio di convalida dinanzi al gip, che prenderà le mosse dalla sua presentazione: «Sono iscritto a scuola, ma non frequento. Passo tutto il mio tempo in strada, tra i Quartieri e il Pallonetto, abbiamo fatto una rapina, perché ci servivano i soldi per andare a ballare».

Leggi anche: Ugo Russo: i punti oscuri della storia del 15enne ucciso da un carabiniere a Napoli

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